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Bourges – Hôtel Lallemant, Caissons – Serie IX

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Ritorniamo ad esaminare  i Caissons dell’Hôtel Lallemant:

Questo terzetto, il penultimo, ci offre tre rappresentazioni tipiche d’Alchimia.

Cassone 23 – Il Livre Ouvert.

Fulcanelli accenna solo descrittivamente a questo Caisson:

Nous remarquons aussi le livre ouvert dévoré par le feu; …”.

[Le Mystère des Cathédrales – 1926, p. 134]

A proposito del libro – come indicato anche dall’amico ‘ijnuhbes’ – Fulcanelli scriverà in seguito:

Nous avons eu, à maintes fois déjà, l’occasion d’expliquer le sens du livre ouvert, caractérisé par la solution radicale du corps métallique, lequel, ayant abandonné ses impuretés et cédé son soufre, est alors dit ouvert. Mais ici une remarque s’impose. Sous le nom de liber et sous l’image du livre, adoptés pour qualifier la matière détentrice du dissolvant, les sages ont entendu désigner le livre fermé, symbole général de tous les corps bruts, minéraux ou métaux, tels que la nature nous les fournit ou que l’industrie humaine les livre au commerce. Ainsi, les minerais extraits du gîte, les métaux sortis de la fonte, sont exprimés hermétiquement par un livre fermé ou scellé. De même, ces corps, soumis au travail alchimique, modifiés par application de procédés occultes, se traduisent en iconographie à l’aide du livre ouvert. Il est donc nécessaire, dans la pratique, d’extraire le mercure du livre fermé qu’est notre primitif sujet, afin de l’obtenir vivant et ouvert, si nous voulons qu’il puisse à son tour ouvrir le métal et rendre vif le soufre inerte qu’il renferme. L’ouverture du premier livre prépare celle du second. Car il y a, cachés sous le même emblème, deux livres fermés (le sujet brut et le métal) et deux livres ouverts (le mercure et le soufre), bien que ces livres hiéroglyphiques n’en fassent réellement qu’un seul, puisque le métal provient de la matière initiale et que le soufre prend son origine du mercure.”.

[Les Demeures Philosophales – 1939, p. 304]

Ed ecco la mia personale traduzione:

“Abbiamo avuto, già più volte, l’occasione di spiegare il senso del libro aperto, caratterizzato per mezzo della soluzione radicale del corpo metallico, il quale, avendo abbandonato le proprie impurità e ceduto il suo zolfo, vien allora detto aperto. Ma qui si impone una precisazione. Sotto il nome di liber e sotto l’immagine del libro, adottati per qualificare la materia detentrice del dissolvente, i saggi hanno inteso designare il libro chiuso, simbolo generale di tutti i corpi grezzi, minerali o metalli, così come ce li fornisce la natura o come l’industria umana li consegna al commercio. Così, i minerali grezzi estratti dal giacimento, i metalli ottenuti dalla fusione, sono espressi ermeticamente per mezzo di un libro chiuso o sigillato. Allo stesso modo, questi corpi, sottoposti alla lavorazione alchemica, modificati per mezzo dell’applicazione dei processi celati, si traducono nell’iconografia grazie all’aiuto del libro aperto. È dunque necessario, nella pratica, estrarre il mercurio dal libro chiuso che è il nostro soggetto primitivo, al fine di ottenerlo vivente ed aperto, se vogliamo che possa a sua volta aprire il metallo e rendere vivo lo zolfo inerte che racchiude. L’apertura del primo libro prepara quello del secondo. Perché ci sono, nascosti sotto il medesimo emblema, due libri chiusi (il soggetto grezzo ed il metallo) e due libri aperti (il mercurio e lo zolfo), benché questi libri geroglifici non ne facciano realmente che uno solo, dato che il metallo proviene dalla materia iniziale e che lo zolfo trae la sua origine dal mercurio.”.

Il brano qui proposto proviene da uno dei Capitoli che amo di più, e che sono tra i più indicativi per la pratica Filosofale prima, e di Laboratorio poi: Les Gardes du Corps de François II, nella sezione dedicata allo studio della statua della Justice.

Lo studioso/studente potrà riflettere al meglio sulle chiare e preziose indicazioni di Fulcanelli, avvertendo che – more solito – le sue parole vanno ben comprese: per quanto veritiere e concise, Fulcanelli non scrive mai in modo banale.

Ma, tanto per sottolineare la ‘facienda’ – vale a dire ‘il da farsi’ – dei ‘processi celati’ cui accenna Fulcanelli, ecco un altro passo (ma ve ne sono ovviamente altri) che pare riferirsi sempre al doppio libro (che sono in realtà quattro ‘cose’; sebbene una certa cautela sia d’uopo quando si volesse tentare l’esatta comprensione di ciò che ha voluto comunicare), che riporto tal quale, la cui traduzione è molto semplice:

Ce livre fermé, symbole parlant du sujet dont se servent les alchimistes et qu’ils emportent au départ, est celui qui tient avec tant de ferveur le second personnage de l’Homme des Bois; le livre signé de figures permettant de le reconnaître, d’en apprécier la vertu et l’objet. Le fameux manuscrit d’Abraham le Juif, dont Flamel prend avec lui une copie des images, est un ouvrage du même ordre et de semblable qualité. Ainsi la fiction, substituée à la réalité, prend corps et s’affirme dans la randonnée vers Compostelle. On sait combien l’Adepte se montre avare de renseignements au sujet de son voyage, qu’il effectue d’une seule traite. « Donc en ceste mesme façon, se borne-t-il à écrire, je me mis en chemin et tant fis que j’arrivais à Montjoie et puis à Saint-Jacques, où, avec une grande dévotion, j’accomplis mon vœu. » Voilà, certes, une description réduite à sa plus simple expression. Nul itinéraire, aucun incident, pas la moindre indication sur la durée du trajet. Les Anglais occupaient alors tout le territoire : Flamel n’en dit mot. Un seul terme cabalistique, celui de Mont-joie, que l’Adepte, évidemment, emploie à dessein. C’est l’indice de l’étape bénie, longtemps attendue, longtemps espérée, où le livre est enfin ouvert, le mont joyeux à la cime duquel brille l’astre hermétique2. La matière a subi une première préparation, le vulgaire vif-argent s’est mué en hydrargyre philosophique, mais nous n’apprenons rien de plus. La route suivie est sciemment tenue secrète.”.

[Les Demeures Philosophales – 1939, pp. 172-3]

A titolo di commento, val la pena di dire, credo, che Fulcanelli indica con chiarezza che il famoso ‘Viaggio a Compostella’ è una metafora; nulla di più. E che il termine Mont Joie indica un Cairn, che in Inglese è un monticello di rocce/pietre, usato sia come marker di un percorso (montano, per esempio), sia come luogo di raduno dei soldati sul campo di battaglia: forse da questo è diventato celeberrimo il grido Mont Joie – Saint Denis, urlato orgogliosamente dai cavalieri di Carlo Magno, radunati attorno ad un altro marker, reso celebre da La Chanson de Roland: l’Oriflamma; quest’ultimo, oltre ad essere una lunga banderuola rosso scarlatto appiccata sulla cime di una lancia, può far sorridere l’alchimista accuorto: il termine suona un po’ come … l’origine della fiamma (si dice che Carlo Magno stesso lo portasse con la lancia in Terra Santa come arma per sterminare i Saraceni!; … o tempora, o mores!); così, in allegria, si chiude il mio personale esame del libro, aperto, tra le fiamme: la lancia di Carlo Magno, il Mont-Joie, ci conduce dritti dritti a Lancilotto – studiate, please, il magnifico Lo Chevalier de la Charette di Paolo Lucarelli – , che è Lancelot, l’Angioletto! … ohibò, sarà forse per questo che il Plafond dell’Oratoire (!) è zeppo di Angioletti e di tre Livres ouverts ????

3 ??? … Oh, my God!

Cassone 24 – La Colombe.

Fulcanelli: “… la colombe auréolée, radiante et flamboyante, emblème de l’Esprit; …”.

[Le Mystère des Cathédrales – 1926, p. 134]

Anche in questo caso, a mio parere, questo Caisson centrale rappresenta il risultato di ciò che è causato dalle azioni/operazioni legate ai due Caissons laterali; si tratta, in tutta evidenza, della Colomba rappresentante l’Esprit, più esplicitamente le Saint Esprit, più alchemicamente ed operativamente, l’Esprit Universel.

[Disegno di J.J Champagne]

Questo topos alchemico è così tipico, così ‘parlante’, così famoso, che non credo necessiti di commenti in questo piccolo studio: si sta parlando della discesa (meglio: dell’attrazione) dell’Esprit Universel NELLA Materia. Fulcanelli, laconicamente, indica soltanto che essa Colombe è sia Aureolata che Radiante che Scintillante/Fiammeggiante! … e questa precisione dei tre-aggettivi-tre mi pare derivare da una sua cultura più legata ad una Fisica (à la Louis de Broglie, per esempio) che soltanto squisitamente ermetica; beninteso, per non turbare troppo gli animi, è solo una mia opinione, eh?

En passant, oltre che segnalare che il Flamboyant è anche una bellissima arborescenza di color rosso caldo, il termine ha anche questi sinonimi: ardent, brillant, éclatant, étincelant, lumineux, pétillant, radieux, reluisant, resplendissant, rutilant, scintillant; questa Colombe, insomma, pare legata a Lux ed al suo colore, il quale – lo si sa – è frutto di un range di Frequenze restituite dal corpo in questione. Qualcuno ha mai visto una colomba … rossa? Risposta: quel rosso non si vede, poiché pare appartenere all’Infrarosso (letto e compreso come ‘sotto-il-rosso)’!

Chissà !

Cassone 25 – Il Corbeau et le Crâne

Fulcanelli scrive: ”… Le corbeau igné, juché sur le crane qu’il becquette, figures assemblées de la mort et de la putréfaction; …”.

E Paolo: “il corvo igneo, appollaiato sul cranio che sta becchettando, figure riunite della morte e della putrefazione; …”.

[Il Mistero delle Cattedrali – 2005, p. 289]

[Disegno di J.J Champagne]

Per cominciare: l’uccello che indica Fulcanelli è quello classico dell’iconografia alchemica, il Corvo, le Corp Beau; ed è sempre legato alla morte, simboleggiante la Putrefazione della materia in opera; in qual momento? … ai lettori la risposta.

Raramente appare avvolto dalle fiamme: in questo caso si tratterebbe di un kórax, ma igneo: uno zolfo igneo, il che apparirebbe tautologico, no? Quindi rappresenta forse un corpo nero come il Corvus corax, ma portatore di un fuoco, oppure si sta parlando magari d’altro? Il che equivale ad una domanda che posi, molti anni fa, in un mio Post sulla Calcinazione Filosofica (qui): “Domanda: si sta parlando di dar fuoco al corpo, o si sta parlando d’altro?”.

Ovviamente, tocca all’alchimista fare i conti con questa enigmatica rappresentazione.

Alla evocata Putrefazione si riferisce invece il teschio, il cranio: e qui, chi ha già messo-le-mani-in-pasta, saprà certo a qual corpo ci si riferisca, e – forse – pure al luogo operativo (o saranno luoghi, al plurale?); una primissima sintesi di questa rappresentazione, dunque, potrebbe essere che un certo qual corpo, in un certo qual luogo, viene messo in contatto, in un certo modo, con un … Corp Beau, ma dalle caratteristiche ignee; questo Corp Beau, come detto sopra, che è uno zolfo (di per sé igneo) sarebbe portatore di un fuoco, che induce la morte … del cranio! Doppio Ohibò, non credete?

Sia come sia, questo Cassone dovrebbe almeno solleticare la curiosità di chi studia Alchimia; se, come pare evidente, il tema sollevato in questa curiosa scultura è la morte, sono personalmente dell’idea che chi sostenesse che Étienne Lallemant abbia in qualche modo ispirato l’accurato scalpellino nel suo Livre des Heures grazie al teschio decorato dalla scritta ‘Memanto Mori’.

… beh, io credo che la sua tesi sarebbe ben lontana dall’indicare una morte umana. La morte qui evocata è la morte alchemica, il cui risultato – lo si creda o meno – consiste nella nascita di un nuovo corpo, nel venire in Essere di un nuovo corpo, animato da quell’Esprit Universel che vivifica la Materia, ri-animandola; mediante una nuova Forma. Si tratta palesemente della nascita di nuova Vita.

Fra le cose che colpiscono chi osservasse bene la scultura, v’è questo ambiguo, se così si può dire, uccello: curioso, perché non sembra un Corvo; piuttosto, forse, un Falco (Pellegrino?) … ora, chi avesse letto o consultato – giusto per fare un esempio facile – l’Atalanta Fugiens di Michael Maier, ricorderà senza dubbio l’incisione dell’Emblema XLIII, che recita ‘Audi loquacem vulturem, qui neutiquam te decipit.’:

L’Epigramma – accostando e il ‘vultur’ e il ‘corvus’ – fornisce in bell’evidenza un suggerimento; importante quanto semplice:

Montis in excelso consistit vertice vultur

Assiduè clamans; Albus ego atque niger,

Citrinus, rubeúsque feror, nil mentior: idem est

Corvus, qui pennis absque volare solet

Nocte tenebrosâ, mediâque in luce diei,

Namque arti caput est ille vel iste tuæ.”.

Come sempre, se non lo si fosse già fatto, studiare il passo del geniale Conte Palatino compiacerà chi già opera e magari lo potrebbe indurre ad elaborare nuove ipotesi; e incuriosirà – e non poco – chi si fosse appena addentrato un po’ nel Bosco Incantato della Dama!

Dimenticavo: … avete fatto caso a quelle specie di ‘campanelle’ fissate alle zampe del Falcone scolpito sul Plafond? Nell’Arte della Falconeria, ricorda ijnuhbes, riservata ai grandi Re del passato, il suono emesso da quelle grelots mentre il rapace era in volo, aiutavano il Real Falconiere a seguirne il volo … compaiono anche, per quanto con un tratto più primitivo, nel disegno di J. Julien Champagne.

Ora, nel testo di Maier che segue l’Epigramma in questione si dice che allorché gli avvoltoi/falconi iniziano a far le uova, ‘aliquid adferunt ex Indico tractu, quod est tanquam nux, intùs habens, quod moveatur, sonúmque subinde reddat’; e quando si sono ‘adattati’ una tal ’noce’ … allora producono molti feti; ma solo uno sopravvive, che viene chiamato

IMMUSULUS

… Chapeau …

À bientôt, mes Dames et mes Sires !

“La Bugia” del Marchese Palombara … 2

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Proseguo nella Parabola del buon Marchese.

A chi non è infuso di celeste sapienza, apporterà la lettura dei libri molta occasione di considerare che i loro discorsi sono pieni di equivoci e contraddizioni, che perciò il prudente ed accorto lettore dovrà sempre tenere accesa la bugia, acciò tra le oscurità della menzogna non inciampi nella profonda fossa dell’ignoranza.”.

Insomma, un buon consiglio, tutto omeopatico, no? “Similia Similibus Curentur”, dove nei nomina si cela il discrimine tra tenebra e Lux. Facilissimo da farsi, purché si ri-conosca, si sappia ri-conoscere, Lux; come pure, ovviamente, la propria, intima, Lux, quella originale, di nascita. Curiosamente, ma è la verità, entrambe hanno la loro Massa! E questo è un altro discorso …

Il nostro si avvia così a casa, ‘carico dell’erba celeste … colta nel colle’, che da tempi immemorabili è stata e sarà incognita all’ignorante; parola sua. Vediamo: … ma dove … dove ho letto dell’erbetta e del monte? Ah, … ecco … forse forse dal Pacifico Amante della Verità? Mi domando spesso, alla mia età, quante volte sia necessario ripetere la stessa cosa, affinché – al fine – si accenda Lux nel Cuore del cercatore.

La prende, la lava, la pulisce dalle impurità ‘che aveva nella radice’ (facili da separare: ‘non sono interne, né della sua natura’), la trita in atomi minutissimi, e la pone in un ‘vaso magico’, e la tiene sul fuoco ‘lento, vaporoso, aereo, non comburente’ – tipo quello del Trevisano – per asciugarla di una ‘certa umidità che a te ti deve essere molto ben nota’, dice. E … toh! … nasce così un Corvo! … Ah, caspita, … ma deve trattarsi del ‘vas negromanticum’ di Maria, l’Ebrea sorella di Mosè … no? Dal loggione: ‘Ecco, lo dicevo io, ci vuole un Magus, un incantesimo, una conjurationem esoterica e theophrasticam!’ dice, andando a raccattare il cappello a punta e il librone dei Grandi Grimori della Suprema congrega di Shalazam

NO. Dice Maier nell’Atalanta Fugiens, parlando di Triptolemo, commentando l’Epigramma XXXV: “… illud vas, quod Maria dicit, non esse negromanticum, sed regimen ignis tui sine quo nihil efficies.”. Punto. Basta questo, sapete? Ma ritengo sia bene prendere la Bugia indicata dal Marchese, ed accenderla con destro et ratto fiammifero, scoprendo che l’ignis tui … pur essendo senza dubbio un ignis, NON è il focherello che accendiamo sotto l’œuf-à-la-coque.

Pur avendo visto il Corvo, il buon Marchese scopre ben presto di non riuscire ad ‘aprirlo’: “ … per la mia poca pratica in operare [eh, sì … se non lavori, e tanto, e sempre, ci si trova presto tra i rovi!], poiché sebbene con certezza sapevo che dentro le viscere del suddetto corvo vi stava una bianca e pura colomba che nell’occhi  portava doi perle orientali, con il collo ricinto di risplendentissimi e ricchi diamanti, con tuttociò il corvo era sì duro, tenace e bestiale che non trovavo modo da pelarlo e strapparli le penne, che sì fortemente le tenevano avviticchiata ed intrecciata la carne e la polpa. … mi si nascondeva la chiave di questo carcere tenebroso ove innocentemente era ritenuto il mio Re, … e benché sapessi che Saturno era il custode di quella, lo trovai sempre tanto ostinato che non volse mai piegarsi alle mie calde preghiere, onde dando io in quel detto che dice: ‘comburite os nostrum igne fortissimo’, presi pertanto desperato il sopra narrato corvo e lo misi in un foco violentissimo e potente in forte vaso.”.

QED, … mal gliene incolse!

Così, ritorna al colle, in cerca della grotta che aveva trovato in precedenza; ma la trova sbarrata da una porta di Metallo, con sopra incise queste parole: “Io Mercurio, figlio di Maia per ordine di Giove sono disceso in terra, ed ho chiuso l’antro dove si trovano tutte le felicità umane e ne ho riportato la chiave in cielo.”. Evidentemente rattristato, fa per tornare a casa; ma incontra un vecchio barbuto ‘alto e asciutto’ che gli dice che Giove aveva fatto sbarrare l’antro per precauzione, ma contro gli altri mortali, e non contro il Marchese: “… poiché chi una volta gustò del nettare del cielo non è mai più escluso dalla famiglia di Giove, né vi è esempio che chi una volta fu eletto al sacro magistero, sia poi stato abbandonato da quella maestà, e sappi che se l’operazione <non> fosse difficile e laboriosa l’arte al certo perderebbe il nome di arcano …”; poi: “Giove che previde il tuo errore e che sapeva che dovevi ritornare all’antro, ordinò a Mercurio che avanti di chiuderlo mi consegnasse una cestola chiusa e sigillata, e la conservassi per doverla dare a te per quando di novo venivi all’antro, quale averesti trovo all’improvviso chiuso. Onde ecco che te la consegno e torna felice e ricordati che il gran padre Ermete ci avvisa con queste parole: ‘Separabis subtile a spisso, suaviter et magno cum ingenio, etc.’.”

Così, preso ‘il canestro’, se ne torna in Laboratorio, cominciando ad “operare di novo più sanamente” e con l’aiuto ricevuto riesce finalmente ad ottenere “ciò che l’occhio sapeva desiderare, mentre tutte le gioie del Perù erano fango appresso sì degna e non compresa visione …”.

Prima di concludere questa parte illuminata ed illuminante, credo utile ricordare che il buon Marchese aveva chiesto al vecchio chi egli fosse; e lui gli rispose: “Io sono un antico ministro di Mercurio che eternamente dimora albergo di fuora alla custodia dell’antro e sono quello che ti risposi li giorni addietra alle undici interrogazioni [qui] che mi facesti …”, confessandogli che le risposte (in realtà 10) che gli aveva dato venivano suggerite direttamente da Giove, nell’alto dei cieli.

Ciò detto, lo studioso d’Alchimia non potrà non ricordare il famosissimo episodio della vecchia (assieme ai suoi moniti, pesantissimi), della ‘vergine’ sua figlia, e delle ‘vesti’, e del ‘cofanetto’, e della ‘liscivia’ [vide in Tre Trattati Tedeschi di Alchimia del XVII Secolo, pp. 90-3], meditando per bene su quanto scrive in proposito Paolo Lucarelli (alle pp. 23-5).

Hai ottenuto l’eredità che ti ha lasciato mia figlia?” – “In verità, ho trovato il cofanetto, ma non sono proprio in grado di togliere quella veste di stracci, e la liscivia che mi hai dato non riesce a scioglierlo e nemmeno a intaccarla.” – “Tu cerchi di mangiare le lumache o i granchi col guscio? Non conviene che prima li prepari e li faccia maturare il vecchissimo cuoco dei pianeti? Ti ho detto che devi purificare il cofanetto bianco con la liscivia che ti ho dato, non la veste di stracci esterna e cruda; infatti prima di tutto devi bruciarla con il fuoco dei saggi, e allora tutto andrà bene.”, (alla p. 93).

Concludo avvertendo il lettore che l’apparente o ipotetica contraddizione tra i due sogni che si potrebbe presentare alla mente di chi lavora, è solo un ostacolo razionale; velenoso, e più pesante dei moniti della vecchia centenaria. Se invece riuscisse ad aprire il Cuore, con la Bugia dal sorriso omeopatico, Lux potrebbe forse illuminar meglio il cammino. Chissà …

Lo scoglio operativo di cui si parla, è identico: ma se si prestasse miglior attenzione tanto ai termini, tanto alle Maschere indossate dai vari personaggi … beh, forse quel fiammifero cui accennavo supra potrebbe finalmente essere acceso dall’appassionato … nel corpo giusto & col modo giusto! … il resto lo farà Madre Natura!

JWST 1 – Preambolo, pre-ambulatorio …

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25 Dicembre, 2021 – Kourou, Guiana Francese, 12:20 GMT.

Su un vettore Ariadne 5 l’European Space Agency (ESA) lancia il James Webb Space Telescope (JWST), con la missione di esplorare lo spazio profondo. La sua destinazione è un punto preciso dello spazio, chiamato Sun-Earth Lagrange Point 2 (L2), a circa1.5 milioni di kilometri da Terra. Il Punto Lagrangiano L2 è uno dei 3 punti – identificati da Joseph-Louis Lagrange, geniale matematico del XVIII secolo – in cui l’attrazione sia di Sol che di Terra permette ad un terzo corpo (JWST) di orbitare intorno a Sol e Terra in una posizione meta-stabile[1] che possa assicurare al JWST di A) rimanere sempre al di fuori dall’ombra di Sol e di quella di Terra, B) mantenere costante l’allineamento SolTerra-JWST (faccia calda del JWST, a 88°C; faccia fredda del JSWT, a -233°C), C) proteggere la faccia fredda del JWST dalla radiazione luminosa e calorica proveniente dal Sol, Luna, e Terra.

[dice: “… ma che c’entra Alchimia?”]

Per percorrere l’orbita assegnata JWST impiega circa sei mesi, grazie alle attrazioni gravitazionali combinate di Sol e Terra; ecco una ricostruzione dell’orbita del telescopio, che credo utile e fonte di riflessioni (per i pochissimi curiosi):

[dice: “… ma che c’entra Alchimia?”]

JSWT opera con uno specchio di Berillio-Oro che raccoglie Fotoni puntati nella direzione prescelta dal Centro di Controllo di Terra che comunica H24/7D con gli strumenti alloggiati sulla faccia calda del Satellite.

JSWT raccoglie dati sull’universo elaborando lo Spettro della Radiazione Infrarossa (IR), quella cioè a Lunghezza d’Onda (WL) lunga (la WL si riferisce alla distanza tra due apici o due ventri dell’Onda in osservazione): la missione di JWST è quella di osservare una gamma di frequenze che va dalla lunga WL dello Spettro VisibileRosso – al Medio Infrarosso (0,6 – 28,3 μm, dove μm sta per micrometro e indica 1 milionesimo di metro).  I dati, pre-elaborati da uno spettrometro e da un sistema di Imaging installati a bordo, vengono poi trasmessi a Terra al Deep Space Network (DSN), basato su tre antenne in Australia, Spagna e California.

Ciò detto a mo’ di Inception, passo a mostrare ciò che è arrivato al DSN pochi giorni fa:

A parte la bellezza mozzafiato, il fatto è che – ce lo hanno spiegato i vari astronomi ed astrofici legati al Progetto JWST – [dice: “… ma che c’entra Alchimia?”] – questa immagine fissa una “culla di giovani stelle”: si tratta di una zona di Spazio in cui si ritiene – ad oggi – sia ospitata una delle regioni più vicine a Terra in cui si ‘formano’ le stelle; si trova in Rho Ophiuchi, un complesso di nubi galattiche complesse; questa sorta di ‘star-nursery’ dista da Terra ca. 390 anni-luce. Tanto per annoiare, credo valga la pena ricordare che

1 anno-luce = ca. 9.460.730.472.580,8km

che si pronuncia come ca. 9.461 miliardi di kilometri. Per cui, tanto per annoiare una ‘nticchia in più … questa immagine dipinge una nursery di stelle che dista da tutti noi all’incirca 3.689.684.884.306.500,8km, che si pronuncia come ca. 3.689.684 miliardi di km. (ehm … scusate, colpo di tosse!).

[dice: “… ma che c’entra Alchimia?”]

Questa trasmissione è stata catturata ed elaborata da JWST tra Marzo e Aprile scorsi, e ci mostra come sono nate una cinquantina di Stelle in quella piccolissima zona di Ophiucus … ciò che ha – letteralmente – ‘colpito’ gli specchi di JWST sono Fotoni; viaggiando alla velocità della luce, hanno attraversato quella distanza di cui sopra in poco meno di quattro secoli del nostro ‘tempo’.

[Apro una Parente … : … visto quella stella che ‘rompe’ il suo guscio di materia proto-stellare? … sembra una replica di un piccolo, locale, “Fiat Lux“; il Chaos oscuro si apre, e mostra la Lux interna della coltre del Chaos, illuminata da Lux! … chiudo la Parente.]

Come si sa, dunque, (e, come tutti, ci scansiamo immediatamente da quel ‘sapere‘ …) è che questa immagine mozzafiato, bellissima, poetica, racconta di qualcosa che è accaduto, laggiù, … quattro secoli fa!

Uno potrebbe domandarsi: ed … ora … cosa c’è laggiù?

Risposta: non lo sappiamo, e nessuno degli 8 e passa miliardi di compagni-di-viaggio del nostro magnifico pianeta-prigione-che-stiamo-devastando – in questo esatto momento, mentre leggiamo – può sapere nulla-di-nulla in proposito. Vista la distanza, pur vicina in termini galattici, se anche attendessimo un altro secolo per sviluppare altra tecnologia d’osservazione, senza dubbio più raffinata ed efficiente, i nostri posteri (no, noi non ci saremo) dovranno in ogni caso attendere altri quattro secoli per … avere un’altra foto di quella minuscola zona di Spazio.

La Materia in quella zona, qualsiasi aspetto di materia ‘vesta’ … in cinque secoli sarà semplicemente ‘mutata’. Potrebbe essere evoluta in nuove galassie, sistemi planetari, essere stata mangiata e divelta in pezzettoni da uno scontro di galassie bibliche, essere collassata in qualche Black Hole (l’Universo ne è pieno!), o quel che volete. Di certo quest’immagine meravigliosa … sarà ‘mutata’.

Lo chiamano: ‘DIVENIRE’.

[dice: “… ma che c’entra Alchimia?”]

Ora, alcune brevi considerazioni:

  1. La possibilità per JWST di poter ‘vedere’ su distanze così grandi (i.e., 390 anni-luce) è data da un evento previsto/descritto da Einstein nella sua Teoria della Relatività Generale: si tratta della famosa Lente Gravitazionale, che si verifica (in particolari condizioni) – grazie alle Masse che intercorrono tra osservatore (JWST) e Oggetto osservato (Ro Ophiuchi) – quando il Campo Gravitazionale (tra JWST e Ro Ophiuchi) genera una deformazione del tessuto dello Spazio-Tempo; per usare un esempio popolare: prendete un pezzo di carta, e mettete “JWST” nella zona dell’angolo basso sx del foglio, e “Ro Ophiuchi” nella zona dell’angolo alto dx del foglio; unite con un pennarello i due punti (quella sarebbe la traiettoria lineare che descrive la distanza fisica tra i due punti); ora, se il Campo Gravitazionale fosse abbastanza sostanzioso in termini di grandezza (cioè se le Masse presenti tra loro interagenti [gravitazionalmente] lungo la traiettorie fossero significativamente massive, e varie altre amenità), allora il foglio si deformerebbe/piegherebbe – lungo la direzione perpendicolare alla traiettoria disegnata – sotto l’effetto del Campo Gravitazionale risultante; i due punti “JWST” e “Ro Ophiuchi” ora sono molto vicini, e quindi “Ro Ophiuchiappare come ingrandito per “JWST” … lo Spazio-Tempo si è deformato/piegato, e da “JWST” – come per effetto di una potente lente –  “Ro-Ophiuchiappare più vicino; in soldoni, pur sempre difficilotti da afferrare, è come se i Fotoni che viaggiano da “Ro Ophiuchi” a “JWST” venissero in qualche modo accelerati (MA, attenzione, NON è completamente vero!) dalle varie ‘buche-gravitazionali‘ (dove giacciono i corpi massivi di cui sopra), perché per ogni buca ‘sorvolata’ dai Fotoni in transito lo Spazio-Tempo circostante ogni singola buca, si deforma/piega un po’ … il viaggio sembra diventare, insomma, più breve!
  2. Va detto, che questo è un banale ed orrendo escamotage esemplificativo, estremamene grossolano e non proprio oggettivamente veritiero: ma fa il suo lavoro per spiegare cos’è ‘sta benedetta Lente Gravitazionale. La sostanza è che – secondo quel che disse Einstein – la Gravità deforma/piega il tessuto[2] dello Spazio-Tempo. Comunque sia, la Lente Gravitazionale NON accorcia la distanza che i Fotoni debbono percorrere nel loro viaggio da “Ro Ophiuchi” a “JWST: è solo l’immagine che raggiunge lo Specchio di JWST che appare ingrandita nonostante la piccolezza della zono osservata; si tratta, insomma, di un effetto virtuale, nulla di più (fra l’altro, come tutte le lenti, l’effetto della Lente Gravitazionale deforma l’immagine stessa, che può presentare aloni, curvature dei bordi, sfocature e via dicendo; alcuni filtri software possono oggi aggiustare l’immagine, ma essa resta un’informazione – pur magnifica – virtuale).
  3. Le immagini elaborate da JWST provengono da rilevazioni nello spettro dello IR e al di là dell’IR; ciò significa che – se noi fossimo in questo preciso momento là, vicino a Ro Ophiuchi – NON vedremmo ciò che l’analisi spettrale ha ricostruito ed elaborato; lo spettro del visibile di noi Umani (con Lunghezza d’Onda λ compresa tra 390nm e 700nm) non rileverebbe ciò che vediamo nelle foto di JWST, ma vedremmo/osserveremmo altro (cosa, non ci è dato sapere…). Questa scelta da parte del Team JSWT è dovuta al fatto che la rivelazione di Lunghezze d’Onda appartenenti all’IR ed oltre ci permette di rilevare/osservare zone spaziali del Cosmo che hanno una “età” fino a oltre 13,5 miliardi di anni: così si potrà disporre di dati base con i quali poter esaminare la nascita delle prime stelle e delle prime galassie apparse nell’Universo primordiale. Il che non né poco, né banale. Quando la luce è emessa da un oggetto che si allontana, la Lunghezza d’Onda che riceviamo è più lunga rispetto a quella emessa, e si dice che è spostata ‘verso il rosso’, cioè la zona che corrisponde all’estremo inferiore dello Spettro del Visibile: questo è il RedShift. Il RedShift cosmologico, tuttavia, non è dovuto all’eventuale ‘allontanamento’ fisico di un oggetto da noi (Stella, Galassia, Cluster), quanto al fatto che il tessuto (meglio: il Volume del tessuto) dello Spazio-Tempo si dilata, si espande … il che deve far riflettere. E non poco, dato che in Creazione il tempo assoluto … NON esiste.
  4. È del tutto comprensibile che i giornalisti ed i divulgatori abbiano dato il risalto che merita a questa straordinaria immagine; però qualcuno è arrivato ad usare espressioni iperboliche: “… un vero e proprio viaggio nel tempo”, e via dicendo … il che, evidentemente. non è affatto corretto, in alcun senso; nessuno ha viaggiato nel tempo, né tantomeno il JWST. Chi ha viaggiato sono stati i Fotoni, i quali – è bene ricordarlo, A) hanno viaggiato attraverso uno Spazio, e B) … ancora viaggiano, e sempre viaggeranno, portando con loro le informazioni che saranno sempre ‘vecchie’ di quattro secoli. Non intendo minimamente denigrare l’eccelso lavoro compiuto dal fantastico Team di ricercatori, anzi. Ma, mi chiedo, perché non indirizzare ogni tanto l’attenzione di noi spettatori di questo meraviglioso Film epocale e galattico sul vero protagonista … del viaggio?

Cos’è il Fotone? … sarebbe importante presentarlo al pubblico, e pure ai bambini. Perché, senza il Fotone … non sapremmo nulla di nulla, non soltanto dell’incredibile ‘nascita’ di una proto-Stella, ma anche di molto, molto altro: l’Informazione.

Già, perché in assenza di informazioni l’Universo tutto, tutto il nostro Universo, (ma anche gli altri) non potrebbe sussistere (l’avevo detto già somewhere, over the rainbow: … sub-sistere).

Ciò che chiamiamo Fotone, che ci pare sempre un termine fantascientifico, è il Carrier, il portatore di Lux, della Forma della Lux. Vorrei sottolinea due cose:

La prima: tutti sanno che il Fotone ha a che fare con la ‘luce’, senza ‘sta ‘luce’ non potremmo leggere un libro di notte. E ciò basta a tutti, per ritornare bellamente a ciò che stavamo facendo, no? Eppure, direbbe qualcuno; eppure

Rileggetevi, se vi va, la piccola explicatio fornita da Richard Feynman nel Post precedente: l’irrispettoso genio della Fisica nel 1983 osò affermare nel suo QUED (ma lo ripeterà in molte sue comunicazioni, sia semplici che complesse) che – per ‘lui’ – ‘luce’ è “… all of that…”: ‘ tutto ciò’ è ‘luce’. … E cos’è quel ‘ciò’? … lo ha scritto, detto e ripetuto, centinaia di volte, ma lo ha fatto in modo che a Napoli chiameremmo accuorto: l’intera scala delle Frequenze di ‘luce’. Brividino? Ora, quali sono i limiti di una Frequenza di una radiazione?? Facile ed intuitivo: teoricamente, da 0 a ∞; più praticamente, un tantino più grande di 0 ed un pochino più piccolo di ∞. Brividuccio? … insomma, è la Radiazione. La quale secondo Louis de Broglie ha – lo sappiamo tutti – una doppia natura: Corpo e Onda! … Se quell’altro genio assoluto (ma ben più pacato di Feynman) della Fisica del Prince de Broglie (Nobel 1929) ha aperto un baratro nella nostra inutile Logica, … comincia a venire in ‘luce’ cosa implicano le due trovate dei due Fisici? Feynman (Nobel 1965) e de Broglie hanno gettato non un sassolino nello stagno, ma hanno aperto uno squarcio su come funziona l’Universo. Esso Universo vuoto non è (non potrebbe mai esserlo, non soltanto per le considerazioni Filosofiche di Cardano: ‘Vacuum non Datur’), bensì è pieno zeppo di una radiazione di doppia natura, ovviamente quantizzata, in Moto perenne, trasportante Informazioni: LUX. In assenza di LUX, non v’è Materia, alcuna. Non ci sarebbero ‘corpi’: non ‘sussisterebbero’, non possono ‘sussistere’. Non ci sarebbero ‘corpi’ nell’Universo; ergo, neanche nei crogioli degli alchimisti.

[dice: “… aaahhh, … ecco l’Alchimia!”]

Vedo già i soliti gnoti ed ignoti che cominciano a muoversi sui loro sedili, improvvisamente leggermente più scomodi: “… ma, … insomma … lei ha le prove?”, “… ma come fa a dirlo?”, “… lei vuole fantasticare!”, “… ma è una balla, dai!”.

Alla mia età, non mi importa proprio di discutere sui ‘ma’; mi piacerebbe però iniziare ad osservare e partecipare, assieme, ad un radicale cambiamento: prima del punto di vista sul senso di ciò che chiamiamo, tutti, ‘vivere’; poi, scorgere pian piano dei mutamenti via via più profondi nella pratica del ‘vivere-di-ogni-giorno’ e del – assiemepro-gredire: per come ho camminato, vi racconto ciò che ho trovato, studiato e praticato. Poi, ognuno ci farà quel che vuole …

Posso solo sorridere, felice. Tutto qui.

Tutto l’Universo è stato immerso, è immerso, sarà immerso in un flusso, un mare di portata letteralmente ‘Universale’ – oh, meravigliosa Dama Alchimia! – di provvidi ed amorevoli, ed indispensabili, e nutrienti ‘corpuscoli-ondine’ che abbiamo inteso chiamare Fotoni (i.e., particelle di Fuoco).

Tutti i ‘corpi’ sussistono, esistono e divengono grazie a questi graziosi ‘corpuscoli-ondine’  (carriers, portatori di un bouquet di Grazie, non di una sola Grazia!).

L’interazione dei Fotoni con un ‘corpo’ ha due modalità, in funzione dell’angolo d’incidenza del flusso: A) l’urto, il rimbalzo (in gergo: lo Scattering), che i nostri organi ‘vedono’ come ‘colore’; B) la penetrazione, che i nostri organi non sono in grado di rilevare.

Nel caso A), parte della frequenza dei Fotoni interagenti con il ‘corpo’ viene – come sommatoria ∑ di Frequenze – assorbita dal ‘corpo’ sotto forma di Informazione (sotto forma di radiazione, ondine); la parte di frequenza non assorbibile viene restituita – da parte del ‘corpo’ come una nuova frequenza di doppia natura (corpuscoli-ondine), che i nostri organi percepiscono e decodificano come ‘colore’.

Nel caso B), il Fotone/i Fotoni penetrante/i penetra, entra all’interno del ‘corpo’ sotto forma di radiazione (ondine), e – passando l’Informazione trasportata – alterano il corpo (come un’Energia’; pur minima, infinitesima, ma ‘Energia’ (nelle diverse declinazioni, come previsto dal Piano Naturale). “La somma fa il totale”.

Tutte le Informazioni eventualmente passate ad un ‘corpo’ vengono immagazzinate nella struttura interna, intima, del ‘corpo’: sotto forma di Frequenze, esse sono sempre accessibili dalla intelligenza (c’è chi la chiama ‘coscienza’, ‘cum+scientia’, ‘sapere assieme’) del ‘corpo’ stesso. Nei ‘corpi’ più semplici – vale a dire quelli che hanno subito meno specificazioni nel loro Divenire – tale accesso è quasi immediato, non complesso, bensì del tutto Naturale; nei corpi lontani dalla loro origine (l’entrata in Manifestazione), tale accesso richiede un lavoro estremamente difficile, lunghissimo; non basta una vita per un essere umano. Ecco il motivo per cui in Alchimia operativa (lascio da parte quella cosiddetta Spirituale e Simbolica, che perciò non hanno alcuna utilità reale) si parla della Reincrudazione della Materia come necessaria, indispensabile.

Per attuare una qualsivoglia Reincrudazione è necessario disporre di una sorta di Antenna (ricevente e trasmittente); tale ‘corpo’ molto particolare ha la Forma e la Struttura di ciò che gli Alchimisti seri (nei secoli, pochi; davvero pochi) hanno chiamato Sal. “Hinc sunt Leones”, però … perché è facilissimo cadere nella trappola e restarci, incoscienti, per anni, anni, e anni. Sia come sia, in mancanza della esatta comprensione della modalità ‘Sal’ …. Nessuna Reincrudazione vera accade; accade invece un simulacro della reincrudazione: del tutto inutile.

In questo scenario, dovrebbe balzare all’occhio ed al Cuore del navigante che …

siamo praticamente fottuti!

In effetti, lo dico da anni, e certo non per primo (Paolo docet, per esempio) noi tutti siamo in una prigione; dorata, magnifica, ma una prigione; uscirne si può, talvolta, ma occorre un esprit libero da tutti i “credo”, siano essi filosofici, scientifici, religiosi, e via dicendo. Un ‘credo’ è un tappo invalicabile, non frantumabile, nemmeno con l’esplosivo.

Se siamo in prigione, un motivo c’è; senza dubbio alcuno.

E se esiste un tappo di tali fattezze, … beh, temo sia molto consigliabile liberarsi, una volta per tutte, di qualsivoglia ‘credo’.

Ma, ovviamente, si sente già ululare … : ”Ma… insomma … non sono libero di ‘credere’?

A mio avviso, la Libertà è Universale, ed il ‘credere’, ogni ‘credere’, è Locale.

Poi, … ognuno si comporta come vuole, no? Chi sono io per dirti in cosa ‘credere’?

Quindi, per tornare alla stupenda e commovente immagine che dà conto della nascita delle proto-stelle in un remotissimo e piccolissimo spazio del nostro Universo, noi tutti – in prigione – siamo investiti da un continuo flusso di corpuscoli-ondine, visibili e non visibili; essi/esse sono Carrier di vagoni di informazioni, ma sotto forma di energia quantizzata. Altro che likes e amenità varie … riceviamo sempre e tutto. Il problema è che noi umani non siamo capaci 1) di rendercene conto, 2) come decodificare, accedendovi, quelle informazioni. Per fortuna, le Materie alchemiche nei crogioli, … sanno come e cosa fare!

Non ci credete? … benissimo; torno a sorseggiare il mio caffé , fumando la mia vecchia Peterson.

Sia come sia, ammesso che ci si renda finalmente conto che la prigione esiste, e che rendersene conto non è un’elegante espressione retorica (cioè buona per gli allocchi; anzi, visto che esistono gli allocchi (vale a dire: ‘noi’, quelli che si sono accorti delle sbarre della comoda cella), è meglio afferrare tutto ciò che si riesce a trovare, rubare, inventare, in barba ai nostri simili e in barba alla grandezza di Madre Natura), a ‘noi allocchi’ più che protestare, disperati, occorre ‘fare’; ‘fare’ per uscire; augurandoci di non comportarci poi – come Paolo avvertiva e ammoniva – come quelli che una volta fortunosamente usciti, entrano subito nel famoso Supermercato, quello con somma arguzia posto proprio due metri dopo il buco d’uscita; pieno letteralmente di ogni ‘ben di Dio’, e per di più esposti con il cartello ‘È Tutto Gratis!, riempite il carrello e recatevi al Check Out!| comprano le cose meravigliose più disparate … e rientrano di corsa in prigione, così da aver ancora maggior potere sugli ‘allocchi’.  Qualsiasi veste indossi, l’uomo è sempre uguale a se stesso …

Per avviarmi alla conclusione di questo primo spunto ‘fotonico’, riporto ciò che vien detto in un trattato a me molto caro: Récréations Hermétiques, ai ff.1-2 …

Les éléments ont un Centrum Centri que tous les yeux ne peuvent apercevoir; et ils ont de plus un Centre Commune dont les prétendus savants n’osent approcher, crainte de dévoiler leur turpitude (La lumière).

Cette chaleur caustique accompagnée de la lumière que l’on appelle communément feu, nest pas l’élément de ce nom, dont les Sages ont voulu parler. On prend en cette circonstance les effets pour la cause, et on va plus loin que les Rhéteurs, qui prennent au moins la partie pour le tout.

Le feu est un fluide éminemment subtil, procédant directement de la lumière que l’on nomme, tantôt électrique, tantôt Galvanique ou Magnétique &c, suivant ses diverses modifications, ou plutôt c’est la lumière elle-même dérivée de sa source et dont elle demeure détachée. Il n’est ni froid ni chaud, et la chaleur ou le froid ne sont point des corps …

La Lumière, principe de vie et de mouvement peut être considérée comme l’acte unique de la création ; tout le reste n’en est que la conséquence.”.

A titolo di mero spunto di riflessione, riporto qui un frammento del mio commento, relativo al brano di cui sopra:

Tutti gli Elementi hanno un Centro nascosto (il Centrum Centri) ed un Centro di comune origine: quest’ultimo è ciò che chiamiamo Luce.

La Luce – quella Luce originaria – si evidenzia nell’Elemento Fuoco, che nulla ha a che fare evidentemente con il fuoco che sperimentiamo comunemente nella nostra vita, essendo questo soltanto il fenomeno esteriore dell’azione da parte del Principio Luce. Questa doppia caratteristica della Luce (luce e fuoco), che curiosamente trova il suo contraltare, un vero e proprio specchietto per le allodole, nella doppia natura corpuscolare ed ondulatoria del fotone della Fisica moderna, è in realtà un’unica cosa: Luce. Secondo l’autore, quando la Luce è distaccata dal suo focolare di nascita essa assume la veste dell’Elemento Fuoco. Val la pena di notare che, a scanso di trappole mistiche o di spunti interpretativi misteriosi, l’autore non dice dove sia questo focolare originario: se ne deve dedurre, dunque, che tale localizzazione semplicemente non esista. Per difficile che possa sembrare per la nostra logica, la cosa è molto semplice: la Luce di cui parla l’autore non è soggetta alla limitazione tipica di ogni manifestazione costituita dallo spazio e dal tempo, ma continuamente ’è’, lungo ogni dove e durante ogni quando. La Luce originaria ed originante è l’agente unico, senza spazio e senza tempo, che agisce la manifestazione, ogni manifestazione: l’agire della Luce si trasforma nell’atto della Creazione, che è priva di un prima e di un dopo comprensibili secondo modelli umani. Essa è intesa come l’evento primario da parte di Madre Natura in un divenire che ha le caratteristiche di un continuum puro, privo cioè delle specificazioni di luogo e di durata e di ogni attributo di logica, etica, desiderio o scopo. Queste specificazioni e questi attributi sono puntelli imprescindibili per la nostra razionalità, indispensabili per noi esseri umani per sopravvivere nella nostra manifestazione, ma del tutto inesistenti, anche perché affatto necessari, nel grande Progetto Naturale della Creazione.”, in Commento, da Anonimo, Récréations Hermétiques, Edizioni Lulu, 2011.

Auguro a chi volesse partecipare a questo cambiamento ogni serenità nella riflessione, che possa preludere al ‘fare’, in cerca di Libertà luminosa; non necessariamente quello alchemico, ci mancherebbe; ma quello di tutti i giorni, il proprio, quello personale. Quello intimo.

Senza cambiamento nelle azioni e senza Libertà dai legacci vari … difficile sarà riuscire a camminare.

Alla prossima! …

Ooooooops … dimenticavo: l’anonimo autore delle Récréations Hermétiques, aggiunge un chicca, che merita di essere assaporata, perché è davvero squisita: “… l’Univers signifiant l’unité retorurnée ou renversés …“.

SIMULARE EST MEUM



[1] I Punti Lagrangiani sono dati dalle 5 Soluzioni fornite da Eulero e Lagrange al famoso ‘problema dei tre corpi’ della Meccanica Analitica (vale a dire: trovare le orbite di tre corpi che si attraggono reciprocamente sotto la legge di Gravitazione Universale, usata da Newton), su cui non mi dilungherò qui.; i 3 punti (L1, L2, L3) sono meta-stabili e giacciono sempre sulla medesima linea di congiunzione, e necessitano di piccoli aggiustamenti (JWST corregge la sua posizione in modo fine grazie a micro razzi auto-orientanti, come anche grazie ad istruzioni comunicate dal Centro di Controllo), mentre 2 punti (L4 e L5) sono stabili, ed – essendo in posizione triangolare – non richiedono aggiustamenti, ma non garantiscono al corpo lì orbitante di essere sempre al di fuori dei coni d’ombra di Sol e Terra.

[2] Come per il foglio – che nell’esempio è ovviamente bi-dimensionale – anche il tessuto è bi-dimensionale, con tante buche&buchette a seconda della Massa del corpo che occupa la sua posizione individuale nello Spazio (non nel Tempo, per il semplice motivo che il Tempo assoluto NON esiste in Creazione). Però chi legge dovrebbe ALMENO fare lo sforzo di immaginare un VOLUME (tri-dimensionale, e NON una Superfice) che viene deformato/piegato. “Facile non è …” direbbe Yoda, ma così la cosa andrebbe descritta. Ma vi sono ALTRE complicanze, di cui – per non render troppo noiosa la lettura – tralascio di parlare.

… Sperando che possiate accettare Madre Natura come Essa è: … assurda!

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Wednesday, August 30, 2023 by Captain NEMO

Questo è un Post: … un tentativo di risposta a due domande poste dal gentile Sig. Loris, che ha avuto la bontà di porle. In questi tempi di terribile incertezza ed umana stupidità, ormai assurta al ruolo di un virus ben più terribile del Covid – perché questa stupidità schiaccia ed ottunde l’Anima pura dell’Essere -, ho pensato di formulare di getto un abbozzo di risposte, senza tanti fronzoli e salamelecchi. Eccolo:

Prima domanda: “… leggendo ciò che ha scritto mi è parso di intendere che ha visto ancora qualcosa di buono nel cuore delle masse o forse ho inteso male?”. Qui.

Se lei intende parlare delle masse umane del pianeta che temporaneamente abitiamo, concordo con lei: non v’è nulla di buono. Punto.

Tuttavia, anche in questo contesto, per così dire sociologico, temo vi sia il solito equivoco, dovuto – per tutti, me compreso – al velenoso (che dico: tossico!) radicamento del concetto di bene&male.

Siamo-quattro-amici-al-Bar (il Joe’s Bar, che non sta qua, ma sta ), e mentre sorseggiamo bevande a noi ‘terricoli‘ sconosciute, ridendo ed ammiccando, proverò a spiegarmi usando perline sparse su un tappeto di stelle, vere:

Occorre trovare un passaggio tra le procelle di Scilla e Cariddi, ove Scilla è il panteismo – tutto è Dio – e Cariddi il manicheismo – il mondo è governato da due principi opposti che esistono da sempre.

La conoscenza di un ente implica sempre la doppia nozione, di ciò che è e di ciò che non è, il lato positivo e il lato negativo, la sostanza e il limite. Il problema risiede dunque nel nostro umano metodo di conoscenza, il solo di cui attualmente disponiamo.”.

[Fra’ Cercone, scritto privato]

A proposito dell’Essere:

Infralle magnitudine delle cose che sono infra noi l’essere del nulla tiene principato.

[Leonardo Da Vinci, Cod. Arundel, f. 131r]

Cos’è ‘sto non-essere? Semplice semplice: è quella roba che la nostra mente avida di logica e di senso consequenziale desume dallo spazio e dal tempo in cui siamo forzatamente immersi; in parole povere: fuori dal locus e dalla duratio il non-essere non consiste (cum+sistere)! … Occhio che facile non è, direbbe il sornionissimo Yoda!

Cos’è ‘sto essere? Idem con patate, al forno o fritte, come meglio si preferisca: è quella roba che diventa intellegibile grazie ad una Forma, precisa quanto fondamentale in Creazione: il Verbo; diciamo, con Giovanni 1,14, “Et Verbum caro factum est.”, senza mai ben comprendere cosa diavolo significhi in termini di Physica, (NON capire! … ma C O M P R E N D E R E), capoccioni – come siamo – invaghiti della dottrina cui ci pieghiamo, salmodiando dotte perifrasi significative quanto un “boh! … che ne so?”, ben oltre i 90° concessi.

Parliamo di Physica, NON di Philosophia; perché sottolineo questo aspetto? … perché la Creazione, al di là di qualsivoglia considerazione di tipo religioso – che qui non c’azzecca proprio nulla – attiene esclusivamente al venire-in-essere della Materia, all’entrata cioè di quella cosa bizzarra che è la Materea, Madre di OGNI Essere, qui ed ovunque, prima e dopo. Punto.

Chi vi dicesse il contrario, merita tutta la tenerezza possibile … ma non sarà mai di alcun aiuto una volta che lascerete, come tutti, il nostro magnifico Planeta, Terra, prigione dorata degli innamorati della Mente (quelli che non scendono su Terra, sono gli altri, tutti gli altri, gli innamorati del Cuore). In parole poverissime: se, allorquando si parlasse di Creazione, non si considerasse la Physica come l’unico strumento con cui avventurarsi – fisicamente, eh? – nell’Universo … beh, fate come vi pare, ma non v’è molto altro da dire; arrivederci e grazie, così come fecero graziosamente sapere i Delfini (lasciatemelo dire: … les Dauphins) quando lasciarono Terra, con il famoso cartello “So long for all the fishes!”.

Se, come spero, foste aguzzati (aiguisée), avrete notato che proprio prima del termine ’Verbum’ c’è un ‘Et’; siccome quel termine ‘congiunge’, veniamo re-indirizzati alla famosa Mappa del venire-in-essere: “Verbum-Actio-Motus-Calor”, che esprime ciò che è lo scopo della Creazione: il Divenire. Quella ‘congiunzione’ iniziale, che precede ciò che Giovanni annuncia come l’Incarnazione, è il legame con la Fonte, la Sorgente, l’Origine (qui da noi lo chiamiamo Dio; ma ha tanti nomi, tutti accettabili, tutti, beninteso, rispettabili).

L’incarnazione è l’espressione concreta della Forma, ed è quindi obbligatoriamente ‘finita’: anche perché una Forma vista come una cosa ‘astratta’ … è del tutto inutile!

Questo venire-in-essere di OGNI corpo viene attuato (è l’Actio, di cui sopra), lo sappiamo bene dal catechismo, dallo Spirito Santo, il quale viene chiamato dagli Alchimisti, ma pure dai Physici ben accuorti, Spirito Universale: il quale “È” … LUX.

Ma LUX – notate bene, ma MOLTO bene, per favore – che in mancanza di un corpo da illuminare … non viene percepita, cioè … non sussiste (sub+siste); ciò non significa che ‘non c’è’, ma semplicemente che non rende manifesto il Corpo; una sottigliezza non-da-poco (ma stiamo parlando di Dio, no?) è quel ‘sub’: quasi ‘reggesse’, da ‘sotto’, che è in realtà un ‘dentro’, il Corpo. Ohibò …

Aggiungo: … stiamo parlando di Creazione, non del banale fenomeno con cui illuminiamo le scale o quel che volete quando scendiamo in cantina! … stiamo cioè affrontando “la problema” di COME un Corpo qualsivoglia, in qualsivoglia Universo, venga in-icto-oculi portato in Essere. Questa Actio può compierla SOLTANTO … LUX!

Ora si potrebbe dialogare – e non, tristemente, discutere – sul fatto che LUX ha una sua Massa, benché piccolissima: LUX è costituita di Fotoniportanti’, ma che possiedono Massa. Il punto è che LUX, ergo, NON è solo quella che percepiamo quando accendiamo la lampadina, o quella di Sol & Luna, bensì è tutta la Radiazione che permea l’Universo (meglio: gli Universi): ecco spiegato il segreto ammantato da Sacro Mistero del perché gli alchimisti parlano della famosa ‘luce nera’: ma ciò ci porterebbe troppo Off Topic.

Quando dico ‘luce’ in queste conferenze, non voglio indicare semplicemente la luce che possiamo vedere, dal rosso al blu. Succede che la luce visibile è solo una parte di una lunga scala che è analoga ad una scala musicale in cui ci sono note più alte di quelle che potete sentire ed altre note più basse di quelle che potete sentire. La scala della luce può essere descritta da numeri – chiamati frequenze – e man mano che i numeri diventano più alti, la luce va dal roso al violetto, all’ultravioletto. Non possiamo vedere l’ultravioletto. Ma può lasciare il segno su una placca fotografica. È sempre luce, soltanto che il numero è differente. (Non dovremmo essere così provinciali: ciò che rileviamo direttamente con il nostro proprio strumento, l’occhio, non è l’unica cosa [che esiste] nel mondo!). Se continuiamo semplicemente a cambiare il numero, usciamo fuori verso i raggi X, raggi Gamma, e così via. Se cambiamo il numero nell’altra direzione, andiamo dal blu alle onde del rosso, dell’infrarosso (calore), onde televisive, e radio onde. Per me, tutto questo è ‘luce’.”

[Richard Feynman, QED, p. 13]

Dimenticavo: “QUED” significa Quantum ElectroDynamics, i.e. ElettroDinamica Quantistica; però significa anche – prodigioso Feynman – Quod Erat Demostrandum!” … e va beh!

A questo punto, dopo le rinfrescanti parole di uno dei più grandi Fisici degli ultimi tempi, quello che veniva a far lezione con camicia Hawaiana, sandali e bonghi (l’ordinario di Fisica vestiva sempre la sua grisaglia, tristissima ed austera, ed i suoi tomoni avevano rigorosamente la copertina grigio topo sub-inferiore, con quella carta giallina, anni ‘30).

Torno ad res: se sono riuscito a far balenare il quadro del dualismo ontologico della Creazione, concludo la mia prima risposta; occorre tener conto che il concetto di un Bene qualsivoglia e/o di un Male qualsivoglia sono oggetti intellettuali, soggettivi, e dunque sempre falsi, fallaci, fuorvianti. Ciò che conta, invece e tanto più alla bisogna, è comprendere (mi ripeto, lo so: NON capire!) che in Creazione, il navigante DEVE fare i conti con la doppia realtà; non se ne scappa, né se ne potrebbe mai scappare (se non tornando una volta per tutte a fondersi nella Hylé; ma se non si riuscisse ad e-volvere (toh!) verso l’IGNOTUS entro le 13 vite, … pare, dicono, che si torna in prigione-senza-passare-dal-via!).

Il Bianco ed il Nero sono la substantia stessa del tessuto Spaziale (il tempo è solo uno strumento percettivo, del tutto locale), dove LUX trasferisce la potenza del Verbum; se c’è Bene, c’è Male. E versa vice, of course. Senza dubbio si può scegliere, al proprio meglio, DOVE camminare … quel che conta, a mio modestissimo avviso, è uscire dalla ‘massa sociale’ e incamminarsi solitari verso una destinazione alla nostra portata; ma liberi, liberissimi da qualsiasi fardello, sia esso intellettuale, culturale, iniziatico, religioso, e via dicendo … Lo dico perché il territorio dove alla fine potrebbe improvvisamente trovarsi il navigante è un locus dove nulla ‘funziona’ come pensiamo, come siamo stati addestrati, come speriamo. NULLA. Ovviamente, neppure le regole della Fisica valgono in quel locus: c’è un’altra Fisica con cui fare i conti, ben più semplice, basica, ma estremamente aliena alla nostra Mente. Occorre cimentarsi in un nuovo studio se si è interessati … a non tornare in Prigione!

Vedete, ricordo che Paolo disse (ma non ricordo ora ‘dove’ lo disse) che l’Alchimista non ha una Weltanschauung, intesa come una visione del mondo; in effetti, se è molto fortunato, potrebbe capitargli di vedere il mondo per quel che è, e non di avere una banale visione; ma, io credo, se esercitasse il proprio Giudizio nell’approvare o disapprovare un evento, un fenomeno, farebbe un errore tragico: perché, lo si creda o no, il mondo è ‘pensato’; da Dio?, da Buddha? dal Grande Ciaparche Verde? … e persino da tutti noi, e dico tutti? Ma, a ben vedere … che diamine importa sapere ‘chi è che pensa il mondo’?

Non sarebbe ben più interessante, e salutare, rendersene finalmente conto, ed accettare – con il sereno Love, Devotion and Surrender – di vivere liberi?… e con una meta?

Il problema della ‘destinazione’ è che il solo porsi tale problema è tutta fuffa, comoda, che ci para sempre il sederino: ponetevi una destinazione, che sia una vostra libera scelta, non lo scimmiottare chi viene additato Magister, o Influencer, o quello applaudito dal Consensus accademico: per favore, chinatevi sui libri, da soli, e cercate; con calma; camminando. Sempre. Imparate ad essere soli, e ad essere allo stesso tempo Fratelli, e non fratelli! Anche del diverso. Che cosa farete se incotrerete un abitante di Reticuli? Se parlerete di ‘tolleranza’ verso l’altro, le porte non si apriranno, mai.

Amor è la Forza che muove il creato tutto.

Nient’altro.

Una volta raggiunta la prima ‘destinazione’, non fermatevi più di tanto; un bicchier d’acqua (Solvente dell’Universo!), una passeggiata calma in un luogo ameno della Natura, e stabilite una nuova ‘destinazione’, con la medesima postura di cui sopra. Non fatevi ingannare dagli ‘altri’, tantomeno dal sottoscritto! … l’unica vera Maestra è Madre Natura, Materea. Procedete sereni, pian piano, studiando e trasferendo nella pratica le cose che avrete rinvenuto camminando … e-volverete. E così via. Lo spostamento del limite vi farà, nel tempo, camminare.  Sarete sempre più soli, ma sempre più assieme a Madre Natura.

Vedete, se qualcuno si cimentasse con la lunghissima riflessione (meditazione?) sulle conseguenze terribili del solo Principio di Indeterminazione di Heisemberg, o si interrogasse sull’affermazione di Einstein per cui ‘il mondo esiste perché qualcuno è in grado di pensarlo’ … chissà, potreste pian piano scoprire da soli l’unica Mappa utile per tornare a Casa …  

Così, dopo questo lungo pistolotto, che mi auguro almeno rischiari un po’ l’inizio di un cammino, torno a sottolineare l’importanza di ‘ciò che è all’interno della Massa’. Ho già detto e spiegato, fino alla noia, cosa sia la Massa (Sir Isaac Newton, Philosophiæ Naturalis Principia Mathematica, 1687, Definitio I); tale definizione DEVE esser letta in Latino e meditata per anni, allo scopo di studiar meglio, praticar meglio e raggiungerne una Comprensione; per anni, e anni. La Massa è quantitas Materiae, ma costituita (NON composta!) in un modo estremamente arguto, bizzarro; più che bizzarro. Dietro e dentro quella Definitio, viene svelato candidamente quel locus terribilis di cui ho parlato prima; lì, sta una delle porte più importanti della Creazione. E, per rispondere finalmente al quesito del Sig. Loris, nel cuore di quel locus, gli Alchimisti, se sono benvoluti (per usare un termine caro a Paolo; ma siamo tutti benvoluti, credetemi) possono … osservare tutto ciò che è da osservare! Non c’è nulla di magico, o di mistico, o di ermetico, o iniziatico che dir si voglia: è Physica, all’Opera ed in Opera. Punto. Per ovvi motivi, non mi è possibile parlarne.

Quanto alla seconda domanda: “… un Vulcano Lunare è una Luna arietina? Giacché il simbolo unisce, se acquisisse la concezione del simbolo la moderna scienza diverrebbe iniziatica?”. QUI.

Rispondo: … Uhm, doppio uhm; posto, con tutto il rispetto, che non conosco il suo livello di studio e/o di pratica alchemica, al suo quesito si potrebbe rispondere positivamente o negativamente; a patto cioè di intendersi. Il Vulcano Lunatico indica generalmente il Fuoco Segreto, eterno dilemma di chi inizia il cammino operativo. Le dico subito che qualsiasi elucubrazione della mente la porterà fuori strada. La faccenda è in realtà semplice; proprio perché la chiamo ‘faccenda’, intendo dire che è una ‘facienda’, vale a dire qualcosa ‘da fare’. Vi è insomma una ‘pre-parazione’. Per come ho camminato, mi permetto di riportarle il passo che precede quel riferimento al Vulcano Lunatico, tratto da Jean d’Espagnet, L’Ouvrge Secret de la Philosophie d’Hermez – 1651, al Canone 69, p. 310:

Or cette regeneration du monde fe fait par le moyen d’vn esprit de feu, qui defcend en forme d’vne eau, qui oste toute la tache, & le deffaut originel de la matiere; car l’eau des Philofophes est le feu mefme, laquelle est efmeuë, & efleuée par la chaleur du bain: mais prenez garde que la feparation des eaux fe faffe en poids, & mefure; …”.

Spero che lei parli un po’ di Francese, così da apprezzare – divertendosi – le indicazioni de Le Président, grandissimo Alchimista. In ogni caso, non è difficile: … e… sì, nel corso del tempo, si dovrà cimentare con il Francese e soprattutto il Latino.

Il passo si riferisce ad un procedimento operativo piuttosto avanzato, e si sta parlando, come vede, dello Spirito Universale, uno spirito di fuoco che discende in forma d’acqua … si noterà che d’Espagnet implica – qui senza dirlo – che quello Spirito sia stato canonicamente attirato … quando? … a lei rispondere; se avrà ben studiato le due opere di d’Espagnet ne trarrà senza dubbio preziose indicazioni; le quali, tuttavia, debbono poi essere messe alla prova manuale, in Laboratorio. Più e più volte. Come consiglio spassionato, personalmente diffiderei non poco del passo di Grillot de Givry, che era un occultista, e non un alchimista. Però faccia lei, no? …

Sulla Luna arietina, … sorrido. Mi permetta di non risponderle, per il momento.

Quanto alla questione del Simbolo, che secondo lei ‘unisce’ … personalmente ho seri dubbi. L’Alchimia, come altre Arti, ha sempre fatto larghissimo uso dei Simboli: ma ciò ha fatto sì che chiunque si sentisse in diritto di affermare tutto ed il contrario di tutto; si è insomma verificata una Separazione, e non certo un’unione, né tantomeno una COMPRENSIONE, che scaturisce solo dal sottoporre una Teoria alla Sperimentazione. Il Simbolo vale poco se non si è prima studiato in modo assiduo, audace e libero su testi ottimi (pochi, sa?) e poi – almeno – iniziato a confrontarsi con la manualità e l’operatività. Alchimia si ‘fa’ con le mani, non con le elucubrazioni e le parole di quelli che fanno i maestri ma non si sono mai abbassati, come il contadino, sulla terra. Naturalmente, non mi riferisco a lei …. Ma ai tanti, tantissimi, troppi, che nei secoli si sono proclamati portatori di verità.

Se poi, come lei chiosa, la ‘scienza’ possa mai diventare ‘iniziatica’ … beh, le dirò: … spero proprio di no! La Scienza è già sin troppo ricca di troppi Dogmi, che la ammantano di inesplicabili meraviglie (in genere false) e di assoluti non-sense. Occorre Conoscenza, ma quella beninteso oltre il confine, al di là delle Colonne d’Ercole … e se poi ci mettessimo pure delle’ iniziazioni’, … oh, mamma mia … sarebbe la fine di ogni speranza! Ovviamente, questa è solo la mia opinione. Di più non posso e non intendo dire.

Grazie per la pazienza nel leggere …

A bientôt, Monsieur …

Bourges – Hôtel Lallemant, le due Colonne

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Saturday, November 5, 2022 by Captain NEMO

Riprendo il piccolo viaggio all’interno della Chapelle/Oratoire dell’Hôtel Lallemant: alla metà esatta della sua lunghezza si trovano due colonne, due piloni, due montanti, l’uno di fronte all’altro.

La loro posizione – a dividere esattamente i 30 Cassoni in due serie di 3×5 – evoca il punto, il momento dell’Equilibrio, una sorta di bilancia, e dunque un perno del lavoro: sia esso letto in modo architettonico/estetico, sia in modo alchemico/operativo, un perno è generalmente considerato un elemento di “capitale” importanza, come i due diversi capitelli che sormontano i due piloni; paiono speculari, ma un araldista li canterebbe ‘affrontati’…

Prima di iniziare, credo valga la pena notare che l’etimo del Latino ‘columna’ proviene da ‘còlumen’, ‘cùlmen’, ad indicare il culmine, la parte ‘più alta’ di qualcosa (in questo caso, architettonicamente parlando, il soffitto della piccola stanza); significativamente, il termine è legato alla radice ‘Kal’ (sanscrito ‘c’arami’), per ‘muovere’, ‘porre in movimento’, ‘spingere’; da cui deriva anche il termine Latino ‘cèllere’ per ‘muoversi’, che a sua volta genera ‘ex-cèllere’ per ‘sovrastare’, ed anche ‘celsus’, per ‘alto’, ‘sublime’; la radice sanscrita simile ‘çal çval’ indica anch’essa ‘muoversi’, con il senso di ‘alzarsi’, ‘muoversi verso l’alto’.

Con questi significati ben fissati in mente, vediamo di che si tratta, e leggiamo Fulcanelli nei due passi de Il Mistero delle Cattedrali, nell’ottima traduzione di Paolo Lucarelli:

… deux piliers carrés accotés aux murs et creusés sur leur face de quatre cannelures.”.

… due pilastri quadrati appoggiati al muro, con quattro scanalature scolpite di fronte.

[Fulcanelli, MdC – p. 285]

La Colonna di destra:

Quello di destra, rivolto verso l’unica finestra che illumina questa piccola stanza, porta tra le volute un cranio umano posto su una mensola di foglie di quercia, dotato di due ali. Traduzione espressiva di una nuova generazione, nata da quella putrefazione consecutiva alla morte che avviene nei misti quando hanno perso l’nima vitale e volatile. La morte del corpo lascia apparire un colore azzurro scuro o nero, tipico del Corvo, geroglifico del caput mortuum dell’Opera. È il segno e la prima manifestazione della dissoluzione, della separazione degli elementi e della futura generazione dello zolfo, principio colorante e fisso dei metalli. Le due ali sono state poste per insegnare che, con l’abbandono della parte volatile e acquosa, si realizza la dislocazione delle parti, e la coesione è spezzata. Il corpo, mortificato, cade in cenere nera, dall’aspetto di polvere di carbone. Poi, sotto l’azione del fuoco intrinseco sviluppato da questa disgregazione, la cenere, calcinata, abbandona le proprie impurità grossolane e combustibili. Nasce allora un sale puro, che la cottura colora poco a poco e riveste dell’occulta potenza del fuoco.”.

[Fulcanelli, MdC – p. 285-6]

Questo passaggio magnifico non necessita di alcun commento; da solo, basta e avanza per la perfetta comprensione prima e la giusta direzione dei lavori di Laboratorio poi. La putrefazione è la chiave di volta della nuova generazione; e quel teschio, quel cranio, oltre al suo aspetto apparentemente lugubre, o al suo simbolismo ermetico (a mio umile avviso spesso oggi troppo appesantito da simbolismi e significati un tantino fuorvianti che mancano di Lumière in chi li propone ai neofiti), è posto proprio al culmine dell’elaborato capitello. A proposito della Lux e di quel cranio che troviamo in moltissime opere letterarie, in sculture e dipinti, trovo divertenti un altro paio di innocui – ohibò – passaggi, tratti da uno scritto di Grasset d’Orcet, che Canseliet indicò come un ispiratore della Cabala Fonetica proposta da Fulcanelli; nel primo, l’eruditissimo personaggio parla dell’antica scienza dei costruttori (maçonnerie) [1]:

“… dal filo a piombo e dal cranio (crâne [2]), insegna, tanto presso gli antichi come i moderni, del grado di maestro o terzo grado, rappresentato sulla colonna Greco-druidica di Cussy dal Chirone greco dalle mani legate. Lo ritroviamo nel Poliphile sotto forma di un unicorno (licorne), ed ho raccolto nelle chiese d’Italia dei campioni di grimorii funebri composti da un giglio (lys) e da un cranio (crâne). In greco, chiron significa prigioniero; la traduzione moderna di licrane è lié à la chair (lié carn in vecchio francese). [3]

[Grasset-d’Orcet, La Preface de Poliphile – 1884, p. 58]
[Colonna, Hypnerotomachia Polyphili – 1727, p. 168-9]

Dopo questa breve escursione nel magico mondo della Langue des Dieux, ritorniamo al punto: come sappiamo, Étienne Lallemant, fratello di Jehan l’aîné e di Jehan le Jeune, si fece preparare il suo Livre des Heures; oltre alle numerose decorazioni con Angelots e Merelles, troviamo – in corrispondenza della parte riservata ai Vespera – due crani, uno dislocato ed uno intero:

Il filatterio recita ‘Memento mori’: il tema è naturalmente famoso, ed è stato usato in centinaia di rappresentazioni d’arte; tra esse vi propongo due curiosità:

[Philippe de Champaigne (sx), Memento Mori, Jean Morin (dx)]

Nel primo dipinto (a sx) si vede un vaso che ospita un tulipano rosso screziato, il Caput Mortuum e una clessidra.

Gli esperti affermano che il meno noto Jean Morin si sia ispirato a questo dipinto per realizzare questa sua incisione (a dx):

Oltre a notare l’inversione della posizione dei due oggetti che fiancheggiano il solito Caput, si vedono due nuovi oggetti: il primo, secondo alcuni esperti, sarebbe un ‘… costoso, segnatempo d’oro lavorato in modo intricato’.

Può essere, … però è curiosa la posizione delle supposte lancette (segna le 9:15 o le 14:45), no? … e se invece fosse una bussola, orientata verso il Caput? … Chissà. Il tulipano è stato qui sostituito da due rose, una in boccio (?), l’altra in fioritura ormai completa; sembra però che i due fiori, con un petalo caduto, indichino che il Caput ed i fiori siano tra essi legati, somehow; il testo sottostante recita ‘Quid terra cinisque superbis, Hora fugit, marcescit Honor; Mors imminet atra.’. Un alchimista potrebbe sorridere, un po’ come sembra fare quel crâne, … terra, cenere, e la nera morte (che, in questo caso non è la Morte Nera di Star Wars, che si chiamava Death Star!! … però, pochi sanno che nella serie le Death Star sono due …).

Prima di proseguire, segnalo al lettore curioso – gli Inglesi del ‘600 lo chiamavano il ‘Candid Reader’ – una piccola coincidenza: ecco come Charles Lutwidge Dodgson (aka Lewis Carrol) fece illustrare da John Tenniel il passaggio di Alice attraverso lo specchio:

[Lewis Carrol, Through the Looking-Glass – 1871]

Non trovate un po’ bizzarro che le due illustrazioni mostrino sulla mensola … proprio un orologio ed un vaso di vetro con dei fiori … ??? Come tutti sanno, uno Specchio provoca l’inversione, ed il soggetto centrale è Alice; continuando il gioco tutto eretico, pare che Alice derivi il proprio nomen dal sostantivo omonimo, che è naturalmente il pesciolino: la radice greca è Alikè (‘mare’), che a sua volta viene – anche questo lo san tutti – da ‘Als’, che è … ‘Sal‘; nell’Alto Germanico antico l’etimo è ‘Adalhaid’, che significa letteralmente ‘nobiltà’, ‘di nobile rango’: … un nobile sal … Mah!

Mi rendo naturalmente conto che il tutto ha il sapore di una vera follia, eppure … direbbe qualcuno. Solo un pazzo potrebbe immaginare che un sale possa mai provocare un’inversione (allegra, peraltro: … viste le facce sberleffe dell’orologio e del vaso al di là dello specchio?), servendosi di un teschio o di uno specchio, no? … quindi mi fermo qui, e chiedo a tutti scusa per aver impersonato, anche sol per un attimo, la maschera del povero Fou.

Proseguiamo; ecco qui un altro gioco grafico, dell’incisore fiammingo Cornelis Galle, il giovane:

Qui l’alchimista, oltre alla famosa frase, trova molto pane per i suoi denti: il titolo è ‘EXITUS ACTA PROBAT’, e il Caput dislocato, ma ‘laureato’ sfoggia una clessidra alata, poggiato su un libro chiuso da cui sembrano fuoriuscire due trompettesintralciate’, ma che emettono due fumi, attorniato da una pletora di paraphernalia [a destra, si vede il ‘vaso di vetro’ con le due rose di Jean Morin (sua moglie era fiamminga di nascita)]. Il titolo (che proviene dall’Ars Amatoria di Ovidio) viene generalmente tradotto come ‘Il fine giustifica i mezzi’, ma siccome tutto ciò di cui sto qui parlando ha in realtà un senso positivo, luminoso, e non cupo o tombale, preferisco immaginare che si legga come ‘Il risultato prova le azioni’ … compiute per raggiungere quel risultato. Dimenticavo: Clessidra viene dal greco Klepsydra, … da Kleptò e Ydor/Ydro, vale a dire ‘sottraggo/rubo acqua’.

La Colonna di sinistra:

Il capitello di sinistra mostra un vaso decorativo sulla cui bocca poggiano due delfini. Un fiore, che sembra uscire dal vaso, sboccia con una forma che ricorda quella dei gigli araldici. Tutti questi simboli ai riferiscono al dissolvente, o mercurio comune dei Filosofi, principio contrario allo zolfo, di cui abbiamo già visto l’elaborazione emblematica sull’altro capitello.”.

[MdC – p. 286]

Paolo traduce il francese ’flanquée’ usando il verbo ‘poggiare’; il termine si potrebbe anche tradurre come ‘fiancheggiata’, dato che è riferito alla ‘bocca’ del vaso; in questa lettura, il verbo indicherebbe anche una sorta di ‘aiuto’, con il senso di ‘aiuto protettivo’. Poi, oltre alle ragioni estetiche, ci si potrebbe chiedere perché lo scultore abbia raffigurato proprio dei delfini. Oltre ad essere un pesce, un Dauphin è il figlio primogenito di un Roi, di un re; la scultura mostra due Dauphins, i quali sono ‘poggiati’ o ‘fiancheggiano’ la bocca del vaso, e paiono piuttosto legati/interessati al fleur che sorge con la forma di un Lys, il Giglio di Francia; il fleur-de-lys appartiene alla famiglia degli Iris, che assomiglia (ma non lo è, propriamente parlando) al Giglio. Sarebbe oltremodo lungo parlare dell’origine del fleur-de-lys nella storia di Francia, ma l’histoire parla di un vecchio eremita che ricevette un drappo blu ornato di tre Lys-d’or da parte di un angelo, che l’eremita a sua volta donò a Clovis, che lo adottò come la sua Arma araldica: il nomen Lys deriverebbe da quello del fiume che attraversava la regione (che poi venne chiamata Flander, la Fiandra) nella quale si erano stabilite le prime tribù Franche, prima che entrassero nella Gallia.

Le armi di Francia e Provenza sono dunque: Azure, 3 fleur-de-lis or (dal 1376)

A questo punto, leggiamo il celebre e caritatevole passo di Eugène Canseliet:

“Quanto al fleur de lys, esso è il simbolo dell’art royal per eccellenza, perché mostra, nel suo mezzo, la punta che fa scaturire l’onda viva e pura dalla roccia. Al primo capitolo delle sue Mémoires, particolarmente impregnate dell’ermetismo che ne ha tessuto la trama e che traspare chiaramente, Frédéric Mistral fece questa interessante considerazione:

«Si deve anche ritenere che i fleurs de lis d’oro, armi di Francia e di Provenza, che brillavano su campo d‘azzurro, non fossero che fleurs de glais (gladiolo): “fleur de lis“ (fiordaliso) viene da “fleur d’iris” perché il gladiolo è un iris, e l’azzurro del blasone rappresenta bene l’acqua dove cresce le glais.».

Il félibre conferma dunque l’idea dell’acqua e del mercurio, che suscita il fleur de lys, e che sostiene, dal punto di vista della cabala, la fonte fonetica e iniziale: Glai e glaïeul (Gladiolo). Vocaboli che incontestabilmente provengono dal greco γλαιόϛ, glaios, eolico, per γλοιός, gloios, humeur visqueuse, boue (fango). Troviamo, nell’antico francese, il sostantivo glaie, che designa la boue (il fango).

Evidentemente, l’etimologia latina che scelsero i celebri lessicografi Emile Littré, Auguste Brachet  e Jean Scheler, è valida:

Gladius, gladiolus – glaive o spada, piccolo gladio o piccola spada.

Le due cabale, greca e latina, si completano per spiegare compiutamente il simbolismo del fleur de lys.”

[Eugène Canseliet, Due Luoghi Alchemici, pp. 135-6]

Come Paolo avverte nella relativa nota a piè di pagina, il gioco cabalistico e fonetico qui proposto deve essere ben ponderato.

Ora che la vicinanza tra il Gladiolus/piccola spada ed il Giglio/fleur-de-lys è stata stabilita, ricordando che per Grasset d’Orcet il giglio in Licarne significa ‘lié’, cioè ‘legato’, e che forse il tutto pare legato al termine ‘Lumière’, l’apparente confusione dovrebbe essere più chiara; e come non ricordare anche il famoso Lilium che cresce nelle ‘convalli’ (qui)? Philalethe, con perfida onestà, ne ha parlato bene in qualche sua opera; e Fulcanelli sottolinea che la forma del fiore che sboccia su questo capitello ricorda, per l’appunto, quella dei lis héraldiques.

L’héraut … annuncia.

Dobbiamo adesso concludere questo piccolo studio su questo punto-d’Equilibrio del soffitto della Chapelle/Oratoire dell’Hôtel Lallemant; ancora una volta, Fulcanelli stimola l’attenzione dello studente-studioso:

Alla base di questi due sostegni, una larga corona di foglie di quercia, attraversata da una fascia decorata con le stesse foglie, riproduce il segno grafico che corrisponde, nell’arte spagirica, al nome volgare del soggetto. Corona e capitello realizzano così il simbolo completo della materia prima, il globo che si rappresenta in mano a Dio. a Gesù e a qualche grande sovrano.”.

[MdC – p. 286]

et voilà, les jeux sont faits!

Come è di regola, nella letteratura alchemica ciò che è messo troppo in chiaro è in genere un piccolo inganno … se il ‘segno grafico’ spagirico è ovviamente quello del Salnitro, chi avesse ben compreso da dove Fulcanelli è partito e dove va a parare (in termini di Arte Alchemica e di Philosophia Naturalis) ricorderà che spesso si parla di “Una Res, Una Via, Una Dispositione;

ergo, … temo che di altro SAL qui si parli.

Alla prossima, Dames et Messieurs !


[1] Sarebbe estremamente lungo esporre il punto di vista di Grasset d’Orcet a proposito della maçonnerie; a suo modo di vedere la ‘scienza dei costruttori’ era di esclusiva origine Greca, Come si sa, l’erudito era un rigidissimo sostenitore del ruolo dell’antico idioma dei Galli, il Gaultique (derivato dal Greco, ma declinato, letto e parlato secondo le antique lingue Occitane, Provenzali, Piccarde, etc.). e il Poliphile è “… così come lo indica il suo titolo, la grammatica o il grimorio di San Gilpin (la grammaire o le grimoire des disciples de saint Gilpin), o, più esplicitamente, la grammatica di San Jean Glypant.” San Giovanni viene qui detto ‘Glifante’ perché ‘incide’, ‘segna’, ma con l’intento di ‘rappresentare’, come un ‘glifo su una pietra preziosa’. L’Apocalisse, viene vista da Grasset d’Orcet come ‘un trattato di glittica cristiana in lingua greca’; ed i ‘Gilpins’ consideravano san Giovanni (nella sua funzione di ‘Glifante’) come il ‘loro antenato e d il loro fondatore’. Il perno fondante di tutte le confraternite di costruttori antichi (secondo l’eruditissimo amico d Fulcanelli, gli unici e veri ‘maçons’) è dunque il san Giovanni, ma Glifante, di cui si deve e si può parlare usando esclusivamente le antiche lingue romanze, che costituivano il linguaggio popolare dell’antica Gallia. La Framassoneria francese, di epoca ben più tarda, ha ereditato in qualche modo talune ‘grammatiche’ antiche, ma in assenza del padroneggiare del Greco antico e dell’antica Langue Diplomatique, il senso ‘glifato’ di quegli scritti ed opere d’arte, il loro vero senso ‘nascosto’, resta del tutto celato sia all’ascoltatore, che al lettore, che all’osservatore. Ovviamente, Grasset d’Orcet apprese il Greco antico durante la sua permanenza in Grecia, durata quindici anni, e Rabelais era per lui ‘il solo che, nel suo famoso capitolo sullo stomaco, abbia provato che possedeva un pieno intendimento dell’identità delle dottrine gouliaresques o gaultiques con quelle di Platone.’, le quali erano un’eredità trasmessa dagli antichi druidi.

[2] Il termine crâne, oltre a significare teschio o cranio, può anche indicare aver coraggio (brave), oppure bravata (bravoure).

[3] Qui Grasset d’Orcet inserisce una nota: “Tuttavia il suo geroglifico più verosimilmente maçonique è una lucarne o finestra, e questo grado corrisponde al terzo evangelista Luca, forse vuol dire lumière?”. Lucarne, il nostro ‘lucernario’, si chiamava anticamente ‘lucerna’, per cui il passaggio fonetico Luc-Lux-Lumière è evidente; personalmente, trovo che Grasset d’Orcet sia stato – forse – un po’ più di un eruditissimo amico di Fulcanelli.

Madame Lune

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie with tags , , , , , on Monday, June 6, 2022 by Captain NEMO

Luna, Luna delle mie brame,

Sei la più bella del Reame!

Titolo senza parole …

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , on Friday, October 15, 2021 by Captain NEMO

Il mio amatissimo Fratello Fra’ Cercone è partito verso il suo Viaggio nella Lux.

Pochi giorni fa, l’11 di Ottobre del 2021, poco dopo l’alba, in Luna Crescente, sotto la dolce brezza mattutina del Nord.

É mio Fratello: della Fratellanza di schiatta antica, quella che non sa che farsene di paraphernalia, gradi, gadgets e ammenicoli vari, quella che non è di questa prigione dorata, perché qui non è nata. La sua decisione nel partire è stata drastica quanto repentina, e ha lasciato senza fiato i pochissimi che ne conoscevano il Cuore, profondo, gentile, allegro, sornione e – soprattutto – pieno d’Amor. Da giorni nuoto nel vuoto, una grande assenza riempita da una sua maggior presenza. Intima e segreta. So che ora è molto impegnato, occupato com’è a riabbracciare chi lo ha sempre sorretto, protetto e guidato verso le sue scoperte straordinarie, tra amici veri e compagni d’arme, e di viaggio. Ragion per cui chiedo scusa se resterò in silenzio, senza comporre canti, senza suonare. Fra’ Cercone sta bene, meglio di come un Cuore come il suo poteva stare in questa società fatta solo di avidità, di ignoranza delle cose Celesti, di sciatteria, di arroganza; e di mancanza di coraggio, tanto nella vita di ogni giorno che nella Queste più nobile ed antica. Una Queste nata prima del Tempus ingannevole, inesistente, una Queste che ovunque si muove lungo il flusso del Campo della Creazione. Tu sai che ti sarò ovunque vicino, e tu sarai vicino a me; legati come siamo da un Vincolo che mai potrà essere spezzato: ce lo siamo detti una notte di stelle, tanti, tanti anni fa. Ridendo come due bambini. Promessa che non ha bisogno di giuramenti, comme-il-faut tra Fratelli di quella Fratellanza; una promessa che non vive nel Tempus, perché scorre cristallina lungo lo Spatium.

Mentre tutto si muove verso il mutamento di fase, come previsto, debbo far sapere a chi legge che si è voluto mantenere un semplice quanto assoluto riserbo: la Famiglia, mani nelle mani, ha scelto di nulla dire in giro, così come Fra’ Cercone avrebbe senza dubbio voluto. Non ci voleva granché per rispettare il silenzio di chi desidera chiudersi nella riflessione, nel ricordo, nella cura, nell’Amor: eppure, qualche vero genio dell’ineducazione, della sciatteria più tipica di questo mondo malato, ha scelto di vestire i panni dell’annunciatore, sui malsani Social. Senza vergogna, senza rispetto per i suoi cari, come è scontato. Chi davvero conosce Fra’ Cercone sa quanto non ami queste uscite; ma avrà scrollato le spalle, dicendo ‘… ma che t’aspetti da quelli? Nun sanno manco ‘ndo sta er Cielo, persi come sono a cerca’ i centesimi in mezzo ar fango …’. Così, scrollerò anch’io le spalle: Mundus transit et concupiscentia eius.

Perdonatemi se non abiliterò i commenti in questo mio piccolo Post.

Caput Anuli, 2021 … Auguri a tutti!

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , on Friday, January 1, 2021 by Captain NEMO

Inizio il nuovo anulus – dopo il vecchio, pesantissimo anulus – tentando di spiegare come spezzare l’anulus; gli anglosassoni, maestri di trappole azzardate ma efficaci, consigliano di formulare la New Year’s Resolution; che noi latini, comodi e paciosi, trasformiamo sempre in meno pericolosa, rassicurante sperantia. Bah … temo che se non si prende coscienza vera del fatto che un anulus fatto di ciò che chiamiamo tempo – di un tempus che non ha cittadinanza alcuna nel meccanismo maraviggioso della Creazione continua – sia il peggior errore che si possa compiere nei confronti del dovere di allineamento e di sincronizzazione con l’unico clockwork che sempre agisce: il divenire, punto e basta. Dove divenire, al di là delle solite baloccanti definizioni dei dotti salottieri d’ogni dove e credo, significa (non soltanto indica) che è indispensabile mutare. Quando? Sempre. Quanto? Tanto quanto Natura muta.

La chiave di volta degli Universi è il cambiamento, continuo, incessante, spessissimo radicale. Scopo? … nessuno. I motori nucleari delle Stelle hanno scopo? Traggono forse una qualche utilità vantaggiosa dal loro continuamente macinare Neutroni, Protoni e quant’altro nelle loro fucine che persino Efesto osserverebbe con smarrimento? Smarrito perché si accorgerebbe che Stella non macina materia per atteggiarsi a padrona del Fuoco. Efesto, Efesto, … che figura ci fai, tu che ti ergi a dio delle folgori per restituire la pariglia a Zeus, il capo? Bah … Ovviamente, dal Mito i cosiddetti saggi – che sarebbero quelli che dovrebbero pararci le amatissime posteriora dai pericoli e dalle sciagure – ci passano l’idea che uno scopo deve essere inteso – by definition, tanto scellerata quanto funesta – come controllo, che si unisce automaticamente all’ancor più vantaggioso potere. Il qual potere tutto l’orbe terraqueo – da millenni – lo ha attribuito alla classe di eletti che gubernano le varie imbarcazioni dove dimorano le varie tribù che affidano i propri destini ai capi di turno. Così, sono sempre i capi ad essere tacciati di inettitudine, incapacità, malvagità, insipienza, e tutta la carrettata di epiteti negativi che conosciamo bene. E noi? E noi che veniamo trasportati? Siamo sempre salvi: la colpa non è del singolo, non è mai mia, ma sempre del gruppo al potere in quel momento dell’anulus: il fatto è – p e r ò – che anche chi subisce il fato funesto fa parte di un gruppo, formatosi in base a: religione, politica, comunanza di idee, condivisone di credenze e scopi, e via dicendo.

Oggi, se si osserva con calma quanto accaduto nel corso del vecchio, pesantissimo anulus – lo sfigatissimo 2020, bisesto – si vede quanto surreale ed idiota sia quel che accade: grazie al nuovo deus che abbiamo eletto per acclamazione e per inetto scimmiottare una libertà di cui abbiamo dimenticato la definizione originale – il mondo dei Social. Ora, persino chi ha una qualche ragione (sia esso di qua, o di là) spara a zero con paroloni costruiti in base al ciarpame raccolto – buono e cattivo che sia – contro il nemico; così, invece di trovar soluzioni comuni e utili al divenire di Madre Natura (con cui ci dovremmo sintonizzare, somehow) e tornare ad essere Fratres (Nota: ad essere, non a dire di essere!), abbiamo creato un pout-pourry nauseabondo, flaccido, sterile, violentissimo, di opinioni, in cui – p e r ò – l’anatema contro l’altra sponda è diventato il ritornello assordante di una libertà che tale non è più, bensì la faccia spaventosa del massimo egoismo, della massima ineducazione, della massima divisione, della massima separazione, della massima frattura delle idee, del massimo spezzare il comune tessuto con cui siamo collegati; è una distruzione di ogni valore, di ogni idea, di ogni comunanza. Prima viene la mia idea, la tua fa schifo, e – prego, leggete i Social – si arriva a dire che l’inimicus – sia esso bianco o nero, saggio o stupido, grande o piccolo – ‘deve morire’. Barbarie?… no, ben oltre la barbarie siamo andati in quest’anulus vecchio: ogni posizione puzza di contrapposizione tanto per spararla più grossa, tanto per apparir ‘bravo’ (meglio: tanto per apparire, e basta), in un’orgia di stupidità e altezzoso scorno dell’altro. Fratres. Bah …

Dice: ma ‘sto pistolotto … che c’azzecca con Alchimia? Provo ad arrivarci, ma abbiate pazienza, perché oggi è il Caput anuli, e vado lento e piano.

Ad horas:

  1. Alchimia è una Scienza costituita per prima studiare e poi operare il modo con cui Madre Natura diviene, cambia, muta. Come detto, essendo intimamente collegata alla Materia Naturalis, non vi è alcuno scopo, soprattutto se fosse per controllare e esercitare qualsiasi forma di potere sopra qualcuno.
  2. Alchimia, nella sua forma antica ed originaria educa a considerare ogni essere come parte non egotica di un medesimo processo evolutivo, e conduce lo studioso e l’operativo verso una perfetta e Naturale consapevolezza del flusso in mutamento, messo in opera da Madre Natura secondo il suo progetto.
  3. Le modalità con cui il flusso mutante della Natura si esprime nel corso della sua azione sono semplicissime, per quanto – paragonate alla nostra scala umana – estremamente potenti; Natura, infatti, opera su una scala dove l’aggettivo enorme è del tutto insufficiente. Si parla – ed è la verità – di una Forza, in atto.
  4. Questa Forza, è la ‘forza forte di ogni forza’. Punto.
  5. Tale Forza ha un portatore (un Carrier), che ha ovviamente massa, intesa – p e r ò – come Newton scrisse enigmaticamente nel Capitolo I dei suoi Principia: lo Spirito Universale.
  6. Questo Spirito non ha nulla a che fare con le interpretazioni bislacche – ma soprattutto, false – proposte dallo Spiritismo e dalla Mistica e dai vari totem tribali seminati qua e là dai dotti che hanno irretito, per secoli, la nostra umanità stolida. Questo Spiritus, è detto Universale perché esiste ovunque e quandunque, e se ne frega altamente se uno ci crede o meno: esso, semplicemente, svolge il proprio compito di portatore di quella Forza di cui sopra; agisce, senza dover chiedere permesso, senza chiedere di venir adorato, senza esigere sacrifici propiziatori, o patti, o ricompense, o giuramenti. Lo Spirito Universale ‘È’. Ed ha una massa. Punto.
  7. Allorché lo Spirito Universale entra in un Corpo massivo (sia esso infinitesimo o gigantesco), quella ‘forza forte di ogni forza’ entra a sua volta in azione, attivando il mutamento previsto. Ma: solo per quanto reso possibile dalle condizioni fisiche, sia del corpo agito, che di quelle al contorno. Allo scopo di ospitare questo tipo di azioni, la Fisica nostra corrente, ha ideato il termine Campo, una sorta di tessuto, fatto di ordito e trama. Sarebbe utile indagare su questi due, ma non voglio annoiare.
  8. Il senso – non lo scopo – di ogni mutamento è quello di progressivamente pulire (purificare) la struttura intima della materia del corpo massivo in mutamento, arricchendolo al contempo sempre più di Qualità, a scapito proporzionale della Quantità del corpo stesso; lentamente, ‘suaviter, magno cum ingegno’, recita un famoso testo. In parole povere, la vita del corpo si eleva – Naturalmente – e la componente materiale necessaria al corso vitale si adegua a quanto realmente necessario all’esistenza. Questo processo sulle Qualitates e le Quantitates del corpo non richiede azioni da parte del corpo, se non quelle di accettare il proprio destino, amorevolmente agito da Madre Natura attraverso lo Spirito Universale, grazie a quella Forza da esso portata.
  9. La vita di ogni corpo massivo progredisce dunque verso la propria massima purificazione possibile, e verso la minima ponderalità possibile: al termine, il corpo ‘passa’ a nuova dimensione di esistenza.

Per esemplificare quanto stabilito ed agito da Madre Natura, i pochissimi alchimisti che hanno penetrato l’intimo di questi processi che avvengono in ogni materia, hanno spiegato come si possa tramutare – per esempio – il piombo in oro.

Ma, anche l’oro – ad un certo punto della sua ‘carriera’ – ‘muore’. Ma, e questo viene detto e ripetuto da tutti i testi alchemici di valore, alla ‘morte’ di qualsiasi ‘forma’ corrisponde immantinente la ‘nascita’ di una nuova ‘forma’; d’altro canto le maggiori Qualitates e le minori Quantitates necessitano di un nuovo ‘substat’. Quest’ultimo è sempre disponibile, e viene amministrato in modo provvido e mirabile da Madre Natura, senza il limite di ciò che chiamiamo spazio e di ciò che chiamiamo tempo.

La morte, dunque – intesa come annichilimento, scomparsa, annullamento – non esiste, e non c’è da aver timore. Mai. Persino al termine del lunghissimo ciclo della vita in manifestazione, il corpo – quello al massimo possibile della propria purezza, ed al minimo possibile della propria ponderalità – cessa di ex-sistere, ma passa – sembra – a qualcosa che potremmo chiamare come in-sistere: appartiene ad una dimensione fisica, ma di caratteristiche talmente semplici ed espanse che il nostro raziocinio può soltanto immaginare, forse esprimibili solo in forma poetica. La Poiesis dell’Amor che muove il Sol e l’altre Stelle.

Tornando alla mia New Years’ Resolution: in quest’ottica, appare crudo e nudo lo stridore di quanto sta accadendo all’umanità tutta, ricca o povera, bianca o nera, gialla o rossa, progredita o arretrata, sia che stia di qua o stia di là; qualcosa, a mio avviso, non torna, non funziona, non serve, non è affatto utile; leggo messaggi assurdi, leggo parole allucinanti, guardo eventi totalmente folli, ben oltre ciò che potrebbe essere imputabile ad una malattia, dove l’importanza viene data soltanto al proprio personale ‘aver ragione’. Sottolineo che questa mia percezione riguarda tanto i cosiddetti ‘cattivi’ che i cosiddetti ‘buoni’. Credo che si stia perdendo sempre più la ‘bussola’. La Stella del Nord indica in nostro Nord, ma è solo un orientamento locale, nulla di più.

Dice: … ma come, non hai fiducia nella Scienza, nella Politica, nella Religione, nell’Esoterismo di gran Classe e Patente, e tutto il variegatissimo resto che popola il mondo affaticato? Rispondo, a c c o r a t i s s i m o: nessuna.

L’uomo ha già compiuto, nei secoli precedenti, le stesse atroci scelte di separazione, distruzione dell’altro: e gli storici – i cronachisti dello scempio compiuto dai nostri predecessori – hanno sempre trovato una qualche ragione che desse conto degli stermini, delle violenze, dei soprusi, degli abomini, dei confronti accaduti: la ragion di stato, la ragione del progresso scientifico, la ragione della mia religione contro la tua, la ragione del più forte rispetto al debole, la ragione dell’io sono meglio di te. E giù tutto il carrozzone …

Confesso di esser stanco. Molto stanco di dover accettare altri scempi. Altre separazioni, altre azioni nefande. Altre cose in stridentissimo contrasto con Madre Natura.

Persino tra chi studia e pratica Alchimia percepisco posture lontane dall’etica Naturale. Non parliamo poi della Fratellanza.

Ergo, anche per motivi spicci che attengono al mio pezzetto di percorso del ciclo, proverò a preparare meglio la mia valigia: leggera e piena di cose che spero utili al passaggio a Nord Ovest, verso nuovi mari e nuove terre: ci vorrà qualche tempo, e molta forza. E molto Amore.

Mi auguro di trovar o ritrovar compagni, Fratres, in questo percorso. Chissà. Ho avuto l’immensa fortuna di poter studiare Madre Natura, e di poter vedere, at last, il cuore pulsante di quello Spirito Universale, in atto; in un modestissimo laboratorio alchemico. Ho pianto di gioia. Il richiamo verso Casa è irresistibile, perché  – purtroppo – non siamo riusciti a custodire la nostra casa. Per cambiare, servono azioni concrete, fatte con le mani e con il cuore, non parole. Il rumore agghiacciante delle parole – e dei pensieri d’ogni sorta che anneriscono l’aere e le anime di ogni vivente su Terra – è oltre ogni soglia di decenza, a mio avviso: il nostro prossimo futuro è mettere il naso fuori dal nostro Sistema Solare, per abbracciare chi è già ‘passato’, e chi non conosciamo. Vi saranno pericoli, senza dubbio, perché la nostra etica non corrisponde alla scala dell’Etica posta in atto ogni istante da Madre Natura: ma non importa. Spero solo che qualcuno – con il suo modo ed il suo tempo – non perda mai l’occasione di incontrare la Dama del Bosco, la nostra Diana; e di seguirla con fiducia e semplicità d’animo, con immensa disponibilità al cambiamento. Occorre cambiar vita nel nostro fuori e nel nostro dentro. Nei fatti, e non più con le solite parole. C’è ben altro nel Bosco di quello che ci hanno raccontato. Molto di più, ben più maraviggioso, molto più Fraterno, molto più Amorevole, molto più di chi parla di fratellanza e di amore.

Alchimia è meravigliosa, ma anch’essa è stata usata talvolta per imporre regole di accesso e di credo e di controllo. Me ne dispiace.

Conoscere è il nostro destino, e praticare quel Conoscere per esser più Fratres e più Innamorati è un dovere.

Come mio piccolissimo dono augurale per questo Caput Anulis, vi invito a viaggiare con gli occhi e con un pizzico di fantasia lungo un pezzettino della nostra galassia, la Via Lactea; si tratta di una rappresentazione elaborata su scansioni tridimensionali di solo una fetta della nostra Galassia, dove ogni ‘puntino’ luminoso è una Stella, di cui gli astronomi hanno potuto – uno per uno – dare le tre coordinate. QUI, scaricate, se volete, l’intero file-immagine (è grossetto: 58.15 Mb), e riportatelo alla sua dimensione naturale (8000x4000px).

Poi guardate, osservate, scorrete con il mouse: ci sono 1.811.709.771 Stelle, con 14.099 Sistemi Solari, non è una rappresentazione al computer, è una foto dell’esistente, di materia in evoluzione; è il panorama che si offre alla vista fuori dalla nostra finestra. Scorrete, pian piano, e apprezzate quanto è spropositatamente immensa la Creazione; rendetevi conto di come questa Creazione, pur locale, è in corso mentre la guardiamo. Tutto si muove, tutto cambia (il nostro sistema Solare, piccolo piccolo piccolo, e in una posizione periferica in uno dei bracci della Via Lactea, ruota attorno al centro della galassia con una accelerazione di circa 7mm al secondo, che – se non vado errato – equivale a circa 220,752 km in un nostro anulus …).

Riflettete, poi, che quel panorama è un pezzetto della nostra galassia, la quale è una minuzia piccola piccola piccola del nostro Universo.

E noi, che fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza … ancora siamo qui a dire quanto si sbagli l’altro. Con balanzonici distinguo.

Non sarà che ci stiamo sbagliando, tutti?

Paolo, lo Stregatto …

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Various Stuff with tags , , , , , on Tuesday, July 14, 2020 by Captain NEMO

Caro Paolo,

è passato un altro anno: tutto procede verso il basso, come da programma. La sensazione generale di disagio ha permeato persino chi dice di amare Alchimia. È uno spiacevole sentire, ma – d’altro canto – l’uomo ripete sempre i medesimi errori. Sempre. Perennemente. Criceti in gabbia, ignari della realtà, e felici del girare in circolo nella gabbia dorata. E va così., giro dopo giro …

Paradossalmente, in questi tempi contagiosi e appiattiti, Madre Natura ci ha regalato una stagione straordinaria, ricca di Spirito Universale e di Forza. Fantastico. Erano anni che non succedeva. La Bilancia  cerca sempre Equilibrio.

Se il cuore mio è felice per le meraviglie che – grazie a te – vado scoprendo, lo è meno per l’apatia che osservo nei giovani: il sottile e mellifluo veleno dell’assuefazione rende tutto piatto, noioso, e quasi nessuno, ormai, sente il richiamo delle Stelle. Eterne. Ci sarà sempre tempo per le Stelle, che vivono il tempo e abitano lo spazio. Profondo. E il tempo dell’uomo è così breve. Mi piacerebbe che i giovani si rendessero conto della incredibile opportunità che Madre Natura, provvida e amorevole, sempre offre a chi scelga di porre la domanda di Parsifal. Ma so che è ben difficile sfuggire al torpore predisposto ed orchestrato da chi vuole impedire che l’uomo acceda alla Conoscenza. Confido che qualcuno possa farcela. Non tocca a me spingere. E continuerò a fare del mio meglio per tentar di fare, almeno in parte, quel che tu hai saputo fare.

La Joie che Madre Natura offre, ogni giorno, ogni notte, è scritta nelle tenere nuvole rosa del tramonto, e nei dipinti delicatissimi dell’alba. Ma per cogliere l’alba, devi esser passato per la notte. Luna è lì, forte e muta, ma parlante. Sveglio, a giocare il gioco dei bimbi con il Fuoco e l’Acqua. Nonostante tutto sembri remar contro. Vecchi giochi, antichi giochi, per vecchi bimbi. Innamorati. Vuoi giocare a nascondino con me? … Quanto mi manca il tuo sorriso, Paolo. La tua arguzia, e quegli occhiali abbassati sulla punta del naso. Sono contento di aver mantenuto aperto il nostro canale, la nostra radio: non so quando squillerà Campanellino, e faccio di tutto per aiutare – come posso – i giovani a risvegliarsi dal profondo torpore che li avvolge. Qualcosa succederà, comunque; mentre procedo con il mio Laboratorio, esplorando cose di cui nessuno ha mai parlato, provo una sensazione che non riesco a descrivere: sto camminando in Reami insospettati, zeppi di luci di ogni tipo, con panorami dai colori mozzafiato, profumi soavi e sconosciuti, pieni di un Tutto che è possente e vitalmente attivo. Fluente. Ben più grande di qualsiasi anima umana. Profondo rispetto; e meraviglia, infinita. LUX. E mille domande, nuove. Il metro e la bilancia non servono più su questi prati. Posso solo affidarmi. E, nelle notti di Luna, accanto al forno allegro, ai crogioli borbottanti, alle monachine danzanti, penso sempre a quanto ci siamo detti, in pochi attimi. Così raro è stato quel nostro incontro, che vorrei parlarne a tutti; ma non posso farlo, e non lo farò mai. A te devo la spinta, la stretta di mano, e lo sguardo caldo e fisso, ed il sorriso più amorevole e Fraterno che possa ricordare. Quella notte, smarriti sulla terra, perduti nella notte, ritrovati. Grazie, vero amico Paolo. Mi manchi. Ti abbraccio, sempre forte.

Salutami gli amici del Joe’s Bar … E che il Cielo ci protegga, sempre. Con Amore,

Captain NEMO

Il Mistero delle Tre Notule … in onore della Gran Dama, quella Universale.

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Philosophia Naturalis, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, June 29, 2020 by Captain NEMO

Ho atteso qualche giorno; volevo rendermi conto se qualcuno avesse voluto dire la sua a proposito del sasso gettato nello stagno – o forse meglio, ‘in piccionaia‘? – da parte di Fra’ Cercone; sto parlando di tre vecchi suoi interventi che, parecchi anni fa, furono offerti al pubblico di un altro palcoscenico. E dopo aver atteso, ho riflettuto, non poco, ma tanto, su quelle parole. San Sebastiano, e le frecce. Il tempo scorre, e tutto sembra essere ripetuto, ma la vita alchemica – la mia, quella di Fra’ Cercone, e di tanti altri (sebbene pochi, in verità; per vari ameni motivi) – ha portato esperienza, scoperte, ipotesi, nuovi prati, prove sperimentali, e progressi; e ricordi. Eppure, ancora oggi, quelle parole suonano sincere, veritiere. Condivisibili.

E allora, dato che qualche cosa ho trovato lungo il mio camminare, dato che viviamo tutti – i pochi – nel medesimo mondo che passa come di consueto tra spine e dolori e abbagli e silenzi e clamori, e triti inganni che avvolgono gli uomini, persino quelli che vestono medaglie e mostrine, scorgo in quelle parole l’opportunità di affiancarmi alle riflessioni proposte da Fra’ Cercone; non soltanto per la fratellanza che mi lega a lui, perenne, luminosa, pura, pulita, sempre onesta, allegra, seria e tanto altro; ma – soprattutto – perchè vengo da terre e lune e montagne e acque – acque – sempre fresche, amorevoli, distaccate – quasi per magia naturale – dal mondo delle piccole manovre, delle illusioni, dei mezzucci da quattro soldi. L’Alchimia porta verità, talvolta scomoda verità, ma pur sempre semplice, limpida verità. Quella ho cercato, e quella continuo a cercare. Non la mia verità, che non esiste. Quanto la freschezza della Gaia Scienza, che ho visto ormai calpestata, e tristemente svilita, dimenticata; quasi fosse un inutile cartoccio di sogni. Cammino, pagando il passaggio dovuto, come è costume, e camminerò sempre in cerca di prati verdi, pieni di uccelli e di aria pura, e limpidi orizzonti, cristallini.

Così, proverò a riproporre quelle note oneste dell’onestissimo Frate Cercone, sol per aiutare i giovani che si avvicinano alla Scienza più dolce e vera e bella che ci sia: Alchimia. Vi sono momenti, nella vita di tutti, in cui è opportuno porsi domande, più che in altri momenti: non per mancar di rispetto, ma per il rispetto che si deve agli inesperti, e per il rispetto di chi sempre attende al Joe’s Bar, su Bellatrix; e altrove.

Allora, ecco il primo intervento:

Cari Cercatori,
E’ triste constatare come onesti e volenterosi cercatori vengano ignobilmente circuiti.
Mi suscita grande amarezza vedere l’Alchimia o, per meglio dire, la Filosofia Naturale ridotta a un immangiabile pappone.
Nel minestrone delle nostre nonne, andavano a finire tutti gli avanzi, ma conditi con tanto amore, l’ingrediente sovrano che miracolosamente rendeva prelibato anche il più umile desco.
Invece qui l’amore manca, il piatto è condito con superbia, prosopopea e sopra tutto, al posto del parmigiano, un’abbondante spolverata di frottole ben tritate.
Rimangono gli avanzi, materiale raccogliticcio qui e là e avariato; il pappone non solo è immangiabile, ma anche tossico, per la salute intellettuale.
Per disintossicarsi, consiglio una buona lettura, come ad esempio l’Enchiridion Physicae Restitutae, del Presidente d’Espagnet, (si trova in rete, gratis et amore Dei). E poi, per gli amanti delle scalate di sesto grado superiore, Voyages en Kaleidoscope, dell’enigmatica, quanto affascinante, madame Irene Hillel Herlanger.
C’è un metodo ancora più segreto, insegnato da Joël Joze: basta captare nelle pupille di ogni essere vivente le immagini di tutte le cose visibili, condensarle, fissarle, comprimerle secondo metodi noti solo a lui, ottenerne, grazie a un procedimento sorprendente e vertiginoso la sintesi chimica; perché queste immagini proiettate sullo schermo appaiano subito in METAFORE-ANIMATE. Joël Joze chiama queste proiezioni così particolari
VIAGGI IN KALEIDOSCOPIO
Trasformate nello stesso apparecchio, per mezzo di misteriosissimi fluidi, di sali e di metalli preziosi, le Visioni si concentrano istantaneamente sotto forma di pastiglie platinate che possono poi servire a un numero illimitato di esperienze.
Così, ciascuno di noi, secondo le sue tendenze, scoprirà il SENSO NASCOSTO di ogni cosa
…. M. Joze pretendeva semplicemente di rigenerare il nostro Pianeta.
(da un post di Paolo Lucarelli, in questo Forum, in data 2 febbraio [Candelora!] 2005)
Fraternamente, FC (fra’ cercone fra’ birbone)“.

E la mia risposta, breve:

“Caro Fra’ Cercone & Fra’ Birbone,

Lei scrive ‘ignobilmente circuiti‘; e – concordando – mi verrebbe da chiedere; ma … qualcuno si chiede mai quale mai possa essere il motivo per cui qualcuno vuolecircuire‘ qualcun altro? … la risposta è facile facile, da non richiedere alcun commento da parte mia. Eppure, il ‘corto-circuito‘ continua, e tutti, ma tutti!, sorridono felici, beati, inebetiti, tanto i circuìti che i circuitanti… “… uh, guarda guarda, guarda qui … ma quant’è bello ‘sto ‘circuito‘ !

Poi: ‘o pappone è indigesto; ora che il Laboratorio mi ha portato pietanze buone e succose e mirabili, non posso che concordare. Manca l’Amor… del tutto; ma da lunga pezza. Pare uscito, nessuno lo ha visto, nessuno nemmeno ne parla. Più. E questo è disdicevole, una vera disgrazia. … Eh va beh!

L’Enchiridion del President di Bordeaux è un capolavoro senza pari, ma tutti lo leggono, e nessuno lo studia: ergo, i suoi fiori non vedono la luce negli animi di quelli che ‘leggono‘; figurarsi i frutti, quelli eterni. Rimasti tutti nel cassetto, pura teoria speculativa e simbolica, come proclamano i grandi dotti che animano i conclavi più o meno altisonanti di alchimia (scritto in minuscolo, et pour cause). Peccato.

Dei Voyages di Madame Hillel-Erlanger si parla sempre, a destra e a manca; per forza, è così exotique che fa eleganza blasée sciorinarne i versi; ma le informazioni in esso così ben incastonate, pur brillanti, non vengono colte; anzi, meglio non parlarne, si dice. Resta talvolta, qualche idiota (sedatelo subito, please! …) che sobbalza, for example, nel ‘leggere‘ del ‘bure‘. Ma un sobbalzo solo di qualche attimo, per carità, non c’è da preoccuparsi (la sedazione è rapida ed efficace; pare addirittura che dia piacevole e remunerativa assuefazione). Poi si torna a sviolinare, e a fare la moina di meravigliosa memoria parte napoletana e parte nopea. Posso sorridere con Lei, Messere, sulle ‘… pastilles platinées qui peuvent ensuite servir à un nombre illimité d’experiences’? Che vorrà dire? Peccato, un altro.”

Ecco ora il secondo intervento:

Caro B.,
A mio parere, Il Mistero delle Cattedrali è stato scritto due volte (almeno), o meglio, è stato scritto e poi riscritto.
Il problema è che le due versioni coesistono in un solo libro. Non solo, ma sono state anche accuratamente frammiste tra loro onde, mentre si parla, -già sotto chiave ovviamente-, di un procedimento, improvvisamente e senza alcuna premessa, viene inserita una frase o qualche parola riguardante un altro procedimento.
E non è tutto. Non bisogna dimenticare infatti che Fulcanelli è maestro nella Lingua degli Uccelli, la quale, basata esclusivamente su assonanze, è intraducibile. E sebbene Paolo Lucarelli di ciò faccia menzione, tuttavia, pur generoso al limite del lecito, e forse talvolta anche un po’ oltre, certamente si guarda bene dall’evidenziare i doppi e i tripli sensi, sparsi un po’ ovunque nel testo.
Permangono gli interrogativi di fondo.
Cosa ha spinto Fulcanelli a riscrivere il libro? Solo dopo aver ultimato il manoscritto si è forse accorto che si poteva far meglio? E si è dunque premurato di inserire nel testo le nuove acquisizioni? Oppure, ritenendo di essere stato troppo esplicito, ha voluto mischiare ulteriormente le carte?
In mancanza di risposta certa, mi astengo dal formulare ulteriori ipotesi.
Cerconescamente tuo, FC“.

Cui segue la mia seconda risposta, sempre breve:

“Caro FC,

Due volte!? … poffarbacco! ….’scritto e poi riscritto‘ !? … ma Lei è sicuro !? … non sarà che si tratta di un mucchio di note scritte da una pattuglia di nostalgici appassionati d’alchimia francese (la freccia indica “Bourges“, la cui Cattedrale – magnifica – non appare nel libro), nel quale solo uno – ancora nell’ombra – era quel genio supremo – vero indagatore, vero innamorato, enorme studioso, spirito scientifico senza pari, straordinario praticante – che scrisse le poche note degne della massima attenzione da parte di chi avesse voluto (uso il congiuntivo all’imperfetto, per un buon motivo) sul serio trovare il semplice bandolo della matassa operativa? La seguo sul ‘riscritto‘, capisco dove vuol andare a parare, perché esiste questa possibilità. Tuttavia, per parte mia, comincia a sorgere il sospetto che possa essere stato eventualmente riscritto fors’anche perché qualcuno del gruppo originario mai aveva capito quale fosse il senso vero e la meta operativa vera della Grande Opera; forse – e lo sussurro, ancora con una decina di dubbi – quel genio ancor sconosciuto ha voluto ‘togliere‘, piuttosto che ‘aggiungere‘, specie dopo i gran balli da Belle Epoque dell’Avenue Montaigne. Chissà … magari si era dispiaciuto di qualcosa? E non parlo di chi è venuto dopo quelli di Bourges, i quali hanno imboccato una strada vecchia, e davvero poco utile alla Antica Bisogna. Solo Paolo Lucarelli, scientifico alchimista di enorme caratura, ha compreso Fulcanelli, e gli altri – che lo osannano – credo non abbiano ben afferrato alcune cosette. Ma, naturalmente, è solo la mia povera opinione, tipo San Sebastiano … ça-va-sans-dire.

Sulla Langue des Oiseaux: a proposito di questa surreale invenzione, affascinante e meravigliosa, si parla di un altro genio fuor-del-suo-tempo, il beffardo ma sapientissimo Grasset d’Orcet, e con ragione. Assieme al Bretonissimo Monnier, che amava, e non poco, quella Langue, anche quel ricchissimo dandy, da me più che stimato, Monsieur Roussel,  era parte del Grand Jeau, sin dall’inizio. Se diamo fede alla nota missiva di Dujols a Roussel, Fulcanelli (che sarebbe Decoeur) richiede indietro la prima stesura dell’opera. Per qual motivo? … non che Roussel sapesse molto d’Alchimia, ma il suo saper giocare – e costruire succose assurdità, ma pertinenti – con parole e frasi è cosa ormai arcinota. Et alors ? …. La Cabala Fonetica appassiona tutti, è il miglior trucco per allontanare gli stolti; ma, concordo con lei, è tutta di lingua Franca; solo un Franco ingegnoso&ingegnere poteva escogitar la trappola a-doppio-effetto: le allodole le mandiamo per fratte, tutte contente per le ghiande e le granaglie, e gli svegli – ma debbono aver GIA’ operato sulla via vera, (e non quella falsa) – li aiutiamo un pochino, a patto che abbiano studiato con profitto l’Antica Scienza! Ripeto: … se l’opera è stata ‘ritirata & riscritta‘, ci deve essere stato un motivo, qualcosa di serio doveva essere successo. E qui … al momento, non possiamo che scrivere: ‘ignoramus‘; il che non toglie il fatto che un motivo – seriodeve esserci stato.”.

E, per finire, il terzo intervento:

“Fulcanelli still baffles me.
Lo dico in inglese, perché il verbo ‘to baffle’ non ha in italiano una traduzione adeguata. Significa allo stesso tempo confondere, causare perplessità, eludere e sconfiggere.
Più (ri)leggo Fulcanelli più aumenta la meraviglia, non tanto perché la sua identità terrena sia sfuggita a generazioni di curiosi che vanamente si sono affannati a darle un nome, quanto perché è riuscito ad eludere anche i suoi più stretti collaboratori. Tranne una, l’affascinante Irene Hillel-Erlanger, di cui poco si dice, perché poco si comprende. Non è curioso, –en passant-, che essa ebbe in sorte di condividere, a quanto è dato sapere, lo stesso fato di Nicolas Valois, soppresso anche lui da un’ostrica? Sotto quale polvere sono finiti Joel Joze col suo straordinario caleidoscopio, Gilly il fedele servitore, Vera e Grace? Giusto merito va qui dato a Archer, che non li ha dimenticati e dal suo bel sito ci rammenta: « Sous le couvert d’une fiction surréaliste, l’Auteur dévoile les plus Hautes Secrets de l’Hermétisme Trascendent. Mais ne les déchiffre pas qui veut…. »
Non avendo la vocazione di San Sebastiano, ho esitato a lungo prima scrivere, ma come sempre confido nella Sua clemenza.
E’ forse peccato di lesa maestà additare ai novizi l’incolmabile distanza che separa le Il Mistero dalle Dimore? O il Maestro dall’allievo, o meglio, dai suoi contemporanei? E’ forse riprovevole avvertire gli esordienti, metterli in guardia e, gettando acqua sulla loro ardente fede, ma cieca, risvegliarli dal torpore che li avvolge?
Fulcanelli appare più interessato al futuro che al presente. Il suo “Or du Temps” resiste, inerte come un seme sotto terra, alle illazioni ventilate a più riprese su di lui, per rinascere ai posteri, più vivo che pria. Fulcanelli s’eclissa, discretamente, dalla scena terrena del suo tempo, agitata da scomposte correnti sotterranee e imbrigliata nei vani orpelli della Ville Lumière fin de siècle. Torna donde è venuto. E lascia privi di guida una discreta schiera di apprendisti.
La maggior parte di essi, orfani della sua dipartita, hanno fatto a gara a chi la sparava più grossa. Lui, sornione, li osservava divertito dal suo retroscena privilegiato.
Mentre essi, certamente eruditi, fin troppo, sciorinavano dottrine passandole per oro colato. All’ombra del Maestro, e nascosti dietro a quella Sfinge che sormonta il frontespizio del Mistero, con finta sicumera finsero conoscenze che non possedevano. Ne nacque un garbuglio che ancor oggi getta i neofiti nella più profonda confusione. Un labirinto dal quale occorrono ben più dei fatidici quaranta dì e quaranta notti per uscirne vivi, come nella canzone: ‘Ma mi, ma mi, ma mi, quaranta dì, quaranta nott, A San Vittur a ciapaa i bott, dormì de can, pien de malann…’
Il Tempo, come sempre galantuomo, renderà giustizia.
Fulcanelli still baffles me.
Con osservanza, spero, FC“.

Cui segue la mia ultima risposta, pur breve:

“Caro FC,

sul ‘bafling‘ non ho dubbi a crederle, dato che ho letto e (ri)letto Fulcanelli alcune centinaia di volte, sempre restandone ammirato, perplesso e sorpreso, talvolta accigliato. Su Madame Hillel-Erlanger ho già detto qualcosa poco sopra, e le dirò che l’episodio della morte-per-ostrica mi ha sempre fatto sganasciare dalle risate; poi, Valois, … lei crede che qualcuno lo abbia letto nel suo Francese antico? … dico meglio: studiato!? … compreso, almeno un tantino!? …. guardi che Valois era uno dei pochissimisi cinque o sei – in venti e passa secoli – che ha detto il vero, e che ha percorso l’operatività ‘naturale‘, quella semplice, dove la evidente prospettiva della Pierre Philosophale – posta sempre in primo piano – ‘baffles‘ la parata di stolti che ancora oggi credono che il detto ‘Una Res, una Via, Una Dispositione‘ sia una dotta affermazione da retori, piuttosto che da appassionati alchimisti. Mi è capitato di incontrare persone che ancora non si sono rese conto di cosa mai possa essere la ‘Dispositionem‘; come anche quelli – e sono un mucchio – che ancora oggi, al giorno d’oggi, in Italia come altrove, parlano della Pietra Filosofale come della vera meta della Grande Opera!

Ma forse, temo, non sono affatto interessati ad approfondire la Conoscenza dei processi di Madre Natura. Ma non mi dilungherò su questo. Per ora.

Quanto al peccato di lesa maestà: ebbene, ritengo che sia il sottoscritto che Lei verremo – se già non lo siamo stati – accusati di tal gravissimo peccato. Urbi et orbi.

Peccato che una tal maestà non esista sulla faccia della terra, per non parlare di Bellatrix, tanto meno nel Regno dell’Alchimia, dove il Re, un Roi qualsiasi, – a parte quello delle metafore -, non potrebbe mai aversi: c’è solo una Reine, Dame Alchimie. Non uomini, ma Madre Natura. Eppure, ne sono certo: il solo presupporre che si possa parlare con pacatezza di tutte quelle ‘incolmabili distanze‘ che lei amabilmente indica (tutte!) farà alzar sopracciglia a molti, sentiremo molti soffiarsi il naso, molti altri guarderanno con altera sufficienza chi osasse sollevar la lampada su quanto si va dicendo, molti si offenderanno, e spareranno cannonate balanzoniche. E siccome non temo, con Gaia Scota postura, faccio mie le sue parole:

Fulcanelli s’eclissa, discretamente, dalla scena terrena del suo tempo, agitata da scomposte correnti sotterranee e imbrigliata nei vani orpelli della Ville Lumière fin de siècle. Torna donde è venuto. E lascia privi di guida una discreta schiera di apprendisti. La maggior parte di essi, orfani della sua dipartita, hanno fatto a gara a chi la sparava più grossa. Lui, sornione, li osservava divertito dal suo retroscena privilegiato.

Mentre essi, certamente eruditi, fin troppo, sciorinavano dottrine passandole per oro colato. All’ombra del Maestro, e nascosti dietro a quella Sfinge che sormonta il frontespizio del Mistero, con finta sicumera finsero conoscenze che non possedevano. Ne nacque un garbuglio che ancor oggi getta i neofiti nella più profonda confusione.‘.”

Concludo con un’allegra raccomandazione, ai giovani; che spero ancora incontaminati: non credete a nulla, tantomeno a noi, ma piuttosto ponetevi sul cammino della Conoscenza di Madre Natura, e al più presto; con tutta la vostra Force, dotatevi prima di un solidissimo e continuato bagaglio tratto dallo studio tenace della Philosophia Naturalis; poi, solo dopo, procedete a mettere in pratica quanto riterrete di aver appreso; aprite il vostro Laboratorio; poi mettetevi in testa che sarà assolutemente necessario salire – e per lunghissimo tempo –  sul trenino quotidiano che porta dai Libri al Laboratorio, poi dal Laboratorio ai Libri, e di seguito così, ogni santo giorno. Sappiate che il cammino che avete intrapreso sarà lunghissimo (decenni, … eh sì!), e che dovrete necessariamente cambiare la vostra visione della vita, radicalmente e per sempre; in effetti, il Laboratorio lo proverà man mano che proseguirete, le cose non stanno come crediamo. La via è semplicissima, e per questo è difficilissima. Non fatevi raccontar balle, nè dagli uomini, nè dai libretti & libercoli, ma procedete con assoluta tenacia a ri-studiare, tutto. La Philosophia Naturalis è sconosciuta persino a chi dice di ‘fare‘ Alchimia; senza di essa, senza quella LUX, approderete a porti fantasma e alle famose – infauste – lucciole per lanterne. Siate indagatori del finissimo e del più che sottile (che non significa ‘sottigliezza’, bensì per minima, quello del Trevisano, di Philalethe e di Santinelli), ma sbarazzatevi sin dall’inizio di chi vi parla di mistica, speculatività, simbolismo, amiccamenti, scorciatoie, io-ho-capito-tutto-e-ti posso-iniziare, e tutte le amenità inventate per secoli da chi ha tentato – molto spesso con successo –  di impadronirsi dell’Arte per irretire gli ingenui e limitare la vostra libertà di indagine. Siate puri, e Gai, ma … sempre veri, onesti, tenaci. Non mollate, non cedete – mai – al Canto delle Sirene.

Per questo, per mettersi in questo Gioco, occorre Passione, Amore, Fratellanza Antica, Umiltà, Allegria, Coraggio.

L’Alchimia è vera, e porta alle Stelle.

Punto.

Il Sogno dei Filosfi

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis with tags , , , , , , , , , , , , , , on Wednesday, March 7, 2018 by Captain NEMO

Se un lettore si imbattesse in un libro titolato Il Sogno dei Filosofi, e considerasse il sottotiolo ‘dall’Hylè di Aristotele alla Materia Pura di Severi-Pannaria, ovvero, La Fisica alla luce della Filosofia Perenne‘, potrebbe non accorgersi di avere di fronte a sé una rara opportunità; nel panorama di oggi è ben difficile leggere un testo che abbraccia con perizia e dovizia l’argomento periglioso della Materia in una Manifestazione; certo, vi sono fior fiore di opere di filosofi gallonati, di scienziati rinomati, di divulgatori di vario ordine e grado, di experiti con blasone e medaglie, di Soloni sapienti, e via dicendo.

Ma questo lavoro di Claudio Cardella e Stefano Costa offre con grande coraggio una visione nuova, consistente e intelligente, dell’evento più misterioso ed appassionante che ci sia:

cosa è Materia?, e … come ‘funziona’?

Da uomini di scienza, ma anche – e forse, soprattutto, onesti e leali Cercatori – l’approccio dell’impresa è quello di mettere sul tavolo lo stato attuale delle nostre idee, dei limiti intellettuali, filosofici ed oggettivi, e coniugare più fil-rouges che diano modo al lettore di comprendere il modello teorico proposto: Aristotele, le immani contraddizioni della Fisica moderna, gli echi solidissimi dei Filosofi antichi, le dizioni e contraddizioni dei paradigmi teologici disponibili, e la genialità del modello di Francesco Severi e Francesco Pannaria. Il risultato è un libro di respiro amplissimo, pur nella naturale difficoltà dell’argomento e delle argomentazioni, che illumina una serie di aree scientifiche e filosofiche essenziali per la comprensione dello scenario (ancora una volta, immane) proposto. Una miglior esplorazione di quelle aree potrebbe essere foriera, nel tempo, di nuova Conoscenza, e di una consonanza con il processo con cui Natura opera sempre. Quella Conoscenza non implica né potere, né controllo, i quali sono di fatto i valori tossici di questa nostra civiltà; implica, al contrario, rispetto ed uguaglianza, merce rarissima oggidì.

Va da sé che il mio interesse per Il Sogno dei Filosofi, oltre alla fraterna amicizia che mi lega a Claudio Cardella, è dovuto alla ricerca alchemica, ed ai risultati osservabili che il Laboratorio riserva a chi si toglie dalla testa la stolidità del pre-giudizio: l’Alchimia è l’aspetto pratico di una sensata e libera osservazione della Natura, poggiata sulle antiche  fondamenta della Filosofia Naturale. Leggendo il libro ho sorriso molte, molte volte ripensando ai ‘fatti’ che accadono in Laboratorio; ed alle conseguenze inevitabili di tali ‘ritrovamenti’. E di quanto lontani dalla Natura siano oggi la cultura della Scienza, i vari circoli esoterici e compagnia-bella, il modello sociale corrente, e – purtroppo – la nostra privata consapevolezza. Persino la piccola nicchia degli alchimisti, qui e altrove, ha perduto lampada, occhiali e bastone. Nonostante il ben conosciuto monito Dantesco, siamo solo dei poveri Bruti.

L’impianto del libro è senza dubbio complesso, come la materia richiede; l’esame razionale di quanto scritto è naturalmente ugualmente complesso, e al lettore è richiesta una non risibile padronanza dei temi scientifici di base esposti, ma anche della curiosità – quasi l’emblema del Cercatore – di consultare le tante fonti dei temi filosofici a sostegno, e la capacità non comune di elaborare un modello naturale ben diverso da quanto scuole ed accademie oggi passano per oro colato. Ma le opportunità di studio offerte dal libro sono outstanding: e meravigliose, se solo uno seguisse la rotta.

Parafrasando me stesso: … sono dei Ribelli i due autori? Mi par proprio di sì.

Il modello che prende forma man mano che procede la lettura è un oggetto semplice ed ingombrante: praticamente nessuno dei ‘sacri teoremi’ della Fisica moderna regge, ed emerge una visione nuova, animata da una logica più onesta e utile; la quale è oggi indispensabile per comprendere cosa sia Materia e come essa operi. La teoria del Principio di Scambio di F. Pannaria (si leggano, con calma ed attenzione le Memorie Scelte, qui) pare provenire da un altro mondo, tanto è semplice e chiara, rispetto alle attuali ‘trovate’ di chi asserisce di aver la patente-a-spiegare-come-stanno-le-cose (e non solo quelle scientifiche, ma pure alchemiche!). Certo, lo ripeto, il solo affacciarsi di tale semplicità, di tale efficacia nel descrivere il percorso della Materia nel suo eterno divenire (continuato nel discontinuo), genererà immediatamente steccati, palizzate, distinguo, reproches, e ignorante arroganza. Forse, però, qualcuno inizierà a studiare; scenderà dal suo piccolo palco umano, e si metterà in cammino verso Lux ed Amor, unici Agenti di Creazione in ogni universo. Dice: e Dio ? … rispetto chi vuol porsi la domanda e vuol darsi la sua risposta; non so dire, tuttavia, se si chiami davvero Dio, ma nel Bosco di Madre Natura si odono canti e si scorgono luci che parlano di semplicità ed amore. Sed de hoc satis.

A proposito del modello Severi-Pannaria, il lettore certo ricorderà che l’Accademia dei Lincei – che conserva gran parte dei manoscritti iniziali di Severi sulla Materia Pura e sui suoi sviluppi seguenti – appose ‘con un asterisco’ la seguente dicitura in calce alle Memorie:

I Soci Nazionali  della Sezione di Fisica dell’Accademia, a conclusione di lunghe discussioni avvenute tra loro, e col compianto Socio Severi, sul contenuto della Memoria [Nota] …, si accordarono, il 14 Novembre 1961, per accompagnare detta Memoria [Nota] con la dichiarazione seguente:

‘I Soci Nazionali Amaldi, Bernardini, Carrelli, Ferretti, Occhialini, Persico, Perruca, Polvani, Wataghin, desiderano render noto che essi non condividono quanto è espresso nella Memoria [Nota] del Socio’.

Ecco, questo è un esempio di quanto volgare, miope e dogmatica – terribile a dirsi in un contesto di ricerca veritiera – possa essere la visio del mondo accademico, così noiosamente auto-referenziale. Per non dire inelegante, visto che all’epoca ‘il Socio Severi’ stava per lasciare questo mondo.

Il Sogno dei Filosofi (edito da Lulu, acquistabile qui) val la pena di essere ben letto, con assoluta calma e con estremo impegno: l’argomento lo richiede; poi, andrà letto ancora, e poi studiato, a lungo. La conclusione? … essa spetta al Cercatore, che adotterà la sua propria postura, sia di sviluppo del proprio studio, sia della propria  ricerca, sia della sperimentazione.

Mi sento tuttavia di avvertire, in assoluta umiltà, e senza volermi in alcun modo sostituire ai due autori, che la verifica sperimentale di tal modello geniale, pur nei suoi limiti naturali, implica l’abbandono totale del metodo scientifico corrente: forse, quando l’accademico cesserà di guardare un alchimista come un povero deficiente, quella agognatissima ‘Teoria Unificata’  vedrà finalmente – negli anni – una sperimentazione più vera, più Naturale; ma quest’abbraccio, temo, non avverrà mai. Il canonico non abbraccerà mai l’eretico. Paradossale, n’est-ce pas ?

Conoscere porta alla Contemplazione della Bellezza suprema, nel silenzio della semplicità.

L’essere umano tende in genere ad altre mete, ad altre utilità.

Il formidabile apparato di analisi, elaborazione e sviluppo contenuto in questo libro merita ogni plauso, ma richiederebbe anche, nel lettore, e ancor più nello studente, una rivoluzione interiore: i mondi, gli universi, le stelle, le creature non sono come li descriviamo, come li vendiamo, come li passiamo ai nostri figli. Accadrà? … chi può dirlo?

Ai due autori va la mia riconoscenza per l’enorme mole di lavoro offerto; al Cercatore appassionato, al lettore di questo libro, al Ribelle all’Imperium del mondo parruccone e bardato in ogni modo e stile, lascio il piacere e l’onere di leggere, studiare e praticare.

Il Sogno dei Filosofi non è una chimera, bensì l’azione nostra – meglio: il nostro mutare; quasi un capovolgimento – verso Madre Natura.

La Joie, nel cuore …

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , on Wednesday, January 24, 2018 by Captain NEMO

È sempre più agevole non pensare con la propria testa. Trovare una piccola, sicura gerarchia, e accomodarsi all’interno di essa. Non cambiare nulla, non rischiare la disapprovazione, non mettere in agitazione i colleghi. È sempre più facile lasciarsi governare.

Ursula K. Le Guin, I Reietti dell’altro Pianeta (Dispossed: An ambiguous Utopia), 1974

Abbiamo l’impressione/illusione di vivere su questo nostro ‘Terzo Pianeta”, ma meglio sarebbe chiamarla mera sopravvivenza. Il risultato di questa postura scialba è sotto gli occhi di tutti: tutto va come va, in modo pessimo, e alimentando sempre più non soltanto la fisica sofferenza, ma soprattutto la speranza di raggiungere – tutti – almeno il ‘buon senso’. É bene mettersi in testa che questa pigrissima postura è sempre stata la ‘firma’ di questa nostra specie di arroganti cialtroni: abbiamo nei secoli creato ed alimentato l’Imperium che costringe, affligge e configge – e continuiamo a farlo, in barba ai vari ‘credo’ libertari, sempre acclamati perchè ‘vai-avanti-tu, che …io poi ti raggiungo‘ -, in un evidentemente maledetto circolo vizioso; nel quale tuttavia, in mezzo alle lamentazioni di Geremia, nulla facciamo per cambiare la rotta e la prospettiva. E lo dovremmo fare, se non altro per chi viene e verrà dopo di noi …

Chi si prendesse la briga di studiare sul serio la Storia, e non leggere per criticare e/o filosofeggiare, facilmente si renderebbe conto di quanto sia surreale e colpevole la scelta di sopravvivere e di al contempo lamentarsi della sofferenza. Gli autori di questa inaudita sofferenza siamo noi tutti, da sempre: persino chi sfoggia saggezza, sia essa conclamata o l’etichetta concessa del consensus accademico – ogni accademia è stata e sarà sempre fonte di guai, o prima o poi; sono i subdoli focolai della ‘malattia del pianeta uomo’ -, ieri come oggi o domani, è correo di questo scempio.

Bene: in questo scenario, che senso ha la lamentazione, il pianto, la disperazione, il rantolo, l’additare l’altro come il colpevole del guasto? A cosa serve? La risposta è facilissima: a nulla; ma l’Imperium ingrassa. E la fila per entrare in quei ranghi di controllo e potere si ingrossa sempre, mentre la bellezza della vita vissuta con impegno luminoso viene calpestata, spazzata via, in pochi attimi di ‘scarponi chiodati’ marca ‘Io solo, sono‘.

Sempre in quella Storia nostra secolare, si vede facilmente che l’Imperium è contrastato talvolta dai romantici Ribelli; Reietti, per l’appunto, scalcinati, folli, fuori dagli schemi; ma ribelli; per prima cosa ribelli al pensiero inoculato con cura che ‘… nulla si può, abbiamo perso tutto, ah, mio Dio … guarda che strazio, guarda come si sono allontanati dalla retta via, guarda come hanno tradito i sacri canoni della legge (in taluni casi la si scrive con la maiuscola: in talaltri con la minuscola; ma sempre ‘sacra’ ha da essere, così fa effetto)’. Ancor più si ribellano, quei Reietti coraggiosi, alla solita trita litania “… Ah, grande Ciaparche Verde, io solo sono l’ultimo vero custode della legge (vide supra), proteggi me che ti voglio bene, e stermina lui che si fa beffe del sacro…!“; e via dicendo.

Chi avesse studiato con efficacia le basi fondanti dell’Alchimia, troverà nei testi una vis poco presente in altre dottrine: l’Alchimista è un Ribelle, è il Foux, per definizione; egli esce dal gregge per scelta consapevole, e combatte la visio che il consensus inculca e vende (e non v’è peggior consensus di quello ammantato dagli ieratici crismi pseudo ermetici; ma c’è di peggio…). Senza dubbio, egli paga il fio di questa scelta, come ogni Ribelle sa. La posta in gioco non è la Pietra Filosofale, non è né possesso, né controllo; la posta è Sophia, l’accesso alla via di fuga dalla vita sciaba e sciupata. E tutti sanno che sono pochissimi quelli che vi siano davvero riusciti. Pochissimi.

“Sufference is a lack of Knowledge”

Credo si debba chiarire che la Queste, l’avventura, non si esaurisce con la ‘fuga’ dal terzo pianeta e dalla sua specie arrogante e stolida: vi sono un mucchio di altre cose dopo, che dovranno essere – more solito – prima studiate e poi praticate. Un Universo ha luoghi immensi e tempi più-che-galattici. La Queste continuerà, con nuovi gradini di Sophia, et alia. Una meraviglia per il Ribelle davvero curioso, per chi fosse sul serio innamorato della Dama e curioso al punto di osare sollevare, nei modi consentiti da Natura, i lembi di quel velo …

Allora, il Ribelle che avesse abbracciato con Force il giusto sogno della Libertà dal brutale giogo dell’Imperium, chi avesse la forza grande del Sogno del Piccolo Principe, o la forza di Peau d’âne, e si impegnasse tanto nello studio che nella pratica, entrambi indefessi, … che se ne potrebbe mai fare delle lamentazioni, dei mugugni, delle ‘Geremiadi‘ che sorgono dai roghi della inevitabile Santa Inquisizione? Tanto più oggi in Alchimia, in cui di tutto avremmo bisogno, tranne che dell’inutile “ … siamo alla fine di un Ciclo. … É il tempo dei falsi maestri …“.

Ancora sorella Storia racconta che è sempre stato così, sempre si è parlato di Cicli che son-lì-lì-per-finire, con moniti apocalittici, e sempre abbiamo avuto i falsi maestri, persino tra i tanti Maestri, proclamati tali o dal consensus di cui sopra o per comodissima pigrizia della nostra arrogantissima specie, ammalata di disamore per Sophia. Anche qui: … non sarebbe tempo di mutare postura?

Non è la tristezza la divisa del Ribelle, sia esso Maitre o povero Ouvrier, non è un ipocondriaco lamento, non è l’invettiva contro tutto e tutti nel nome di un Divino sempre maldestramente adattato alla propria pigra insipienza, non sono patenti o tessere o paludamenti – risibili sciocchezza nel contesto della Force che anima la Creazione – che gli permetteranno di progredire nel cammino faticosissimo verso Lux, non sono le recriminazioni né le bizzarre scimmiottature di figure ieratiche a condurlo per mano, non sono la paura o la tenebra a proteggerlo dalla inevitabile reazione alla tentata fuga, non sono religioni o filosofie o scienze o tecniche avanzate che potranno sorreggerlo di fronte alla maestosità provvida di Madre Natura. Il Ribelle è solo, attorniato a volte da fidati Compagni di Queste. Soli con Madre Natura, tanto quando sono immersi nelle pagine di un buon testo d’Alchima, tanto quando sono indaffarati nei propri Laboratori alchemici, notte per notte, giorno per giorno. Unico punto di riferimento: la Materia alchemica in cottura, ed il proprio Fuoco. Una relazione d’Amore privatissima e sovrana.

La Fratellanza nasce dalla comunanza d’appartenenza: ma anche qui, more solito, non si sta parlando delle varie divertenti ‘parrocchiette’ che abbiamo allestito nei secoli come simulacri di ciò che abbiamo scelto di perdere. L’inganno che abbiamo tutti ordito (persino i Magistri), è più che subdolo, e conduce dritto dritto nelle prigioni dell’Imperium. Ogni ‘parrocchietta’, ogni congrega, sia essa santa o santificata o in odore di ineffabile e sublime santità, decorata dai Symbola abusati, garanzia di una protectio agognata, è la porta-trappola verso quelle lamentazioni, quei tristi e bui rantoli di chi non sa più cosa sia bellezza, letizia, giubilo e – sopra ogni cosa – la Joie.

La Joie della Fratellanza antica, quella che non necessita di alcun ornamento, alcun paludamento, alcuna obbedienza a regole etichettate con abuso tremendo del termine Sacro (è bene studiare, prima, durante, e dopo; cum practica, lo dico sempre), quella che lega ogni creatura in ogni Universo, quella ove Amor regna e mai tradisce, quella che sorregge Terra e i miliardi di luoghi animati dalla vita, quella che arde del Fuoco della Force, dove Natura Regna e non i finti dei di plastica, adattabili alla moda che meglio ci aggrada, quella semplice di un sorriso radioso qualunque cosa accada, persino di fronte a ciò che chiamiamo – stupidamente – ‘morte’, … quella Joie è il signum distintivo di un alchimista onesto, fosse egli un neofita o un esperto.

Quando vedrete Joie in Alchimia, sorridete e camminate.

La vita, in verità, è evento meraviglioso; ed una straordinaria opportunità, da non lasciar calpestare, o trascurare per ammantarsi di un gingillo del Club dei Custodi della tradizione (in questo caso, la minuscola minuscolissima è d’obbligo). Ancor più per chi sceglie di camminare lungo i sentieri della Gran Dama.

A chi mi ha dato questo bellissimo premio, grazie.  Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande.” (Ursula K. Le Guin, 2014, discorso alla consegna a New York del National Book Award).

Si sostituisca, con rispetto, il termine ‘scrittori‘ con ‘alchimisti‘; ed accanto a ‘tecnologica‘, magari, ‘ed ermetica‘.

 

Natale 2017: “…End?… And beyond, the far green country, …

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , on Friday, December 22, 2017 by Captain NEMO

Hogmanay: oggi, il ciclo di luce&tenebra apparente si inverte; ma è Lux – in continuum – la sorgente di ogni manifestazione. Alchimia 1, le basi.

Da millenni, ci ripetiamo angosciati che “…tutto è perduto, non vedi che è tutti-contro-tutti?“. Comoda stolidità di chi ha distolto lo sguardo dalla Natura per coltivare il possesso ed il controllo del proprio orticello. La solita commedia, vecchia-vecchia.

Non c’è fine, mai … e  – – c’è molto altro, da fare.

Pippin: “I didn’t think it would end this way.” Gandalf: “End? No, the journey doesn’t end here. Death is just another path. One that we all must take…The gray rain curtain of this world rolls back, and all turns to silver glass. And then you see it.” Pippin: “What, Gandalf? See what?” Gandalf: “White shores. And beyond, the far green country, under a swift sunrise.” Pippin: “Well, that isn’t so bad.” Gandalf: “No. No, it isn’t.

Sul palco della medesima commedia, in questo  peculiare giorno di rivoluzione ci si augura sempre un Buon Natale, ma nulla – mai – cambia veramente: … perché esser buoni solo a Natale?

Così, val meglio forse il consiglio del Cappelaio Matto per i prossimi 364 giorni, ammantati di Lux: serenità, pace vera, uguaglianza, comunanza, fratellanza. E la Joie! … tanta!

Buon Non-Natale a voi tutti!

… nessuna buona azione resta impunita!

Serendipity – Two, in enker-grene

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, September 11, 2017 by Captain NEMO

Presi come siamo dai vortici della vita d’ogni giorno – vortici che noi stessi creiamo, senza fallo, e nessuno escluso – perdiamo sempre di vista lo sguardo d’insieme della nostra piccola, minuscola astronave: Terra viaggia nel gran mare del nostro universo, non guardiamo neppure fuori dal finestrino, assorti in mille banalità, cui sempre diamo una dimensione come minimo epocale, troppo importante per occuparci di quisquilie fastidiosamente sofisticate come il Cosmo e le sue meraviglie. Eppure sono, le nostre, ridicole baggianate. Tutte.

Guardando fuori dal finestrino in questi giorni – e con antenne semplici, primitive ed alla portata di tutti – ci si sarebbe forse accorti che Sol, la nostra stella, emette un mucchio di ‘materia’ e che la nostra navicella vi naviga attraverso. Tra i tanti segni che Cielo accende per gli innamorati vi sono le Northern Lights. Il nome che abbiamo affibbiato a queste ‘luci nordiche’, ma che meglio sarebbe chiamare ‘luci polari’, è quello di ‘aurora’: per quanto il termine indichi comunemente il chiarore che segue l’alba e precede lo spuntar di Sol, in questo caso indica un fenomeno che è visibile al nostro occhio solo di notte (in realtà, accade ovviamente anche di giorno).

La spiegazione di quanto avviene in Cielo è sempre in corso di aggiornamento, come è d’uopo in ogni impresa, in ogni Queste umana, ma può essere riassunta in questo modo: a seguito della energia (nucleare e non) prodotta continuamente nel nucleo di Sol, la nostra stella – che è il centro di una super-astronave (il sistema di Sol, anch’esso in viaggio cosmico) con tante minuscole ‘navette’ come Terra – erutta continuamente materia d’ogni tipo ad altissima energia e velocità: la Fisica le chiama ‘particelle cariche’ (si parla di protoni ed elettroni, ma anche il neutrone è particella che neutra non è) e viaggiano alla velocità di oltre 800 km/s (ehm); il nomen di questo fenomeno è ‘vento solare’. Queste ‘eruzioni ‘ sono generalmente correlate alle famose ‘macchie solari’, le cui frontiere fluttuanti emettono per l’appunto una “eiezione coronale di massa” (CME, Coronal Mass Ejection). L’attività di questo fenomeno stellare, assolutamente comune e naturale avviene su Sol con un periodo di circa 11 anni (ogni giorno, Sol emette energia sotto forma di particelle, UV, IR e via dicendo per circa 170.000.000 GigaWatts, più di 7000 volte il consumo medio da parte di noi passeggeri ignari; ricordo che Energia è ‘struttura’ della materia, e non un misterioso evento mistico,  o insignificante; si tratta di un costituente fondamentale, tanto più in Alchimia). Bene: mentre facciamo le nostre importantissime cose, la nostra astronave sta attraversando proprio uno di questi periodi di grande attività.

Fatto è che questo ‘vento di Sol’ è per sua natura estremamente pericoloso per il nostro tipo di vita: quelle particelle cariche, accelerate, sono letali per il nostro ciclo vitale. Ed allora, provvidamente, la nostra astronave si è dotata, per Natura, di uno ‘Scudo’ che fende quel ‘Vento’. Lo ‘Scudo’ è generato a sua volta dal Nucleo della nostra astronave: ruotando il Nucleo ad altissima temperatura, l’energia prodotta al suo interno irradia verso l’esterno, producendo il Campo magnetico terrestre; il quale è ‘polare’, nel senso che le linee di forza sono ‘orientate’ lungo i Poli (magnetici, e non geografici); ciò fa sì che nelle zone polari il Campo Magnetico terrestre abbia la forma di due grossi ‘imbuti’. Un piccolo riassunto:

  • il ‘Vento di Sol’ e la sua influenza sul Campo Magnetico delle sue ‘navette’: a 2:24
  • lo Scudo (Campo Magnetico) di Terra: a 3:50 [le immagini dell’interazione tra la CME ed il nostro Scudo sono basate su dati reali raccolti dal sistema VENUS, in orbita]
  • la CME (Coronal Mass Ejection) ed il suo impatto sullo Scudo: a 4:44
  • le ‘particelle cariche’ emesse dalla CME precipitano all’interno degli ‘imbuti’ polari: a 5:00
  • il Campo Magnetico di Terra devia, attraendole come primo livello d protezione, le ‘particelle cariche’ verso i Poli, creando le Northern Lights: a 5:15
  • lo Scudo – attirate le ‘particelle’ – attiva il secondo livello di protezione; Aria interagisce con il ‘vortice’ di Plasma stellare: a 5:40
  • l’Ossigeno cambia il livello di alcuni suoi elettroni: eccitazione (colore Verde), ritorno allo stato naturale (Rosso): a 6:23
  • l’Azoto (Blu): a 6:27

Questo meraviglioso sistema di auto-protezione è in atto – per Natura – da milioni e milioni di anni. Tuttavia, le implicazioni sottili, non meno oggettive e materiali di quanto ‘vediamo’ con i nosttri sensi, sono molte. Ed importanti. Dato che ‘come in alto, così in basso, per il miracolo della cosa Una‘, mi permetto di suggerire che quel che accade attorno a Terra avviene identicamente anche nel crogiolo di ogni alchimista, senza che sia necessario un suo ‘credo’, o una ‘fede’: si tratta, in realtà, di un fatto, di un evento naturale, previsto e messo in atto da Madre Natura, secondo modalità ovviamente scalate e adattate al contesto del microcosmo alchemico.

Sotto la normale ‘apparenza’ degli effetti studiati dalla Fisica, esiste – non visto – il livello della ‘substantia‘ di tutti i corpi investiti dai fenomeni Naturali: di questo si è occupata – da millenni – la Physica Naturalis. E Alchimia, che ne è l’ineludibile specchio sperimentale, canta sempre la medesima musica, sottile, eterna, ugualmente meravigliosa; il ‘microcosmo’ sperimentale degli alchimisti è lo Speculum esatto del ‘macrocosmo’ di noi ignari passeggeri della nostra ‘navetta’, sballottata dai flutti stellari e galattici.  Ripeto: non è una fede; è, piuttosto, un fatto.

Poiché di fatto il modello atomico corrente è ‘modello’  – e non realtà oggettiva -, il cercatore deve riflettere: l’Unica Materia interagisce con sè stessa – in aspetti funzionali diversi – in continuo, in un processo di ‘scambio’ straordinario, nel quale materia combinata – ‘apparente’ ai sensi nelle sue molteplici funzionalità (per. es. ‘ossigeno’, ‘idrogeno’, ‘azoto’ e via dicendo) – si trasforma in materia pura e viceversa, secondo un sistema Naturale la cui portata supera qualunque nostra possibilità di replica: la trasformazione del continuo in discontinuo e poi di nuovo in continuo (in Alchimia è l’interazione Spirito-Corpo, entrambe ‘materie’) attiene a Madre Natura sola, e non alle specie create e trasformate. Diceva Paolo Lucaerlli che un alchimista non ha una weltanschauung, una ‘visione’ del mondo: in effetti, l’alchimista – quando opera nel silenzio pacifico del proprio piccolo laboratorio – non ha ‘visioni’; egli ‘guarda’ il mondo, vede il ‘microcosmo ed i suoi processi all’opera nel proprio crogiolo; la contemplazione del meraviglioso in opera, conduce – lentamente, per gradi – alla Conoscenza.

Nulla di ciò che esiste è oggettivamente ‘vero’. Tutto è in eterna trasformazione. Tutto. Non è dato altrimenti. I sensi sono strumenti estremamente parziali, insufficienti a discernere il vero dal falso. L’intelletto, poi, è nemico ancor peggiore, quando usato per affermare un potere, una supremazia, un controllo: questa è la malattia di noi ‘viaggiatori’, che si sia bassa manovalanza o alti sapienti, gran dottori della legge. Il saggio cammina nel silenzio, cammina come può, secondo Natura, scegliendo Lux e mai oscurità. Se si guarda la storia della nostra civiltà, si vede come sia l’oscurantismo, in ogni sua declinazione e paludamento, ad aver impedito l’ “infusione” naturale della Conoscenza su Terra. Madre Natura non compie actiones in base ad un proprio ego, ad una convenienza, ad una opinione, in base ad un credo, ad una fede, ad un’idea, ad un fanatismo. Tra i tanti passeggeri della nostra ‘Astronave’ solo l’essere umano fa l’esatto contrario, specie i vari sapientes d’ogni epoca e contrada, che hanno scelto il comodissimo oscurantismo nel nome di santi, martiri, fedi ed ideologie. Sed de hoc satis.

Il Merriam-Webster definisce ‘Serendipity‘ come “the faculty or phenomenon of finding valuable or agreeable things not sought for“; si direbbe un’ottima facoltà per ogni alchimista, per ogni cercatore, qualunque cosa egli/ella vada cercando. Osservando il fantastico danzar del ‘vento di Sol’ nel Cielo polare, il Green, il Vert, il Verde, colpisce il nostro cuore, senza una spiegazione. Possiamo solo dire: “…che meraviglia!“. Quel “verde benedetto“, che i tanti testi alchemici indicano e richiamano, è il sintomo Naturale, il signum, di una avvenuta e canonica ‘generatio‘. La quale è figlia solo di una trasformazione della Materia Unica, passando attraverso la naturale Putrefactio. Ora, nel dedalo delle attribuzioni, vi sono molte Putrefactiones possibili, ergo molte generationes possibili, presenti nel Piano di Natura: così, a ben voler guardare …. molti ‘verdi’ potrebbero non esser quel ‘benedetto verde’. Per cercare di esser chiari mi permetto di semplificare, velocemente: nel mondo delle ‘apparenze’, nel nostro, nel mondo di qua dallo Specchio di Alice, il color verde – lo abbiamo appena visto – è dovuto a “quella cosa” ‘vestita‘ da Ossigeno. E dato che l’Ossigeno è praticamente ovunque nella nostra navetta (si noti, please, che esso – meglio: essa funzionalità – non pare ‘apparire’ nello spazio-tempo tra stelle e pianeti), dunque anche nei nostri laboratori, quella ‘funzionalità verdeggiante‘ accade in numerosissimi eventi. Così, o accettiamo l’idea che un certo numero di ‘verdi’ (non tutti, certo) possono essere ‘benedetti’, oppure ci si deve rifugiare nella salvifica ‘fede’. Mah…ognuno farà certo come meglio ‘crede’; forse, meglio, ‘sente’ ? … altro Mah!

D’altro canto, tutta la nostra storia umana è pervasa da quel colore, assegnandogli il ruolo di segnalare ‘vita’, intesa come ‘potenza di generazione’. E poichè Alchimia studia e sperimenta la trasformazione della Materia Unica in ogni actionem di Creazione (una res, una via, una dispositione), ci si deve prima o poi affacciare allo Specchio di Alice, ed avere prima di tutto il coraggio di varcarlo. Cosa non facile, peraltro…

In Sir Gawain and the Green Knight, Galvano ha a che fare per l’appunto con un misterioso quanto possente Cavaliere di verde tutto vestito, che lo sfida a staccargli la testa con un colpo d’ascia se accetterà a sua volta di essere decapitato dopo un anno e un giorno; il colore indicato è, in Middle-English, ‘enker-grene‘, un verde brillante, intenso:

For wonder of his hwe men hade,
Set in his semblaunt sene;
He ferde as freke were fade,
And oueral enker-grene.

Galvano accetta la sfida e gli taglia la testa; ed il cavaliere la raccoglie e se ne va verso il suo lontano castello. Dopo un anno, Galvano si presenta all’appuntamenteo presso la Green Chapel, e viene ospitato nel castello di Bertilac de Hautdesert e la sua bella consorte; lei lo tenterà per tre notti, ma Galvano si limita a dargli prima uno, poi due, e alla fine tre casti baci. Poi si reca alla Green Chapel dove il suo verde avversario lo aspetta con l’ascia: tre volte Galvano tenterà di farsi tagliare la testa, ma il Green Knight non lo farà: alla fine rivelerà che era un gioco per metter alla prova la sua onestà, e che il suo nome è proprio quello di Bertilac de Hautdesert, il marito della tentatrice. Qualche breve nota: il Green Knight che si presenta alla corte di Camelot non è troppo minaccioso.

Il termine ‘axe’, da noi comunemente tradotto con ‘ascia’ è in realtà un ‘falcetto’ (secondo Tolkien et alia), visto che il Cavaliere porta con sè per l’appunto un rametto d’Agrifoglio (l’Holly natalizio, pianta scaramantica e benaugurale), che ha la funzione di proteggere gli alberi giovani dall’essere danneggiati dagli animali della foresta. La sua identità, che rivelerà a Galvano solo alla fine dell’avventura, lo fa signore di ‘Hautdesert‘, che non indicava a quei tempi un’area abbandonata, quanto piuttosto un’area disboscata di fresco per consentire la caccia agevole, inserita nel possedimento del castellano, il qual possedimento – nel testo – è indicato come una foresta fitta, rigogliosa e selvaggia; si trattava, insomma, di un Purlieu-man (figura prevista dalla Forestlaw del tempo), vale a dire di un ‘uomo dei luoghi puri‘, sui quali graziosamente dominava. Il verde Bertilac, è dunque un Green-Man, un uomo della Natura, protettore della fertilità rigogliosa e intonsa, nascosta e dotata di natural possanza; ne vediamo uno tra gli oltre cento sparsi all’interno di quel libro vivente  che è Rosslyn Chapel, cui sono particolarmente legato:

Nel suo prezioso scritto, ‘Ermetesmo e tradizione Arturiana‘, Paolo scrive a proposito del regno di Gorre, dove Méléagant ha preso prigioniera la Regina Guinevere:

Ora, per entrare nel regno vi sono soltanto due modi, comunque entrambi difficili: “ Vous trouverez obstacle et trépas car c’est périlleuse d’entrer en ce pays …. L’accés n’en est permis que par deux cruels passages. L’un a nom pont dessous l’eau, parce qu’il vraiement sous l’eau entre le fond et la surface, il n’a qu’un pied et demi de large et autant d’épaisseur. L’autre pont est le plus mauvais et le plus périlleux que jamais l’homma n’ait passé. Il est tranchant comme une épée et c’est pourquoi tous le gens l’appellent le pont de lépée …” Dunque due vie, una ‘umida’ e una ‘secca’. Nella seconda, la via della ‘spada’, l’acciaio magico (il chalybs del Cosmopolita e di Filalete) sostiene un ruolo fondamentale e insostituibile.

Ricordo un passo di un autore poco noto:

…prendi dell’acciaio ben affilato e aprile (alla materia) le viscere e troverai questa seconda materia dei Filosofi …. Ma senza acciaio ben raffinato e lavorato dalla mano di un buon Maestro, non pensare di venirne a capo …

Da qui il simbolismo della spada magica, usato in tanti racconti, a indicare la via iniziatica prescelta. Pensiamo a Excalibur, la più famosa, dal nome così facilmente interpretabile. Lancelot et Gauvan devono scegliere. Il primo va per la via secca, il secondo per l’altra. Vedremo che Gauvain fallisce, possibile suggerimento sull’inutilità di questa strada. Notiamo che Lancelot a questo punto è ancora in ‘incognito’. Di più, è disprezzato per aver accettato di montare su una carretta di ludibrio, e quindi per essersi volontariamente avvilito senza motivo apparente. Per comprendere, è illuminante il gioco cabalistico, peraltro molto trasparente: charette va inteso come diminutivo di charrèe, la cenere che si usa per la liscivia e come fertilizzante per i campi: “ … O quam praeciosus est cinis ille filiis doctrinae , & quam praeciosum est quod ex eo fit” (In Turba), dicono i Maestri, raccomandandoci di non disprezzarla. E` la piccola ‘Cenerentola’ che tra l’altro fornisce la scarpetta di vetro, di verre, vert, il Verde inestimabile, che sarà stimolo per un’altra avventura, dedicata questa volta a Galvano. E` il colore del vaso prezioso, del Santo Graal, (il sangreal, il sangue regale). La materia va cotta col suo sangue e, come insegna la Turba, tutto ciò che ha sangue ha anche spirito.

In quest’ottica, ricordando che la Via è unica, si dovrebbe fare una riflessione: Lancelot, il Cavaliere della Cenere, è compagno di Gawain che – compiuta la propria avventura con onestà – potrà vestire la Green-Girdle (la cintura verde, a doppio giro, dice il testo) donatagli dopo il terzo bacio dalla moglie di Bertilac:  si tratta di quel vert, dunque, rappresentato dalla doppia natura del Green-Man, che è anche – mi si passi il brutto termine – il prodotto ‘fornito’ proprio da Cendrillon; Bertilac du Hautdesert, così, pare possa anche esser ‘reconnu‘ come la ‘pantoufle de verre‘ di Cendrillon (Cucendron), così indicata dal buon Maître de Savignies:

Dopo aver ben compreso che il Looking Glass di Alice non è soltanto una graziosa metafora, o soltanto un dotto simbolismo, forse il gioco delle apparenze si fa meno enigmatico, meno insidioso, meno insolito, persino meno triste: come dicevo, nulla è ciò che appare, ma tutto è “funzione” di un’Unica Materia, la Mater Ea degli antichi Philosophi.

Per finire, occorre ricordare che l’Uomo-Verde è presente in ogni tradizione, sotto mille forme, peraltro tutte ben evidenti: per esempio, al-Khiḍr, che si vuole fosse uno dei Maestri spirituali di Mosé, e pure di Alessandro Magno, un wali, ed uno dei quattro immortali accanto a Enoch, Elia e Gesù è l’incarnazione della Divina saggezza, infusa in modo naturale ed ineffabile. Letteralmente, il suo nome viene anche tradotto come ‘il Verde‘, per rappresentare la freschezza dello spirito e l’eterna vitalità. Pur se il suo nome non viene mai riportato nel Corano, si crede sia ancora vivo avendo avuto accesso all’Acqua dell’Immortalità (è il mito dell’epica di Gilgamesh, dove il ruolo, la funzione, di al-Khiḍr è svolto da Utnapishtim), e viene spesso rappresentato nell’iconografia vestito di verde.

Se viene pronunciato il suo nome, molti consigliano di salutarlo educatamente come se fosse presente, pronunciando il dovuto “Salaam Aleikum!“: egli è immortale ed anonimo, ma sempre benigno, pur nella sua misteriosa figura di ‘Profeta Nascosto’; egli ha ricevuto la Saggezza direttamente dal Divino – una “Scienza da parte Sua” (al-‘ilm al-ladunnī) – ed ha facoltà di rivelare direttamente la Via ai semplici, a chi non appartiene ad ordini e gruppi, ai non-protagonisti. Questo porsi in qualche modo al di fuori persino dagli schemi del nostro ermetismo intellettuale, tutto occidentale, ne fa lo specchio perfetto del vert, del vero, del cristallo portatore dell’informazione vitale, per ogni essere creato. Il Green Man non risponde alle leggi umane, ma vive in Natura, forse perché egli “è” Natura. Difficile certo da scorgere e/o percepire, ma ciò ovviamente non significa che non esista. Come si vede, potrebbe essere equiparato al Mercurio degli alchimisti, quello alto e puro e primevo, non specificato, di cui parlano, da secoli, i buoni testi; è quell’unico Mercurio che basta per fare l’intera Opera. Poi, il resto, si vedrà…

Ritornando alle Northern Lights, l’ “apparire” del ‘salto’ da parte di quel fenomeno che chiamiamo Ossigeno (segnalato dal rosso e dal verde ) è dovuto all’emissione di fotoni (e non solo) nei ranges rispettivamente di 630.0nm e 557.7 nm, considerate in Fisica come delle ‘transizioni proibite’ in condizioni normali. Al di là dei valori numerici per sé, che di nessuna importanza sono nel contesto alchemico, vi è la però la scala: una grandezza infinitamente piccola genera un evento di scala milioni e milioni di volte più grande, e noi vediamo con gli occhi soltanto quest’ultima scala. Tutto qui …che forse potrebbe essere scritto meglio, come ‘tutto è qui‘.

L’immagine che raffigura il saggio al-Khiḍr assieme al pesce – il cui contorno ricorda la ‘amande‘, simbolo quasi topografico  di un mesomondo vivente e vivificante, un locus amenus –  origina dalla medesima sorgente di Conoscenza antica che indica con esattezza che ‘ἕν τὸ πᾶν‘, così come accennato con idioma teutonico dal filatterio del Rosarium che adorna quel Lion vert, posto come incipit del De nostro Mercurio, qui est Leo viridis Solem devorans:

Ich bin der wahre grüne und Goldene Löwe ohne Sorgen,
In mir sind alle Geheimnisse der Weisen verborgen.

Quel Lion vert è ‘senza preoccupazioni‘, proprio come al-Khiḍr, ed in esso ed in egli sono racchiusi tutti i segreti dei Filosofi. Potrebbe mai esser stato altrimenti? Da quanto indicato dal passo ‘arturiano’ di Paolo si potrebbe dire che quel corpo ‘senza preoccupazioni‘, richieda operativamente alcune pre-occupazioni; trascurarle, credo, sarebbe poco accorto; sarebbe un po’ come non accorgersi che persino Yoda … è un altro Green Man.

Sul piano operativo, dopo magari aver meglio meditato su come ‘appare’ e come accade una Luce del Nord, mi permetto di consigliare la lettura attenta, calma, senza preconcetti e senza aspettative, possibilmente nell’edizione originale latina del 1618, di alcune parti dell’Atalanta Fugiens, offerta a chi cerca da quel saggio ed onestissimo buontempone di Michael Maier, Conte Palatino senza portafoglio; per esempio, alla Fuga & Discorso XXVII – dove si parla dell’accesso al Roseto, chiuso – vien detto a proposito dei due chiavistelli: “Hanc clavem in Hemisphaerio Zodiaci septemtrionalis reverà inveniet si signa bene numerae & discernere sciat, & lorum pessuli in meridionali: Quibus occupatis, facilè erit aperire ostium & intrare“; e a seguire: “In ipso verò introitu Venerem cum suo amasio Adonide videbit; Illa enim sanguine suo albas rosas tinxit purpureas: Ibidem & draco animadvertitur, quemadmodum in hortis Hesperiis, qui rosis custodiendis invigilat.” . Maier ricorda, non a caso, che  “Rosæ intra spinas abditæ capillos flavos habent interiùs & vestem viridem exteriùs.” E se si volesse approfondire, con la medesima attenzione, calma, assenza di preconcetti ed aspettative, si potrebbe studiare la Fuga e Discorso XXXVII: “Tre cose sono sufficienti al magistero, il fumo bianco, ovvero, acqua, il leone verde, cioè il bronzo di Ermete, & l’acqua fetida.“. Sebbene il Major Grubert mi abbia quasi obbligato a riportare le citazioni nella loro lingua originale, come stimolo utile a chi davvero voglia camminare nel Bosco incantato, ecco una mia brevissima e libera traduzione di un passaggio, la cui chiarezza e precisone è – a mio modesto avviso – senza pari:

… questo fondamento viene qui chiamato acqua fetida, la quale è madre di tutti gli elementi come testimonia il Rosario, dalla quale & attraverso la quale & con la quale i Filosofi preparano lo stesso [fondamento], vale a dire l’Elisir al principo & alla fine: viene chiamata Fetida perché manda da sè un fetore sulfureo, & un odore di sepolcri; Questa è quell’acqua che Pegaso fece scaturire dal Parnaso percosso col suo zoccolo, la quale [acqua] il monte Nonacris dell’Arcadia emette prorompente dalla roccia a causa del suo fare, la quale causa dalla sua fortissima forza può essere conservata nel solo zoccolo cavallino; questa è l’acqua del dragone, così come la chiama il Rosario, che si deve fare grazie all’alambicco senza alcuna altra cosa aggiunta, nel fare la quale c’è un massimo fetore … sappi che il fetore, se proprio c’è, presto si cambia in una grande fragranza… ; Dopo l’acqua Fetida è la volta del Leone verde di cui il Rosario [dice]: cercavano infatti la verdezza, credendo che il bronzo fosse un corpo lebbroso a causa di quella viridità che ha. Di conseguenza quindi ti dico che tutto ciò che vi è di perfetto nel bronzo è quell’unica verdezza, la quale è in esso: perché quella verdezza grazie al nostro magistero si converte rapidamente nel verissimo oro nostro & di questo siamo esperti, infatti non potrai preparare alcuna pietra senza il duenech verde & liquido, che si vede nascere nelle nostre miniere: oh benedetta verdezza che generi tutte le cose; per cui sappi che nessun vegetabile e frutto alcuno appare germinando senza che vi sia lì il colore verde; sappi parimenti che la generazione di quelle cose è verde, per cui i Filosofi la chiamarono germe. Così il Rosario: questo è l’oro e il bronzo dei Filosofi e la pietra nota nei capitoli, fumo, vapore & acqua, sputo di luna che deve essere congiunto al lume del Sole; questo leone verde combatte con il dragone, ma viene da esso superato & viene divorato in un tempo successivo … In terzo luogo segue il fumo bianco, il quale se viene coagulato fa acqua e l’acqua svolge il compito di lavare, solvere & togliere le macchie come il sapone:

Fatte le consuete raccomandazioni nel consultare un buon testo d’Alchimia, chiedo subito venia al britannico Major, ai latinisti, agli ermetisti, ai cercatori tutti per questo mio raccontare; al di là di ogni considerazione, sono serenamente convinto che se qualcuno amerà studiare, che non è certo leggere, amerà ancor di più operare, tanto più in Alchimia: senza esperienza, ça-va-sans-dire, non c’è studio che valga e/o tenga.

E così, forse, sono riuscito a rispondere, in tremendo ritardo, al curioso quesito posto tempo fa da Chemyst, in chiusura di un suo bellissimo Post:

La rousée du mois de may
M’a gasté ma verte cotte.
Par un matin m’y levay
En un jardin m’en entray;
Dites vous que je suis sotte?
La rousée du mois de may
M’a gasté ma verte cotte.”

Non è sotte quella donzella, tutt’altro …un saluto a tutti, in

enker-grene!

Riflessioni sul Tempus dell’Unus Versus …

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, April 3, 2017 by Captain NEMO

Ci si lamenta tutti – e continuamente – dei tempi difficili che viviamo; quasi che il senso di incertezza e di sofferenza che permea il nostro passare attraverso il ‘nostro’ tempo fosse cosa nuova, e tragica, e terribile, e rara. La storia umana conosciuta, in verità, racconta sempre del medesimo lamento, sia essa narrata dagli antichi o dai moderni. La triste locuzione – “mala tempora currunt” – è una delle tante nostre scuse: siamo noi che generiamo tale mal-essere, associati come siamo nella generazione e propagazione di un’onda anti-naturale al flusso del divenire: se i ‘tempora‘ corrono, noi corriamo esattamente … contro-tempo.

Corriamo, fra l’altro, completamente contro il Piano di Madre Natura. É in atto da molti anni un abile piano teso al rapidissimo e progressivo livellamento verso lo zero dell’importanza della Conoscenza nelle vite umane, qualunque fosse la cosiddetta Via che l’individuo scegliesse per il proprio percorso: ormai tutto si gioca sul digitale, il quale  – nella sua ‘fascinosa’ facilità di ‘consumo-ready-made‘ – è ormai del tutto controllato e programmato ad assicurare che nessuno osi solo pensare e/o – addirittura – fare qualcosa di seriamente indirizzato verso Sophia, ed in particolare allo studio faticoso ed alla pratica paziente legati alla ricerca delle innumerevoli Meraviglie della Natura. Tutte le Arti antiche, tutte, sono ormai state inoculate, con scientifica strategia, di un efficientissimo virus, per sopire e presto annullare il canto d’Amor della creatura per Lux. Non è un ‘gomblotto’, sia ben chiaro: trattasi di pura azione, sotto gli occhi di tutti, alla luce del sole. Il ciarpame fai-da-te & credi-a-me si è sposato ormai con una sapientia di educata facciata, ancor più votata all’oscurantismo scadente, dozzinale. Sapientia, in questi mala tempora periodici, non indica alcuna Sagesse; Harmonia è svilita, spogliata e dileggiata. Ma questo sarebbe un discorso troppo lungo, e temo noioso alquanto. Forse è tempo di dialogar di tempo, a tempo.

Chiarisco subito che il tempo, come tale, non esiste: quel che noi chiamiamo ‘tempo’ è in realtà soltanto la misura di una scansione di eventi; essa è locale, può in taluni casi esser considerata come ‘relativa’, ma non possiamo apprezzare un tal ‘tempo’ se non attraverso l’osservazione del mutamento cui i corpi – tutti i corpi – sono sottoposti per Legge Naturale.

Nel mundus fisico – ripeto: fisico, vale a dire sostanziale, il mondo della materia pura, continua ed isotropa – non esiste tempo, piuttosto il non-tempo. Il ‘nostro’ tempo, quello degli orologi nostri, nasce (meglio: appare) nel momento in cui un corpo ‘entra’ in manifestazione. Questa ‘apparizione’ è, per l’appunto, semplicemente limitata dalla eventuale scansione da parte della mente umana della sequenza di micro eventi (passatemi il termine) con i quali osserviamo il corpo che scorre – e dunque che si  ‘muove – nel divenire locale e via via – allargando l’orizzonte degli eventi percettibili – nel sempre più generale flusso di eventi. Questo può chiamarsi anche ‘tempo fluente’, a patto di concordare su alcuni dettagli legati al moto; ad una actio segue un motus, cui segue sempre un calor. Manca l’actor, ma ne abbiamo già parlato a iosa in altri post, e può godere in effetti di molti nomina.

Il tempo di cui parlo qui è quello che si chiamerebbe – secondo Severi – tempo naturale:

Il tempo naturale è in continuo divenire; è una specie di assoluto, che però non può giammai diventare tale, perché non se ne consegue mai una fase definitiva, che segnerebbe la conquista di tutte le verità.“.

Chiosa Pannaria:

Il tempo e lo spazio, sullo sfondo di un assoluto, sono relativi per i divenimenti della natura e non per la loro stessa natura. Così Aristotele notò per primo che il tempo è connesso con le mutazioni dei corpi ed al costituirsi delle individualità di ciascun corpo. Se non ci fosse il discontinuo della materia combinata, e se la materia incombinata non divenisse combinata nei suoi elementi, e non ci fossero le mutazioni di questi elementi di ciascuna discontinuità materiale, non comparirebbe il tempo e non ci sarebbe il fluire del tempo, ma lo stare in un eterno presente del non-tempo. …Cosicché, come non è concepibile un discontinuo della materia combinata senza un continuo della materia prima e incombinata nei suoi elementi, così non è concepibile il tempo senza il non-tempo e così è incomprensibile una relatività fisica senza un assoluto parimenti fisico e di antitetica fisicità.

[da Mutazione Fisica, Reazione Chimica e Relatività, in F. Pannaria, Memorie Scelte (qui)- a cura di Claudio Cardella, 2016, p. 368, p. 387]

Nonostante l’apparente complessità del linguaggio, questi statements sono essenziali, indispensabili, per afferrare alla radice il falso problema della umana lamentazione: il tempo non potrebbe mai essere realmente ‘buono’ o ‘cattivo’; al contario, come è noto, siamo noi a scegliere di esser ‘buoni’ o ‘cattivi’; e nel tentativo di meglio chiarire il punto è bene ricordare – sempre – che ogni corpo che è in manifestazione (meglio: in qualsivoglia manifestazione) è agito da un moto, continuo ed ‘invisibile’ ai nostri sensi. Tale moto attiene alle ‘forme’ costituenti i corpi (anche ciò che chiamiamo Spiritus è corpo), che scambiano le proprie particelle (ed anti-particelle) – funzionali all’oggettivo ‘apparire’ nel mondo fisico sensibile – con il mundus della materia prima soggiacente al mondo fisico sensibile. Questo Scambio è il responsabile – locale e generale, in quanto locato alla cerniera dei due mondi – del mutamento del corpo, del suo fluire, del suo divenire, della sua ‘vita’. Nulla è fermo; mai. Anche ciò che la fisica di oggi definisce come ‘stato di quiete‘ – una non felice locuzione a mio modo di vedere, quanto meno inaccurata – è in verità uno stato di moto, ove vige – perenne – lo Scambio. Il moto è alla base di ogni manifestazione, ancorché del tutto impercettibile dai nostri sensi. Questo ‘fondo’ di continua e meravigliosa ‘attività motoria‘ dei componenti base dei corpi è la caratteristica fondante degli Uni-versi, ove il termine esprime d’altro canto il moto di riversamento delle particelle, contemporaneamente sia dal corpo al Campo, sia dal Campo al corpo (sia esso in stasi o in moto relativo).

Non è questo il luogo per approfondire meglio la portata e le conseguenze del Sistema Naturale in acto; è però importante non dimenticare che ogni costituente di un corpo qualsivoglia – sia esso chiamato Particella, Quark, Zolfo, Mercurio, & Pippo&Pluto&Paperino – è per Legge Naturale in continuo motus; esso, così, “vive.

Si dice: ma questo, che c’entra con Alchimia?

Si risponde: questo è l’esatto Regno di Madre Natura, e l’Alchimia è la prova sperimentale, tangibile, praticabile, della Sophia che presiede ad ogni Creazione, qui&altrove, ora&sempre.

In ogni Laboratorio alchemico, operato con grazia, perizia e gioioso rispetto per la grandezza di Madre Natura – sia esso allestito da un neofita che abbia studiato secondo regola e tradizione, o da un esperto praticante l’Arte del Fuoco secondo regola e tradizione – sin dalla primissima banale operazione, seppur obbligatoriamente ‘canonica’, la Materia ‘muta’; non tanto e soltanto a livello visuale, olfattivo et alia, quanto a livello di sub-stantia. Chi non tenesse conto del fatto che i mutamenti che occorrono nel Laboratorio alchemico sono in ogni momento la conseguenza di un moto preciso di particelle costituenti (e, … no: non si tratta delle particelle della fisica; ça-va-sans-dire) scandite in luoghi fisici caratterizzati da tempo/non-tempo/tempo (in quest’ordine, e con periodicità esatta stabilita dalla Natura) perderebbe – temo – tanto l’Oriens che l’Occidens, e dunque la propria rotta, quantomeno quella ‘naturale’. L’alchimista cammina a ritroso nel tempo ‘locale’ proprio e delle Materie in opera, per accedere – se e quando fosse permesso – al non-tempo. Come, quando, dove e perché questo evento possa accadere non sono quesiti cui si possa rispondere qui: tali quesiti attengono soltanto all’intimo del pellegrino, al chercheur. Parlarne con un amico fidato potrebbe essere bello di fronte al caminetto, ma le eventuali risposte/ipotesi sono, credo, riservate al silenzio delle proprie stanze.

Torniamo al processo Naturale, che è osservabile – per chi è accorto al cuore delle Materie in opera – durante tutto il processo alchemico ‘canonico’ (per chiarezza: il ‘canone’ non è mio, tuo, suo, delle Fate – che pure esistono – o degli elusivi Elfi antichi; il ‘canone’ viene joué da un artista innamorato, ma non ” è ” sua proprietà. In Alchimia esso è, semplicemente, di proprietà della Natura, che lo offre con generosità a coloro che osservano senza pre-giudizi e pre-concetti delle umane menti, la Natura all’opera. L’artista necessita dunque di ispirazione, di intuizione, secondo le poche regole usata da Madre Natura in ogni processo armonico. Basta un bel bosco, alle prime luci dell’alba, lontani dal frastuono della nostra civiltà). Tuttavia non basta, temo, guardare, ma è necessario imparare ‘da zero’ ad osservare il flusso degli eventi; e considerare ciò che accade: tutto cambia di sostanza in un Laboratorio alchemico, e la danza dello Zolfo e del Mercurio, meravigliosa da ammirare, è del tutto aliena alla logica della nostra mente. Eppure è lì, e le opportunità vanno colte per seguir meglio le orme lasciate dalla Dama lungo il cammino antico. Tutto ‘cangia’, ogni cosa muta. Se si trascura il senso profondo del mutamento, e delle materie e dell’operatore, si rischia di perdersi in un ginepraio di ipotesi balzane. Ciò che è importante è comprendere che dietro ogni mutamento NON si cela il frutto di una reazione chimica, quanto una Scambio di parti costituenti – dategli il nomen che volete – tra una dimensione fisica dove ‘appare’ una cosa che chiamiamo tempo, ed una realtà fisica dove ” é ” non-tempo. Quelle parti costituenti sono le stesse per ogni corpo in manifestazione. Già questo dovrebbe/potrebbe far accendere l’attenzione. Non serve darsi la pena di scrivere equazioni in Alchimia: serve scendere nella semplicità profonda con cui Madre Natura opera. Il processo di scambio, di quello scambio naturale, è un flusso continuo, di corpi agiti tramite il supporto formidabile di un altro corpo peculiare che chiamiamo Spiritus. L’attore di questo Scambio – in ogni corpo – è la Massa, la quale – val la pena di ribadirlo ancora una volta, assieme a Newton – NON è la Materia. Al contrario, la Massa ‘scambia’ Materia e/o Energia tramite il proprio Campo, anche quando il corpo non fosse in moto locale, relativo. Questo fenomeno Naturale, alla base di ogni Creazione in ogni Universo, dà conto di cosa sia in realtà il Calor, sia esso osservato come Qualitas che come Quantitas: nel primo caso esprime la ‘funzione’ di ‘focosità’ (intrinseca ed estrinseca, a seconda della definizione del sistema di osservazione con il quale si desiderasse cogliere tale ‘aspetto’), nel secondo caso come ‘misura’ del fenomeno di radianza calorica. Questo Calor è evidentemente fenomeno locale, attinente cioè la “vita” del corpo e le sue eventuali interazioni, sia con il Campo Unico che con i Campi locali di altri corpi.

Questo Calor, fenomeno chiave della “vita” di ogni corpo, quando viene misurato esprime la presenza – qualitativa e quantitativa – di una Frequenza, funzione con cui il corpo ‘scambia’ più o meno velocemente i propri ‘quanta’ con il Campo. Ergo, è evidente che – se si volesse davvero comprendere cosa sia un ‘mutamento’, che in Alchimia è ‘mutazione’ – l’accordo di frequenza è imprescindibile. Per il Fisico ed il Chimico, potrebbe forse esser sufficiente sintonizzare alla miglior bisogna la frequenza dello strumento di indagine: in tal modo si ha una ‘misura’ del calore (cioè, una Temperatura viene assegnata), e tutti sono contenti. L’Alchimista, ed ancor più il Filosofo Naturale, ha di fronte a sé un processo di sintonizzazione non più banalmente strumentale, bensì “vitale”, sia in termini fisiologici che di senso dell’operatività alchemica. O prima, o poi, dovrà farci i conti.

L’alchimiste doit être au diapason de ses matériaux.

Il monito famoso di Canseliet, oltre al portato magistrale, suona alla perfezione. Il diapason, tutti lo sanno, è un oggetto che permette l’accordatura degli strumenti dei musici che debbono jouer la musique; ne esistono diversi.  In Alchimia, l’artista è strumento come le Materie: non si tratta di escogitare o provare a caso o approssimarsi ad una frequenza sonora, quanto di  “pulire” il nostro corpo, aggregato complicatissimo di complessi e numerosissimi ‘corpi’, sino a portarlo – in modo Naturale –  in prossimità del range di frequenze di base delle Materie. Un’operazione in tal senso tramite la volontà è del tutto inutile, impossibile e risibile. Ma quando le frequenze fossero ‘giuste’ i processi accadono, in modo spontaneo, naturale; in alcuni casi, si avrà ‘risonanza’. La difficoltà di questa operazione di progressiva accordatura del nostro personale Campo di frequenze (biologiche et alia) consiste nell’accorgersi che una parte indispensabile dei lavori alchemici è di fatto lo status interno, intimo, dell’artista: sin dalle primissime operazioni, il rapporto con le materie in Opera deve essere ‘accordato’ (alla Lux): le Materie, trattate alchemicamente, sanno farlo con assoluta naturalezza: esse sono in Naturale frequenza con il grande Progetto di Madre Natura, essendo enormemente meno complesse di un essere umano. Noi tutti, al contrario, siamo estremamente lontani dal poter ‘risuonare’ con l’onda base (o, in taluni casi, il pacchetto d’onda) della Creazione; per di più, ed è ciò che forse è più grave, tutti gli umani sono ammaliati (ma sarebbe più corretto riconoscerli come ‘ammalati’) dal desiderio di potere e di controllo. Qui, esattamente, si pone la scelta da parte nostra tra ‘bontà’ e ‘cattiveria’. Sono entrambe possibili, e drammaticamente antitetiche.

When you look at the dark side, careful you must be. For the dark side looks back.

Un animale, una pianta, un sasso non rispondono a questo triste stimolo, devastante. Questo è il motivo per il quale si dice che l’Alchimia è difficile: reincrudare un umano è terribilmente complesso; il cammino è lungo, difficile e pieno di auto-trappole. Spegnere il cervello e riempire il ventre di Spirito Universale era una delle immagini proposte da Paolo: la raccomandazione è perfetta.

Così difficile è il raggiungimento di questa accordatura ‘in Natura‘, che si è inteso sostituire allo studio ed alla pratica operativa soluzioni bizzarre e bislacche: alchimia spirituale, simbolica alchemica, vie sessuali e quant’altro; persino  la mistica e i sempre-utili ‘misteria‘ sono somministrati  in varie salse e declinazioni. Pur di salvare la propria ragione, il proprio ego, i propri convincimenti, le proprie debolezze, le proprie maldestre mancanze, la propria ‘fede’, tutto viene travisato al fine di poter dire ‘… sono un alchimista‘. Un gran peccato, ma questo è l’uomo, oggi come ieri: tutto ruota intorno all’ego, come se Alchimia – che è per nascita e funzione un Universale – potesse mai essere fenomeno locale, proprietà di uno o di pochi, strumento di selezione e controllo di una salvezza, un po’ come una fede ridotta per di più a marketing esoterico, d’élite. Per carità, ognuno è sempre libero di credere quel che vuole, ma Stelle, Galassie, Clusters, Universi e Materie (nel piccolo e nell’immenso) non necessitano di fede alcuna per esistere. Stelle, Galassie, Clusters, Universi e Materie sono esistite miliardi di eoni PRIMA della nostra bizzarra civiltà terrestre: la Creazione dei corpi ” É ” una actio perenne, senza inizio e senza fine, che si svolge in modo preciso e perfetto da un locus dove abita il non-tempo a beneficio di un locus dove ‘appare’ un tempo, ben meglio di quanto potremo mai fare noi poveri ammalati di potere&controllo: non sarebbe l’ora di smetter di dire la qualunque e di mettersi seriamente in cammino verso nuove terre, nei fatti e non nei ‘misterici ammiccamenti‘?

La realtà è tutta da scoprire, tutta da apprezzare, tutta da contemplare. Al di là delle chiacchere, gli Universi esistono ben prima delle nostre credenze, filosofie e religioni: ed ho sempre trovato molto pesante l’appiccicare l’etichetta di ‘mistero’, di ‘proibito’ al cammino verso la Conoscenza dei processi della Natura, specie se tale azione depistante viene fatta nel nomen di una filosofia o – quel che è peggio – di una qualsiasi religione. Lo ripeto: la Creazione è un tale accadimento di eventi meravigliosi, un tal profluvio di gioia e musica armonica, un dono continuo di bellezza ed Amor, che stento a giustificare le tetre ammonizioni da parte dei vari sapientes di turno a non commetere il “terribile peccato” nel volgere il Cuore alla Conoscenza di Madre Natura, nostra Madre… ed accade, ça-va-sans-dire, ancora oggi. Bah…

D’altro canto, l’illusione è la chiave di volta per apparir ‘salvi’ delle proprie insipienze, prima a sé stessi e poi al proprio prossimo, vicino o lontano; e chi avesse studiato a lungo le gesta degli alchimisti si sarà reso conto di quanti inganni siano stati ‘passati’ per ‘benevole dritte’ o ‘caritatevoli doni’, persino da parte di alcuni autori tra i più rispettati. Ogni alchimista appartiene al genere umano, una delle creature più arroganti – a voler essere gentili – che abitano Terra. Come procedere dunque? Non mi sogno di consigliare alcunché: la Via è solitaria, estremamente privata e individuale. Ognuno farà quel che sente.

Mi premeva però portare all’attenzione di chi studia e pratica, in silenzio e con dolce umiltà, che – indipendentemente dai vari ‘credo’ – le fondazioni della Philosophia Naturalis, la Grande Madre dell’Alchimia operativa, parlano – in ogni Tradizione, in ogni civiltà, in ogni epoca – di Frequenza: che essa sia nominata come suono, luce, o altro, che sia di bianco vestita, che abbia i capelli turchini, che sia la madre segreta del Grande Ciaparche Verde, che sia questo o quello, poco importa: i nomen sono adattamenti esplicativi ‘locali’, non generali. Ogni corpo vivente, in qualunque regno specificato, anche in quelli a noi ancora sconosciuti, ‘respira’ tramite Frequenza. Intendere tutto ciò come un portato di Chimica-Fisica è a dir poco inutile e riduttivo, quanto ingannevole: di Vita si parla qui, in ogni Creazione, al di là dei soliti pre-concetti; ed essa attiene, come signum inequivocabile del fenomeno del ‘vivente’, all’Alchimia. Ed ogni operazione alchemica agisce dal Generale verso il Locale, per ‘muovere’ – mutandoli – i corpi in Opera verso l’accordatura Armonica della Creazione: l’Alchimia operativa è la replica, in piccolo, del processo base in atto perenne in ogni manifestazione: essa è davanti agli occhi di tutti, e non è nascosta. Non osservare l’Opera di Madre Natura, per iniziare la propria personale Comprensione dell’Opera d’Amor, è perlomeno sciocco. Ciò che è occulto, si disvela una volta che tutti i corpi in Campo – Materie ed artista – siano in risonanza armonica, secondo quanto magnificamente apparecchiato da Madre Natura. Occorre cercare e viaggiare, e – bussando alle porte del Cielo – talvolta chiedere: qualcuno risponde. Sempre.

Certo, occorre avere il coraggio di studiare e praticare, e la difficillima semplicità di formulare la domanda giusta (Perceval docet): consci che dall’altra parte, da quel mundus primo, ben fisico ed esistente, popolato da un felice ed allegro mucchio di esseri nostri Fratelli, tutti leggono il cuor degli umani bussanti, siano essi neofiti o sapienti. Capriole ed avvitamenti, pur perfetti e paludati, causano solo malcelate risate.

In effetti, viaggiare verso Casa non può che causare una solida, soffusa, pervadente allegria: no ?

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Buon non-compleanno, a tutti!

Sereno Natale …! God rest ye merry gentlemen.

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Various Stuff with tags , , , , , , on Saturday, December 24, 2016 by Captain NEMO

Dies Natali: qualunque sia la fede, il credo, il sentimento, auguro a tutti di viverlo – anche solo per un attimo, raccolti – come una riflessione leggera dell’animus, ricordando il senso della Tradizione antica. Ed unica. Liberi, per una volta, dalla prigione pesante che ognuno veste a suo modo, ritenendo di essere ‘libero’.

It’s better to light a Candle,
than curse the darkness

La Force

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Tuesday, December 6, 2016 by Captain NEMO

Uno dei Capitoli più belli e famosi de Les Demeures Philosophales è quello dedicato a “Le Guardie del Corpo di Francesco II, Duca di Bretagna“.

Tombeau des Ducs de Bretagne - Nantes

Tombeau des Ducs de Bretagne – Nantes

Il monumento sepolcrale dei Duchi più amati dai Bretoni è oggi ospitato nella Cattedrale di Nantes, ma prima della Rivoluzione era stato edificato nella Chiesa del Carmine; nel 1499 Anna Di Bretagna, Regina di Francia e seconda sposa di Louis XII d’Orléans (dinastia Valois),

Devise de Louis XII et de Anne de Bretagne

Devise de Louis XII et de Anne de Bretagne

decise di onorare la memoria dei genitori – François II Duc de Bretagne e Marguerite de Foix; il progetto è affidato a Jehan Perréal, e realizzato da Michel Colombe. Francesco II é inumato assieme alla prima moglie Marguerite de Bretagne, ma in seguito verranno aggiunte le spoglie di Marguerite de Foix, madre della Regina Anna. Alla sua morte, nel 1544, la Regina verrà sepolta a Saint-Denis (che a Parigi ospita i monarchi Capetingi): ma il suo cuore verrà trasportato in solenne processione fino a Nantes, deposto in un prezioso scrigno in oro e posto nella tomba originaria di famiglia. L’esistenza dell’oggetto – ancora oggi venerato e considerato patrimonio della storia della orgogliosa ‘nazione Bretone’ – viene ricordato da Fulcanelli in una Nota:

M. il Canonico G. Durville, alla cui opera dobbiamo questi dettagli ha gentilmente voluto inviarci un’immagine di quest’oggetto curioso, priva, ahinoi!, del suo contenuto, che fa parte delle collezioni del museo Th. Dobrée, a Nantes, di cui è il conservatore. «Vi invio, ci scrisse, una piccola fotografia di questo prezioso reliquario. L’ho posta un momento nel luogo preciso dove era il cuore della Regina Anna, pensando che questa circostanza vi avrebbe legato con maggior interesse a questo piccolo ricordo.»”

Coeur d'Anne de Bretagne

Coeur d’Anne de Bretagne

Coeur d'Anne de Bretagne

Coeur d’Anne de Bretagne

Oltre ad essere il Conservatore e Bibliotecario del museo Dobrée dal 1924 al 1947, Georges Durville (1853-1943) era anche il vice-presidente della Société archéologique de Nantes, e promosse una serie estesa di scavi nei terreni del Vescovato di Nantes, riportando alla luce 3 piscine battesimali databili al IV secolo AC (ritrovamenti pubblicati in Les Fouilles de l’évêché de Nantes (1910-1913). Oltre a citare Etudes sur le vieux Nantes di Durville, Fulcanelli ringrazia un po’ più che formalmente l’archeologo Bretone, suo contemporaneo:

Preghiamo M. il canonico Durville di qui voler ben gradire l’espressione dei nostri vivi ringraziamenti per la sua pia sollecitudine e la sua delicata attenzione.“.

L’interesse di Fulcanelli per la foto del reliquario che aveva contenuto il coeur di Anna di Bretagna, forse, poteva essere un po’ più che solo alchemico.

Jehan Perréal, come ricorda lui stesso in una lettera al segretario di Margherita d’Asburgo, Arciduchessa d’Austria e Princesse de Bourgogne (Perrèal partecipava al progetto di costruzione del mausoleo di Filiberto di Savoia a Notre-Dame de Brou, sotto gli auspici della Princesse sua moglie), aveva assunto Michel Colombe per la realizzazione del monumento funerario a Nantes:

Monseigneur, je vous ay envoyé le patron de la sépulture du duc de Bretaigne tout ainsy qu’elle est faite, sans y adjouter ni diminuer. Les Vertus ont VI pieds et demy. Ledit patron j’ay fait juste; j’ay été toujours quand on le faisait ou le plus de temps. Je l’ay posé en ce lieu, comme autrefois vous ay conté. Quand au marbre on la fet venir de Gênes. Michel Coulombe besongnait au mois et avait pour mois vingt ecuz l’espace de sinc ans; il y avait deux tailleurs de maçonnerie antique Italiens qui avaient chaqun 8 écuz pour mois. On paiait tous fers asserés, tous outilz. Finalement la chose a été si bien achevée que j’y posé au lieu désiré par la dite Dame (i.e., Anne de Bretagne) et cousta à poser, tant pour faire la voute, pour mettre les corps que pour les engins pour l’enrichir d’un peu d’or, la somme de 560 livres, car j’en ai tenu le compte.“.

"La complainte de Nature à l'alchimiste errant"Perréal – pittore della casa reale di Francia – disegna, e Colombe realizza le sculture; Perréal – la cui vita è ricchissima di episodi ed incontri, ma sempre vissuta con un basso profilo – è conosciuto da chi studia Alchimia per esser stato l’ editor de La Complainte de Nature à l’alchimiste errant (attribuito a Jean de Meung, 1516), la cui miniatura è ben nota:

Chiudo questo piccolo preambolo storico con Colombe: se Fulcanelli lo fa nascere a Saint-Pol-de-Léon nel 1460 (ancora in Bretagna), si pensa oggi che sia nativo di Bourges; Bourges, la cui bellissima Cattedrale manca all’interno de Le Mystère des Cathédrales, fu attorno al ‘500 il centro di una sorta di ‘associazione artistica’: gli scultori Jean e Michel Colombe, lo stampatore e calligrafo Geoffrey Tory e il pittore Jean Perréal. La loro attività si svolge attorno ai Valois/Bourbon, prestando la loro opera alle Dames importanti di questo partito dinastico: Madame du Plessis-Bourré, Madame du Beaujeu (per la quale, nel 1497, Perréal compirà una delicata opera di recupero dei diamanti che Madame de Beaujeu aveva affidato a Madame du Plessis-Bourré), la Regina  Anne de Bretagne, la Regina Charlotte de Savoie. Perréal – pare, ogni prudenza è d’obbligo – fosse fra l’altro il Gardien di un ordine piuttosto antico che sarebbe sfociato a metà ‘800 nei F.C.H., anch’essi basati a Bourges.

Pur essendo Les Demeures Philosophales in qualche modo destinato ad illustrare i contenuti esoterici ed alchemici di alcune ‘Demeures’, Fulcanelli dedica alla tomba dei Duchi di Bretagna uno dei Capitoli più belli; quasi un segnalibro Bretone, come pegno di un amore profondo per la terra e la storia di Breizh, il Capitolo è dedicato all’esame rigoroso delle quattro Gardes du Corps, personificazioni delle quattro Virtù Cardinali; l’espressione originarie delle Virtus sono naturalmente les forces che debbono essere utilizzate da ogni essere umano lungo il proprio cammino terreno: Justice, Force, Temperance, Prudence.

Definita da Fulcanelli come ‘le chef-d’œuvre de Michel Colombe‘, La Force offre una raffigurazione di una allegoria estremamente apparentabile all’operatività alchemica: un Dragone strangolato dalla mano della Garde, che lo ‘estrae‘ con forza aggraziata ma decisa da una fenditura di una Torre.

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[Debbo ringraziare due amici francesi, Archer ed Ibrahim: il primo per la riproduzione della tavola originale di Champagne, il secondo per le magnifiche foto di Nantes. La loro passione ed il loro impegno nei confronti della Gran Dama sono, da anni, un serio punto di riferimento per gli studiosi dell’Arte. Merci bien, Monsieurs !…]

Le chef couvert d’un morion plat, au mufle de lion en tête, le buste revêtu du harcelet finement ciselé, la Force soutient une tour de la main gauche et, de la droite, en arrache, — non un serpent comme le portent la plupart des descriptions, — mais un dragon ailé, qu’elle étrangle en lui serrant le col. Une ample draperie aux longues franges, dont les replis portent sur les avant-bras, forme une boucle dans laquelle passe l’une de ses extrémités. Cette draperie, qui, dans l’esprit du statuaire, devait recouvrir l’emblématique Vertu, vient confirmer ce que nous avons dit précédemment. De même que la Justice, la Force apparaît dévoilée.

Il capo coperto da un morione piatto, al musello di leone sul davanti, il busto rivestito dalla cotta finemente cesellata, la Forza regge una torre con la mano sinistra e, con la destra, svelle – non un serpente come riportato dalla maggior parte delle descrizioni, – ma un dragone alato, che strangola serrandogli il collo. Un ampio drappeggio dalle lunghe frange, i cui risvolti poggiano sugli avambracci, forma un cappio nel quale passa una delle sue estremità. Questo drappeggio, che, nell’intento dello scultore, doveva ricoprire l’emblematica Virtù, viene a confermare ciò che abbiamo detto in precedenza. Come la Giustizia, la Forza appare senza velo.

Il Morione era il casco tipico delle fanterie europee del ‘500: il ‘morro‘ spagnolo indica la parte tondeggiante a protezione della testa, forse ispirato dal copricapo usato dai Mori in battaglia. D’altro canto, il Celtico ‘mawr‘ indica per l’appunto ‘testa‘, ma anche ‘mor‘, il ‘cumulo di pietre‘, il monticello del Gallese ‘mur‘. Morione è anche il nome di una varietà di quarzo nero. La Force indossa un Morione piatto, magnificamente decorato sui due lati con un altorilievo a spirale a tre balze: ricorda il Nautilus, ed evoca un ciclo armonico naturale, basato come è noto sulla serie di Fibonacci. La parte anteriore è scolpita come muso di leone a mo’ di celata: sotto il naso, Colombe ha inciso un simbolo ‘a ghianda‘, forse una sorta di marchio d’atelier. Il Copricapo è completato sulla nuca da un paracolpi loricato a cerniera.

Sotto il Morione, si intravede un copricapo in tessuto, da cui spuntano sui lati le ‘tresses‘, intrecciate con eleganza e raggruppate anch’esse a spirale, commentate da Fulcanelli così:

La tresse, nommée en grec σειρα (seira), est adoptée pour figurer l’énergie vibratoire, parce que, chez les anciens peuples hellénique, le soleil s’appelait σειρ (seir).

Nantes, La Force - la 'Tresse'

Nantes, La Force – la ‘Tresse’

Segue poi l’explication di Fulcanelli sul corsetto cesellato in forma di corazza leggera:

Le scaglie interconnesse sulla piccola gorgiera della cotta sono quelle del serpente, altro emblema del soggetto mercuriale e replica del dragone, anch’esso scaglioso. Delle squame di pesce, disposte a semicerchio, decorano l’addome ed evocano la saldatura, al corpo umano, di una coda di sirena. Ora, la sirena, mostro favoloso e simbolo ermetico, serve a caratterizzare l’unione dello zolfo nascente, che è il nostro pesce, e del mercurio comune, chiamato vergine, nel mercurio filosofico o sale di saggezza. L’identico senso è fornito dalla galletta dei re, alla quale i Greci davano lo stesso nome della lunaσεληνμ (seléné); Questa parola, formata dalle radici σελας (selas), éclat, e ελμ (elé), luce solare, era stata scelta dagli iniziati per mostrare che il mercurio filosofico deriva il suo éclat dallo zolfo, come la luna riceve la sua luce dal sole. Una ragione analoga fece attribuire il nome di σειρμν (seirén), sirena, al mostro mitico risultante dall’unione di una donna e di un pesce; σειρμν (seirén), termine contratto da σειρ (seir), sole, e da μηνη (méné), luna, indica ugualmente la materia lunare combinata alla sostanza sulfurea solare. É dunque una traduzione identica a quella della focaccia dei re, rivestito del segno della luce e della spiritualità – la croce, –  testimonianza dell’incarnazione reale del raggio solare, emanato dal padre universale, nella materia grave, matrice di tutte le cose, e terra inanis et vacua della Scrittura.

Questo passo, in apparenza complesso, è – more solito – un paradigma completo della Grande Opera; fatte salve le apparenze per così dire ‘classiche’ dell’operatività, Fulcanelli indica con precisione il come&perché. Posso solo sottolineare la precisa risonanza con le fondamenta della Philosophia Naturale, di quella stessa, unica, Physica che anima Alchimia. Naturalmente, occorre prima averla studiata, meditata e, nel tempo, afferrata. Non vi affatto casualità nella pratica di laboratorio, bensì l’identica causalità mostrata in chiaro da Madre Natura nel processo continuo della Creazione. Si può far finta di niente e scrollar le spalle, certo, e pensare che tutto si debba ad una attesa fideistica, miracolosa (si trascura spesso che il ‘miracolo’ esprime il senso di ‘una cosa da osservare‘). Nel rileggere questo passo, resto convinto che Alchimia è Scientia & Ars, niente di più, niente di meno. La allegra Cabala fonetica utilizzata da Fulcanelli vela la funzione dei componenti dell’Actio con cui la Materia viene in essere nella manifestazione: quella ‘energia vibratoria‘ è l’effetto – e simultaneamente la causa, ma in un piano speculare riservato, e peculiare – della materializzazione, attraverso Lux, della Forma soggiacente il corpo; questo processo può essere condotto e portato ‘ad terminem‘ soltanto dalla Force, quella di Madre Natura, non certo la nostra. Le Creature non posseggono, non dominano questa Force, che ne è piuttosto la loro origine. Siamo così orgogliosamente affardellati dall’antropomorfismo, che diamo credito di esistenza solo a ciò che possa ricadere sotto i nostri sensi; ma sulla scena del teatro delle apparenze prendiamo spesso lucciole per lanterne, scambiando l’effetto per la causa; chiamiamo ad esempio luce l’emissione del Lumen, pensando che Lux sia solo una deliziosa figura retorica, certo utile per ‘filosofeggiare’. Ma è Lux l’Agente di Natura perenne, che del Campo  – unico – è Signore e proprietario: Lux irradia in continuum, senza frontiere di spazio e tempo (entrambi, sono percepibili dalle creature, ma sono ‘locali’), e l’interazione tra la Materia che deve prender ‘forma’ ed il ‘campo luminoso’, per quanto ai nostri sensi oscuro, avviene secondo un piano perfetto per gradi e attraverso proporzioni: il gioco della liberazione del Mercurio e dello Zolfo – corpi materiali puri in cui albergano i due Principia – richiede all’artista che si dia dispositio alla materia: nel macroscopico essa è espressa dal peso, nel microscopico per quanti. Di quest’ultimo aspetto – che è il dominio esatto d’Alchimia – gli antichi parlano di ‘per minima‘.

Con precisione Fulcanelli evoca questo aspetto: la materia grave, che pesa, la matrice di tutte le cose, è quella terra inane del Genesi; Sol e Luna sono ovviamente già presenti nell’intimo di quella terra, e necessitano di Lux ed Esprit per iniziare il corso di  specificazione del corpo. Sed de hoc satis.

Un ultimo commento, suggerito dalle immagini del magnifico monumento: i due Gisants – poggiati su morbidi cuscini approntati da tre angelots – sono protetti dai due animali simbolici: il Leone per il maschio mostra l’ecu couronné con le armi di Bretagna, mentre il Levriero per la femmina porta il collare dell’ Ordre de la Cordelière (creato da Anna) e mostra le sue armi coronate (partito, a destra di Bretagna e a sinistra di Foix-Béarn-Navarre, ereditato dai genitori di Marguerite ). Entrambe le armoiries mostrano in campo lo smalto d’Hermine, di bianco inseminato di trifoglio di nero e codetta spartita in tre dello stesso.

L’Armellino è stato sempre usato nelle armi di Bretagna, che lo ha sempre anteposto in ordine di importanza tanto all’oro e all’azzurro (colori della Francia): il piccolo mustelide porta la pelliccia bianca d’inverno, e d’estate bruna rossastra sul dorso e bianca sulla pancia. La coda, peraltro, è sempre nera.

Sant Malo - Armes de Bretagne

Sant Malo – Armes de Bretagne

Il Motto recita: “Potius mori quam faœdari” (“Piuttosto morire che macchiarsi“), la stessa devise raffigurata in uno dei cassoni del Palazzo Lallemant, a Bourges: naturalmente, Fulcanelli nel suo commento al Cassone VIII di Dampierre si ricollega alla Bretagna ed alla sua amata Regina Anna, essendo l’ermellino chiuso nel suo recinto il simbolo del mercurio filosofico:

Dampierre-sur-Boutonne, Caisson VIII

Dampierre-sur-Boutonne, Caisson VIII

“L’hermine pure et blanche apparaît ainsi comme un emblème expressif du mercure commun uni au soufre-poisson dans la substance du mercure philosophique.”

Come si vede l’allegoria permette all’alchimista di parlare sempre con precisione della medesima operatività, pur usando fonemi diversi: se si confronta l’explication data per la Force, si conclude che la sirena corrisponde all’ermellino, e che la vergine è il dragone, e che lo zolfo è il pesce. Certo, a seconda di alcuni contesti – verificabili solo nella pratica di laboratorio – vi sono apprezzamenti più coerenti; ma ci si deve arrendere all’evidenza del Grand Jeu: il paradosso in Alchimia mostra la verità, purché si cammini nello studio e nella pratica.

Concludo invitando a riflettere: la Virtù de la Force, Cardinale, non indica solo una forza umana, una terrena volontà, una determinazione da usare per raggiungere uno scopo, sia esso violento o dolce; in verità, la Force di cui si parla in Alchimia è “il” Flusso dell’Actio di Madre Natura; questo Flusso non è una figura retorica, bensì la componente fondamentale del processo di Creazione di Madre Natura, ed attiene alla Physica, in bella evidenza. Non richiede una fede, né un credo. Essendo il modus operandi di Madre Natura, essa – semplicemente – “è”. Un eventuale consenso o dissenso da parte dell’intelletto umano davvero non conta nulla sul piano Universale.

Yes, a Jedi’s strength flows from the Force. But beware of the dark side. Anger, fear, aggression; the dark side of the Force are they. Easily they flow, quick to join you in a fight. If once you start down the dark path, forever will it dominate your destiny, consume you it will, as it did Obi-Wan’s apprentice.

Alchimia, ovvero della Philosophia Naturale e della Physica… – Interludio, Verde

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Thursday, November 10, 2016 by Captain NEMO

Molto inchiostro è colato nell’interpretazione dell’Ecusson final che apparve con la prima edizione del 1926 de Le Mystere des Cathedrales. Una lettura araldica canonica e di buon senso (da parte di Althea, alias Madame Elena Frasca Odorizzi) potrebbe essere: “Di rosso, all’Ippocampo d’oro, cimato da una spiga d’orzo dello stesso, attraversante su una campagna del secondo“. Paolo Lucarelli, che ebbe la benevolenza di parlarmene poco prima della pubblicazione della sua nuova traduzione ed edizione della prima opera di Fulcanelli (2005), canta il blasone comme-il-faut, tenendo anche conto dell’elmo, vale a dire dell’origine alchemica dell’ormai famoso blasone: “Troncato di rosso e d’oro, all’Ippocampo d’oro dell’uno all’altro accompagnato in capo da una spiga d’orzo, timbrato da elmo di cavaliere crociato ornato di due lambrecchini, con impresa d’anima che dice uber campa agna”. Paolo, per miglior aiuto, fece anche colorare, basandosi su questa lettura, il blasone di Fulcanelli, ponendolo in quarta di copertina.

fulcanelli_ecu1926-copy

I Tre Ecussons

In reverente omaggio ai Frères Chevaliers d’Heliopolis, ho pensato di giustapporre il blasone originale (del 1926), a quelli di Eugène Canseliet e Jean Laplace; trovo infatti che vi sia da riflettere. Ricordo anche che Paolo mi riferì di esser rimasto molto turbato dal fatto di non aver avuto notizie da Jean durante l’ultimo periodo della sua vita terrena. Come è noto, erano due stretti amici. Se tutti conosciamo il rivoluzionario contributo di Paolo alla corretta direzione da dare dell’operatività alchemica stretta, pochi – temo – hanno voluto consultare le opere di Jean.

L’unico colore ‘araldico’ nell’Ecusson di Fulcanelli è il rosso, il quale ne specifica con chiarezza cristallina il senso, cioé l’Initium, vale a dire il risultato della ‘prima operazione’: “Questa dunque è la prima operazione di alchimia, come diceva Canseliet, alla fine della quale deve manifestarsi quel rosso tanto misterioso e importante da essere definito arcano maggiore dell’Arte, che sovrasterà l’oro, o meglio un’acqua dorata, più o meno nelle proporzioni che qui si vedono.”.

Nell’Ecusson di Jean appaiono tre  colori: dall’esterno all’interno il nero, il bianco, il verde; fino al centro, rappresentato dal Sol, d’oro (il quale, in araldica,  è metallo e non colore). Da un suo saggio apparso ne La Tourbe des Philosphes, numero 31, titolato Aperçus Vitriolique, sottopongo un passo:

“« Aujourd’hui clair de lune

Il fera demain clair de l’autre. »

De Cyrano Bergerac : Le pédant joué

La séparation est de telle importance qu’elle influence, de façon décisive, l’aspect des matériaux à la fin du premier oeuvre. Eugène Canseliet, unique disciple de Fulcanelli, disait souvent que le vitriol véritable n’est pas nécessairement atteint lorsqu’on obtient un sel vert lors des purifications du mercure. Chacun pourra en juger à présent, en prenant connaissance de la description exacte du composé que nous avons pu élaborer et que voici :

L’étoile, qui est un synonyme philosophique du sel dont nous parlons, est générée à partir des seuls matériaux réservés à l’oeuvre lorsqu’ils sont travaillés selon la technique sans envie décrite au chapitre conjonction et séparation de « L’alchimie expliquée ». Le vitriol est insoluble quel que soit le solvant employé depuis l’eau, le chloroforme, l’acétone jusqu’à l’alcool le plus subtil, voir même l’acide chlorhydrique. On peut donc le considérer comme un émail de la meilleure qualité, certains le comparent même à l’or. Par-dessus tout, il est transparent comme du cristal de Bohême teinté du plus beau vert. Cette transparence est le signe le plus certain d’une exacte préparation si l’odeur de l’encens accompagne les opérations de purification. Sa couleur est fixe. Le vitriol, coulé puis refroidi à la surface du mercure, se brise en mailles de filet. Les veines de ces brisures deviennent, à l’air ambiant, autant de lignes opaques hérissées d’une multitude de poils blancs dont la structure ressemble à l’amiante. Toutefois, cette « oxydation » se limite aux seules fêlures de la masse compacte qui reste, elle, exempte de toute dégradation. Les fumeroles qui s’insèrent lors de la solidification sont la cause la plus plausible de ces apparitions poilues.

Cela dit, il est assuré qu’il sera impossible d’opérer aux sublimations avec un vitriol qui soit opaque dans sa masse, à cause d’une mauvaise séparation ou d’une purification mal conduite. Au stade du second oeuvre, le pur désire habiter avec le pur c’est pourquoi il change de lieu pour monter à la surface où se trouve le vitriol. Ce phénomène magnétique ne s’accomplira que si l’émeraude philosophique a les qualités requises, afin que le semblable s’unisse au semblable.“.

Il passo è del 1988 ed è di facile traduzione. Segnalo che Jean lasciò questa manifestazione nel 1996, e che il passo si riferisce al ‘verde‘. Come ricorda Canseliet, e Jean lo sottolinea, “… il vitriolo veritiero (‘véritable‘, e non ‘vrai‘) non è necessariamente raggiunto allorché otteniamo un sale verde durante le purificazioni del mercurio“. Sembra di poter/dover intendere, così, che vi siano diversi ‘verdi’ durante l’Opera (ma vi sono anche diversi ‘rossi’, per non parlare dei ‘neri’ e dei ‘bianchi’).  Ora, non intendo certo dare delle indicazioni operative, per ovvi motivi tradizionali; come sempre, è il caso di porsi domande utili all’operatività, soprattuto nel dove&quando; mi limito tuttavia a segnalare che non mi meraviglio affatto di questa affermazione, soprattutto se si è ben compreso, prima, cosa è in Physica un colore. Specifico che la versione corrente proposta dalla fisica, non è completa, né tanto meno veritiera. Mancano alla fisica molti ‘pezzi’, tutti peraltro ben presenti all’interno della Physica. Per chi ama studiare praticando, questo è un terreno che riserva frutti, utili – a mio modesto avviso – durante l’operatività alchemica.

Ora, se nelle lingue latine ‘véritè‘, ‘véritable‘ indicano – i F.C.H docent – la Force legata alla crescita indispensabile nell’Opera pratica, segno cioè di una fissata capacità di nuova vita, le lingue nordiche suonano in modo più perentorio: il ‘green‘ inglese, così come il ‘grün‘ tedesco provengono dal radicale Proto Indo Europeo ‘ghre‘, che indicava per l’appunto il momento della crescita di una pianta. Il fonema originario ‘ghros‘, da cui ‘grass‘ – l’erba – informava l’ascoltatore del  ‘giovane germoglio‘ (“shoot“), del ‘pollone‘ (“sprout“). Vi è in questa modalità sonora più di un senso utile alla bisogna. Si parlerà, lo so, di aspetti intellettuali, marginali. E sorrido, di conseguenza.

In verità, ogni materia che cresce ha un suono distintivo, tipico dell’animale, del minerale e del vegetale. Il che è naturale, meglio: Naturale. Se qualcuno/qualcosa ‘entra’ in una stanza chiusa, produce necessariamente un suono: ogni materia che ‘entra’ in Manifestazione si comporta in modo identico. Ogni materia vibra, oscilla; è la sua signature, la firma. Quella vibrazione propria dell’organizzazione cristallina, matrice della nuova materia – la Matta Reah di Heliopolis antica – interagisce con il Campo unico. L’allineamento della vibrazione cristallina che punta, per gradi, alla Risonanza con il Campo, produce un’onda che ha una caratteristica sonora precisa, tradotta in una frequenza sonora delicata, secca, esatta e che riverbera – per un fenomeno elettrico&magnetico ovvio – nell’esaltazione di micro-particelle ‘profumate’ e ‘colorate’. L’occhio percepisce il colore, l’orecchio il suono, il naso il profumo.

Vi sono così, più ‘verdi‘ (e più ‘colori’). L’alchimia antica precisa che vi sono più mercuri e più zolfi. Il “Pensare”, d’altro canto, genera onde, e Madre Natura risponde, con assoluta precisione. L’Entanglement ha una caratteristica di merveilleux, ma racchiude in sé anche l’assoluta incertezza del fenomeno ‘veritable‘. Occorre dunque un supporto per discernere ciò che si cerca, prima teorico (Physica) e poi pratico (Alchimia).

Detto questo, si comprenderà forse meglio il florilegio di achievements capitati ai numerosi alchimisti che sono arrivati nei dintorni di questa zona di Force, meglio: di questo Campo di Forza. Essendo inevitabile che l’artista innamorato è parte interagente di questo Campo, e delle Risonanze in corso d’Opera, è essenziale la frequenza (Canseliet parlava, più che correttamente, del famoso Dyapason). Pregare, meditare, è senza alcun dubbio una postura essenziale e dovuta di fronte a Madre Natura all’Opera, quando fa nascere una nuova vita in un Cristallo. Noi non siamo nulla di fronte alla Madre, di fronte alla Materia, soprattutto a quella Matta Reah. Ma la possibilità di consapevolezza di alcune frequenza base della Creazione può essere esiziale nel non prendere lucciole per lanterne, nella speranza timida ed umile di saper come orientarsi durante quel rapidissimo canto profumato.

Il Desiderio di Arjuna è la forza di nascita dell’Entanglement, e non v’è scampo: Connaitre richiede una dispositio sia della Materia che dello Spirito dell’Artista. Il senso allegorico della Veille del futuro, eventuale, Chevalier – solitaria, nella notte, di fronte alle proprie armes posate di fronte al fuoco della Lux – è questo, e non si compie pour chance, ma attraverso una scelta consapevole di Risuonare con la Creazione. Occorre tempo, molto tempo, studio, molto studio, pratica, molta pratica. Ed essere, naturalmente, véritables.

 

Alchimia, ovvero della Philosophia Naturale e della Physica… – 1bis

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , on Thursday, October 27, 2016 by Captain NEMO

Oggi è una giornata maravigliosa

Provo a spiegar perché:

  1. A) dopo una notte di terremoto, all’aperto, con tanta acqua giù dal Cielo occlusus e firmus, magna cum caliditade, mentre Terra tremans a causa dell’Igne che l’agiva ex profunditate, con tremores devastantes in superficiem… stamane l’Aer del Nord ha pulito il Coelum da ogni nube, e il panorama fino al mare – mozzafiato – mostrava le linee-allineate dei montes e dei monticulos; nei campi, anch’essi mossi in campa dagli agricoltores sapienti, le linee degli aratri disegnavano una rete altra, ad vim sistendum ex aquae rore. Il verde ed il fulvo, sotto un magnifico coelestes che sfumava al blancum. Entusiasmo nel cuore, spettacolo maestoso e vivificante: “La natura si rallegra della natura, la natura vince la natura, la natura domina la natura“.
  2. B) Obviously, “… ‘o terremoto ha scassato internette… “: le lucciole verdi del Router, l’instradator-che-spacchetta-e-impacchetta i dati – portati dagli elettroni lungo i cavi, secondo la fisica di oggi – si accendevano e poi si spegnevano, in fastidioso ciclo; niente lucciole stabili, niente da fare. Chiamo la Tele-Assistenza, e mi si racconta che l’emergenza notturna ha generato situazioni di precarietà nelle centrali di zona, ma che si sta naturalmente provvedendo alla bisogna, con nugoli di tecniche camionette che corrono di qua e di là… memore di un accidente simile, decido di fare a-modo-mio: scendo alla scatoletta dove entra il doppino, lo sfilo dai contatti, mi umetto due dita, le passo sul metallo, e lo rimetto al suo posto. Voilà, le lucciole diventano Lanterne, verdi e stabili. Los Electrones – chiunque essi fossero/sono/saranno – si erano “intasati” (non sto a dilungarmi ora sul perché, ma c’è un perché…); ed ora, accarezzato il metalluccio con un po’ di liquido per lui quasi amniotico (vedo le facce vostre assumere la ben nota grimasse che significa “…chist’è pazz“, ma non fa niente), essi scorazzano liberi. More solito. Chiedo, da decenni: cosa è l’elettrone?
  3. C) Ora che il network è di nuovo accessibile, trovo nella mia casella di posta virtuale uno scritto ricevuto da parte di un frater-in-alma-et-in-armas. Uno scritto ormai anzianotto, del 1995: “Divagazioni Ermetiche” Apro e leggo: fantastico. Allora, ri-leggo: maraviglioso. Sorrido, mi viene una risata irrefrenabile, allegra, gioiosa, dal profondo, incontrollabile. Sincronicity.
  4. D) Domando: “Come stai?“, che sarebbe “How are you?” … risposta: “Bene” = “Beota, esitante, nevrotico ed emotivo“, che in lingua Britannica è “Fine” = “Freaked out, Insecure, Neurotic and Emotional“. É il “Foux“. Perfetto, allora.

Condivido dunque – nella corrente bordata “Alchimia, ovvero della Philosophia Naturale e della Physica“, al capo 1bis – lo scritto in questione – titolato “Divagazioni Ermetiche“. Consiglio una lettura disincantata, libera, festosa, ma non per questo superficiale; esso pesa tanto come una piuma dell’ Oiseau d’Hermès.

Oiseau d'Hermès, dal Ripley's Scroll - Add MS 5025, f 4r

Oiseau d’Hermès, dal Ripley’s Scroll – Add MS 5025, f 4r

Consiglio altresì la sua assunzione ogni santo giorno, per intero, da sciogliere sotto la lingua, omeopaticamente. Cosa cura? … la disperante tristezza in cui è stata affogata oggidì l’Arte&Scienza più bella, gioiosa, allegra, nutriente che mai sia stata offerta alla stolida umanità in eterna sofferenza. Sì, perché oggi – in Italia, ma non solo – si spaccia per alchimia (con la minuscola) un “sensus” che nulla ha a che fare con Alchimia (con la maiuscola). Quest’ultima, non è certo mia, o dell’estensore dello scritto nominato; Dama Alchimia non è possesso di alcuno, by definition. Essa “É”. Punto.

L’orgoglio, la sete di possesso maldestro e malandrino, la presupponenza, l’alterigia, l’indifferenza, la fratellanza malintesa e via dicendo con cui si condivide un’Arte&Scienza senza possibili possessori, ammanta oggi il panorama della “crisi”, di valori prima e di altro dopo. Si dimentica, per colpevole ignoranza, che il nostro mondo è sempre in crisi, da sempre. E che Dama Alchimia percorre sempre il Campo-delle-infinite-possibilità, con Creanza, Fratellanza, Bellezza, Brillanza e tanta Vis, ma così tanta, così tanta, così tanta (tre volte) … che chi cerca troverà … il sorriso amorevole di Madre Natura, in alma et substantia.

Tale è la mia gratitudine per questa inattesa ‘trovata’ mattutina, in perfetta Sincronicity, che – dopo aver ovviamente chiesto ed ottenuto ‘permesso’ a chi sta “là” e “più in là” – pubblico con gioia ed allegria lo scritto ricevuto in dono. Lo si troverà qui, in una pagina appositamente dedicata.

Mentre a chi cerca auguro, sempre-di-buon-cuore, di bearsi, esitarsi, nevrotizzarsi ed emozionarsi nel leggerlo&studiarlo, ma per apprendere il metodo con cui i “Foux” debbono percorrere il loro privato cammino nel Bosco Incantato, non posso mancare di esprimere il mio GRAZIE, tre volte, per aver avuto la gioia di abbracciare – ancora una volta – la Vis viva, l’Esprit ficcante, la Profunditas sposata alla Charis, di un Cercatore onesto, tagliato al fuoco della Conoscenza, tanto teorica che pratica, un uomo per-Bene, un Fratello, a me estremamente caro. Cum furtiva lacrima, sono commosso della sua amicizia.

A voi, Compagni di cerca … to be continued.

Alchimia, ovvero della Philosophia Naturale e della Physica… – 1

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, October 24, 2016 by Captain NEMO

Piccolo prologo:

Ora, lege, lege, lege, relege, labora et invenies

La pratica – ripeto: pratica – alchemica prevede obbligatoriamente lo studio profondo dei testi; i quali, pur talvolta poco comprensibili, costituiscono l’asse di fondazione di qualsiasi sperimentazione di laboratorio. Inoltre, come è noto, il risultato della sperimentazione del laboratorio alchemico obbliga il Cercatore onesto a ritornare sui testi migliori e confrontare/ri-trovare il risultato ottenuto – sia esso parziale o finale – con la solida teoria alchemica, racchiusa solo in quei testi migliori. Senza l’elaborazione di un modello teorico serio e canonico la sperimentazione in un laboratorio alchemico porta a risultati che paiono mirabili e/o canonici, ma che sono totalmente avulsi dalla unica verità indicata con chiarezza estrema dalla Scienza e dall’Arte alchemica. Non è un caso fortuito o altro che possa condurre l’essere umano verso la Conoscenza, ma unicamente lo studio tenace e umile, l’apprendere le basi della Philosophia Naturale prima sui testi e poi nel Laboratorio, e l’impegno solido nel processo del Conoscere studiando e praticando. Questo è il cambiamento – imprescindibile – del famoso ‘mantello gettato alle ortiche‘ da Fulcanelli, Scienziato ed Artista a tutto tondo.

Indipendentemente dal giudizio, o dal pre-giudizio, o dal pre-concetto della mente umana, che ignora la realtà vera ma “Coelata” dell’Alchimia, è bene chiarire che il cuore della Scienza e dell’Arte è stato, è, e sarà la CONOSCENZA, esatta, descritta come φυσικὰ καὶ μυστικά dagli antichi, molti secoli dopo studiata e rinnovellata da Sir Isaac Newton come Prisca Sapientia. Tale Conoscenza deriva precisamente dallo studio incessante dei testi migliori e dalla pratica ugualmente incessante del laboratorio alchemico (il quale, ça-va-sans-dire, nulla ha a che fare con quello chimico o fisico): questa possibilità – ovviamente di difficile accettazione per l’ignorante o il pigro o l’arrogante – giace perenne nel cuore della Natura, che la offre liberamente ad ogni essere libero dal giudizio, dal pre-giudizio, o dal pre-concetto. Questa triade costituisce l’Onestà del cercatore, nulla di più, nulla di meno.

Dico questo al solo vantaggio di chi inizia il viaggio, ma anche di coloro i quali si avventurano nel Bosco Incantato da tempo…

L’amico ‘caso’ mi ha portato a consultare – e poi studiare – un testo curioso, certo bizzarro, del quale pour-le-moment tacerò il titolo e l’autore, come in un gioco per bambini onesti – e che contiene alcune piccole perle; il testo, del 1871 –  è francese e proviene da quella terra orgogliosamente Celtica che è la Bretagna; a detta di alcuni chercheurs Francesi l’autore era piuttosto in confidenza con Fulcanelli, forse qualcosa di più che ‘en confidence‘. Certo, leggedolo e studiandolo, molte cose mostrano la base dello stile e della allure magistrale di Fulcanelli. E molto, molto altro del cammino di studi e pratica di Fulcanelli. Inizio questa piccola collana di perle con l’incipit del capitolo ‘Physique Hermètique‘. Eccone la mia traduzione:

Il Filosofo Ermetico modella le operazioni della sua opera su quelle della Natura, deve dunque prima di ogni cosa conoscere quest’ultima. Lo studio della Fisica fornisce questa conoscenza.

Dio parlò e tutto venne fatto, dice Mosé, nel libro del Genesi; … il suo racconto chiaro e preciso è quello di un uomo ispirato, di un grande Filosofo, di un vero Fisico. Se ci si allontana dai suoi dati si sragiona, e se vi si appoggia ci si trova sempre nella verità.

Nulla di più semplice della Fisica. Il suo scopo, per quanto molto composito agli occhi degli ignoranti, non ha che un solo principio, ma diviso in parti, le une più sottili delle altre. Le differenti proporzioni utilizzate nella miscela, la riunione e la combinazione delle parti più sottili con quelle che lo sono meno, formano tutti gli individui della Natura. E siccome queste combinazioni sono pressoché infinite, anche il numero dei misti è tale.

Dio è un essere eterno, una unità infinita, principio radicale di ogni cosa. … Nella Creazione fa emergere questa grande opera che aveva concepito da tutta l’eternità. Si sviluppa attraverso una estensione manifesta di sé stesso, e rende attualmente materiale questo mondo ideale, come se avesse voluto rendere palpabile l’Immagine della sua Divinità. Si tratta di ciò che Hermès ha voluto farci intendere quando dice che Dio cambia forma; che allora il mondo fu manifestato e cambiato in Luce. Sembra probabile che gli Antichi intendessero qualcosa di simile [parlando] della nascita di Pallade uscita dal cervello di Giove attraverso l’aiuto di Vulcano o della Luce. … il Creatore ha messo un così bell’ordine nella massa organica dell’Universo, in modo tale che le cose superiori sono mescolate senza confusione con quelle inferiori e divengono simili attraverso una certa analogia. Gli estremi si trovano legati molto strettamente attraverso un mezzo insensibile, o attraverso un nodo segreto di questo ammirevole operaio, in modo tale che tutto obbedisce di concerto alla direzione del moderatore supremo senza che il legame delle parti differenti possa essere rotto se non attraverso ciò che ne ha fatto l’assemblaggio. Hermès dunque aveva ragione …

Il passo, che ovviamente appare innocuo e banale, sebbene vi si adotti la consueta onesta perfidia, racchiude in sé alcuni assunti di primaria importanza per chi cerca, e che sono naturalmente identici – fatta salva la semantica – con la Tradizione vera; della quale avevo parlato, qualche mese fa, a proposito di Philalethe, qui, qui, qui e qui; ma che si ritrova anche in alcuni testi molto poco conosciuti di Sendivogius (ma che a mio avviso provengono da Sethon). Questa Tradizione, naturalmente, non ha nulla a che fare con la tradizione di cui tanto si sente parlare anche ai nostri giorni, frutto di un grave misunderstanding da parte di tanti addetti-ai-lavori, dal medioevo ai giorni nostri.

Una precisazione finale: un frammento della φυσικὰ καὶ μυστικά – che si attribuisce allo Pseudo-Democrito – recita l’insegnamento ricevuto dal Persiano Ostane:

ἡ φύσις τῇ φύσει τέρπεται, καὶ ἡ φύσις τὴν φύσιν νικᾷ, καὶ ἡ φύσις τὴν φύσιν κρατεῖ

La natura si rallegra della natura, la natura vince la natura, la natura domina la natura

Oltre la bellezza poetica evidente dell’Imago, si deve notare che questo è l’Assioma generale della Fisica fondamentale della Manifestazione, di ogni manifestazone, hinc&nunc; ed ha un esatto connotato di Scienza, con un preciso riflesso nella sperimentazione alchemica. Ritengo utile sottolineare che questa è la prima base di quella conoscenza pratica (vale a dire ‘Fisica’, nel senso antico e veritiero) che è l’Alchimia; l’ottimo Nicolas Valois lo ricorda bene a chi si abbassa a studiare il suo splendido testo. Per poi procedere con il Laboratorio, a lungo, in un processo di Studio&Pratica continua e continuata. Come purtroppo pochissimi hanno fatto, oggi come ieri.

Così è, se vi pare …

Utopia … il senso del non-sense.

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, May 9, 2016 by Captain NEMO

Nulla avviene per caso, si dice… e c’è chi dice che tutto avvenga per Chaos. Credere o non credere è lasciato al sentire individuale.

In ogni caso, ho sorriso non poco dopo aver letto l’Email del Major Grubert (perhaps, better: guardato) e l’aver pensato di scrivere un Post sull’Utopia e l’aver trovato curiose coincidenze, in bella evidenza ma un po’ nascoste (more solito). Ma andiamo con ordine nel disordine, o versa vice:

Utopia è un romanzo di Sir Thomas More, Lord Chancellor of England sotto il regno tempestoso di Henry VIII; pubblicato nel 1516 con il titolo Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus, de optimo rei publicæ statu deque nova insula Utopia, il libro fu accolto come opera controversa, ma in ogni caso il termine entrò nel linguaggio di ogni giorno ad indicare qualcosa di impossibile da realizzare. Utopia viene dal greco “ou-“(ou),  “non”, e “topos” (τόπος), “luogo”: insomma è un non-luogo, dove forse si festeggiano i non-compleanni!

Non starò a raccontare di che parla Sir Thomas, ma siccome amo le ‘figure’, ho dato un’occhiata a qualche edizione. L’Editio Princeps mostra, accanto al curioso alfabeto dell’Isola-che-non-c’è, la sua mappa:

 

L'Isola di Utopia

L’Isola di Utopia

La capitale di Utopia si chiama Amaurot, che pare significare in greco ‘oscuro‘, con il senso di ‘macchiato‘, ‘spento‘. Rabelais usa l’identico termine per una città del suo Pantagruel. Ed ho sorriso al ‘fumetto’ del Major, che si dirige – pare – proprio lì, tentando di ‘entrare’ per una porta su cui campeggia un gigantesco Ouroboros alato, le cui spire ricordano questo:

Buch_der_Heiligen_Dreifaltigkeit_RYLANDS_GERMAN_MS_1

Buch_der_Heiligen_Dreifaltigkeit_RYLANDS_GERMAN_MS_1 – Folio 3

e fors’anche questo:

Azoth, sive Aureliæ Occultæ Philosophorum, Materiam Primam... 1613

Azoth, sive Aureliæ Occultæ Philosophorum, Materiam Primam… 1613

Dove, tra l’altro, si dice:

Excrucia Aquila, donec lachrymas effundat, & Leo debilitetur, ac mortem lachrimando oppetat. Huius sanguis thesaurus est terrenus, cum lachrimis Aquilæ  conjunctus. Hæc vero animalia invicem deglutire & occidere, mutuoque amore sese prosequi solent, & proprietatem ac naturam Salamandræ induunt.”

Studiare & Praticare, con gioia … perché Alchimia è Scienza della Natura, e non v’è scientia se non studi prima & pratichi durante. Ah, la Terra Durantina, il Cipriano Piccolpasso, … e Gualdi, e Fulcanelli.

Terra Durantis , da I tre libri dell' arte del vasajo, ... - fine 1500

Terra Durantis , da I tre libri dell’ arte del vasajo, … – fine 1500

Qui, il Croissant aqueo è il Metauro, cioé un meta-oro, che non è evidentemente oro. Ma torno ad res, per risparmiare agli arcieri bardati la solita trita freccia…

Se Basilio Valentino è stato il risultato di un’arguta operazione di supporto ad una coraggiosa utopia del XVII secolo, quando si mirava alla condivisione della Prisca Sapientia, e se per sfuggire al doppio fanatismo che dilaniava l’Europa si progettava un’ulteriore utopia da far ri-vivere in un New World, temo che si dovrebbe riflettere a lungo – tra fratelli veri e non solo patentati – su cosa potrebbe esser più utile per preservare oggi ‘quella’ Prisca Sapientia. E renderla condivisibile. Siamo in identici tempi oscuri, come sempre facciamo accadere.
Studio e Pratica sono gemelli indispensabili nel cammino di Conoscenza, e le briciole di Petit-Pouce debbono essere ben riconoscibili, ben evidenti per chi si incamminasse domani nel Bosco Incantato, briciole della medesima, unica sostanza: Lux è senza dubbio Obnubilata, ma mai divisa, mai dispersa, mai lacerata, mai etichettata, mai occultata nel nomen di un ipotetico primato. Non lo è mai stata, nemmeno durante la Guerra dei Trent’anni…

E so già che si risponde, ovunque: “io” sto facendo questo&quest’altro, del mio meglio. Di più, non possum; rivolgiti a quell’altro. Già, davvero … Forse per questo il Major Grubert, borsone in mano, si avvia correndo verso l’Isola-che-non-c’è. Moebius avrebbe potuto aggiungere un bel ‘Ma va là…a chi la racconti?‘, ma siccome è Franco e sognatore, manda il muto Arzak ad informare il buon Maggiore che esiste un altro mondo, dove c’è un altro modus….chissà se sarà vero, no?

Così, ho capito che il mio romantico desiderio di veder Alchimia finalmente condivisa e aperta e affratellata secondo l’unica legge dell’antica origine è pura utopia: l’uomo ama appropriarsi di ogni cosa che possa servire a proteggere l’orticello suo, stabilendo addirittura la proprietà privata. Che, guarda caso, non esiste sull’Utopia di Sir Thomas. Alchimia, la Grand Dame, non appartiene ad alcuno, essa – tout-simplement – “É”.
Siamo sempre poveri uomini, e ci sediamo – ben al chiuso, s’intende – sul cuscino confortevole del ‘io-sono’.

Eppure, la Dama insegna proprio altro.

Et pourtant, mi pare che Utopia sia un’ indispensabile postura di chi cerca davvero, tanto più in Alchimia; mi rendo conto che il ‘ragionamento’ lineare non pare, ma siccome il non-luogo scuro, piuttosto Croissant, è adornato dal fiume Anyder, di cui si indica la Fons e l’Os … beh, non posso che rallegrarmi del nuovo viaggio del Britannico Major … del resto ‘Morus‘ è il Fou, e le cose van fatte comme-il-faut.

Tanto dovevo, così è (se vi pare), salutando indistintamente …

Piccola novità…

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Various Stuff with tags , , , , , , , , on Tuesday, April 5, 2011 by Captain NEMO

Ho finalmente concluso la traduzione delle Récréations Hermétiques; il libro è acquistabile OnLine su Lulu seguendo il Link qui, oppure sulla vetrina di Lulu. Il testo è ricco di preziosi insegnamenti e mi auguro che gli appassionati d’Alchimia vi possano trovare nuovi stimoli e spunti di riflessione. Dimenticavo…nel corso delle ricerche, sono incappato in un curioso manoscritto e l’ho inserito in questo libro…

A chi vorrà, auguro…Buona lettura !

Il Mistero dell’Esprit Universel

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli with tags , , , , , , , , , , , , , , , on Saturday, December 12, 2009 by Captain NEMO

La corporificazione di questo Spirito è da sempre lo scopo ultimo delle fatiche alchemiche. Il risultato, convenientemente preparato, ha tradizionalmente il nome di Pietra Filosofale. L’insieme delle operazioni necessarie per giungervi, si chiama Grande Opera.

(da L’Anima del Mondo, 1986)

Paolo Lucarelli è un Maestro decisamente chiaro: l’essenza dell’Alchimia è tutta qui. Si tratta di dare un ‘corpo’ allo Spirito Universale. E naturalmente questo corpo deve essere adatto ad ospitare e trattenere, fisso, questo Spirito. Trattandosi di uno Spirito che ha le caratteristiche di universalità, forse è bene porsi qualche domanda.

Dal racconto del Genesi apprendiamo che:

  1. Ab initio, Dio creò il Cielo e la Terra.
  2. Ma la Terra era inane e senza forma; e le tenebre erano sulla faccia dell’abisso. E lo Spirito di Dio si muoveva sulle acque.
  3. E Dio disse: Fiat Lux; e Luce fu.
  4. E Dio vide la Luce, e che era buona: e Dio divise la Luce dalle tenebre.

Abbiamo dunque due dimensioni primeve: una alta, il Cielo, ed una bassa, la Terra. E’ curioso notare come del Cielo non si parli molto in questo incipit, ma che della Terra si dica della sua inutilità e della sua assenza di ‘forma’. Si parla poi di un’immagine piuttosto sinistra, dove le tenebre avvolgono, sovrastandolo,  l’abisso.  Dopo il riferimento all’Aria ed alla Terra, create ab initio, il Fuoco e l’Acqua completano l’apparizione dei Princìpi dei quattro Elementi: dico Princìpi e non Elementi veri e propri perché manca, ancora, l’evento che scatena la manifestazione. Quell’evento è costituito da quell’ineffabile Mistero che è dato dal Verbo che pronuncia e lancia la Creazione della manifestazione vera e propria tramite la Luce. Stiamo parlando, con grossolana approssimazione, di un evento di portata gigantesca e davvero poco rappresentabile per noi poveri umani:  il Divino pronuncia ‘Lux‘ ed essa appare: ovunque e per sempre. Questo è il cardine principale di tutta la Creazione. Luce.

Credo sia utile segnalare che la Luce di cui si parla, non è visibile da noi umani; per l’appunto, nessuna creatura vivente era ancora presente in quel momento. E’ detto, infatti, che solo Dio ‘vide’ la Luce. E noi umani possiamo percepire solo l’apparenza di una parte del fenomeno universale (lo chiamiamo curiosamente ma giustamente lo spettro visibile): pochissima cosa, ed è ciò che noi chiamiamo luce, peraltro per noi indispensabile, rispetto alla totalità della ‘radianza’ di quella Lux primeva ed eterna. La Luce attiva dunque le ‘forme’ e le rende manifeste. Istantaneamente: è da quell’istante formidabile che nasce ciò che chiamiamo Tempo. La Lux è da considerarsi la causa agente della manifestazione, la prima essendo  Dio.

A questo punto la Luce, quella Lux, “è” all’interno della manifestazione, la Creazione è fatta, la materia assume le caratteristiche di sostanzialità. E poichè la Creazione è un evento che ha le caratteristiche di un continuum, avviene cioé sempre ed ovunque, anche in questo preciso momento, la Luce si muove all’interno degli Universi grazie ad un ‘corpo’ molto speciale, molto sui generis: lo Spirito Universale. I Filosofi antichi, che studiavano per conoscere piuttosto che per usare, ne avevano compreso perfettamente le caratteristiche: tra i tanti Platone, nel Timeo, presuppone un’Intelligenza in questa azione vivificante dell’Anima Mundi, come scopre, prima o poi, ogni onesto étudiant dell’Arte. Tralascio qui di approfondire la complessa ed affascinante descrizione della ‘compositione‘ dell’Anima Mundi, che naturalmente è ancora molto dibattuta (uno schema interessante è qui, per chi volesse farsene un’idea), ma non posso non riportare questo passo tratto dal Capitolo VIII del Timeo, in cui Platone ci parla di come Dio ‘fece’ l’Anima Mundi:

“Della indivisibile essenza, la quale è medesima eternalmente, e di quella la quale nei corpi generasi divisibile, egli contemperò una terza specie di essenza, la quale sta nel mezzo di quelle due, partecipe della natura del medesimo e di quella dell’ altro; e nel mezzo di quelle due sí la pose. E, pigliate che ebbele tutt’e tre, le meschiò in una specie; contemperando per forza la natura dell’ altro, indocile a meschianza, con quella del medesimo. E, meschiato queste due nature con la essenza (cioè con la natura che media è fra quelle); e di tre fattone una, tutto questo egli divise novamente in tante parti, quante si convenne; sí che ciascuna fosse temperata della natura del medesimo, di quella dell’ altro, e di quella essenza che è nel mezzo.”

Anche se di difficile lettura, il passo si rivela come una possibile fonte delle tre ‘parti’ che costituiranno la triade alchemica per eccellenza nel Medioevo: una essenza indivisibile, una divisibile ed una mediana. Senza addentrarci troppo nella faccenda, credo sia importante sottolineare che lo Spirito Universale, l’Anima Mundi, appare costituito da due parti tenute assieme da un mediatore. Questo Spirito Universale, proprio per queste caratteristiche di Creazione, ha le proprietà di un’Energheia, un vigor rerum, come riferisce Guillaume di Conches in una delle sue Glosae super Platonem, composta attorno all’anno mille all’ombra della Cattedrale di Chartres:

“Anima mundi est naturalis vigor rerum quo quedam res habent tantum moveri, quedam crescere, quedam sentire, quedam discernere. … Sed quit sit ille vigor queritur. Sed, ut mihi videtur, ille vigor naturalis est Spiritus Sanctus, id est divina et benigna concordia que est id a quo omnia habent esse, moveri, crescere, sentire, vivere, discernere.”

Ovviamente un religioso non poteva non percepire come Sanctus uno Spirito di Divina ‘fattura’, anche se sembra che addirittura Bernardo di Clairvaux, mentore e primo protettore dei Cavalieri dal Bianco Mantello, rifiutasse questo attributo di santità a quello Spiritus. Avrà avuto le sue buone ragioni. Sia come sia, santo o non santo, nel mondo antico la presenza e l’azione dello Spirito Universale era considerata elemento di prassi consolidata, non soltanto teologicamente, ma soprattutto a livello di cultura popolare e conoscenza quotidiana; per i dotti, a livello di Gnosi. Oggi questo concetto naturale parrà balzano a molti, eppure allora nessuno protestava; era naturale, perchè esattamente insito nell’opera visibile di Madre Natura, l’idea che questo Spirito fosse il vero e proprio motore dell’essere, del movimento, della crescita, del sentimento, della vita e del discernimento di ogni corpo manifesto, e ciò si sposava perfettamente con le esperienze pratiche di quel manipolo di pazzi innamorati che, da molti secoli, si erano messi alla ricerca della Prima Materia e delle vie di Madre Natura. Gli alchimisti avevano da tempo scoperto che alla base della materia manifesta vi era qualcosa di sottile, di estremamente sfuggente, ma estremamente attivo e palpabile, che consentiva ai corpi opportunamente lavorati, in accordo con quanto narrato nel mito della Creazione, di acquisire proprietà davvero straordinarie, fuori del comune. La possibilità di trasmutare un metallo vile in metallo perfetto dipendeva proprio dalla capacità di poter disporre – semplicemente – di un Chaos materico originario fecondato dalla Luce, quella Lux, portata generosamente dallo Spirito Universale. Tutto quello che era richiesto era un po’ di materie tutto sommato comuni, un semplice fuoco e lo studio serio ed approfondito della Natura. In questo silente, umile ed incessante ‘lavoro’ di replica della Creazione, l’alchimista accedeva pian piano al regno del Sacrum ed il solo fatto di poter toccare con le mani corpi così ‘originari’ impose obbligatoriamente la pratica del segreto, secondo le Leggi della Tradizione ermetica più antica. Certo, molti, moltissimi si misero in cammino per poter fare oro…ma altri, senza troppo clamore, scoprirono altro: non solo corpi nuovi da cui poi la chimica posteriore avrebbe tratto, arrogandosene addirittura un copyright, tecniche ed applicazioni di indubbia utilità sociale, quanto piuttosto orizzonti nascosti e dalle caratteristiche peculiari, ma individuali. Lucarelli vi fa accenno quando parla delle ‘infinite applicazioni’.

Lo Spirito Universale è insomma il veicolo per eccellenza di un ente di natura divina, naturalmente sopraterrena, che è investito del ruolo di portatore della capacità di vita, di attività di un qualunque corpo: dalla potenza porta in atto, secondo un Progetto ovviamente a noi del tutto nascosto, sconosciuto: ne vediamo gli effetti, ma non conosciamo l’esatto ‘come’ e – soprattutto – il vero ‘perché’. E’ dato solo, talvolta, poterlo supporre. Il velo che separa Dio dalla sua creatura amata, così come viene insegnato dalla dottrina Sufi, ha una sua precisa funzione, che resta tale in ogni momento ed impeto d’Amore e di conoscenza.

Chi pensasse che lo Spirito sia solo una rappresentazione fumosa e approssimata di una nostra mera necessità intellettuale, dovrebbe considerare che sin dall’antichità gli umani avevano compiuto un’operazione di scoperta precisa e molto luminosa; oggi, a seguito della rivoluzione Illuministica (…che paradosso, il linguaggio!), abbiamo perduto il legame ed il significato di tali scoperte. Leggiamo Shaykh Asha’i:

“…gli Spiriti sono luce-essere allo stato fluido (nur wujudi dha’ib), mentre i corpi sono luce-essere, ma allo stato solido (nur wujudi jamid). La differenza tra i due è come la differenza tra l’acqua e la neve…”

(Teosofia del Trono, 1278)

La chiarezza di una tale affermazione dovrebbe far riflettere molti, soprattutto chi studia Alchimia. Si afferma qui che lo Spirito Universale ha una affinità elettiva, per nascita comune, con la Lux, e lo si afferma con una modalità di rivelazione; questo collide spesso con ciò che la nostra mente classifica come ‘vero’, verificabile, soltanto perché abbiamo ‘senso’ visivo e tattile di un corpo; in verità Spirito e Luce sono la stessa cosa, sotto aspetti, forme, solo temporaneamente diverse. Accidentalmente diverse. Se si comprende questo si comprende che il Verbo divino è esattamente un’ “azione” che, grazie alla conseguente ed istantanea ‘apparizione’ della Lux, genera un moto; e siccome ogni moto genera un calore, il Fuoco, elemento motore della materia manifesta, è – sempre – la controparte per così dire ‘bassa’ della sua parte ‘alta’: Lux, Calor, Ignis sono valori di riferimento del flusso eterno che lega ogni materia, materica e spirituale, al suo Creatore. Il veicolo di questo flusso, un altro continuum spazio temporale, è proprio lo Spirito Universale, così caro agli alchimisti di ogni tempo.

Questo ritrovamento ‘rivelato’ dello Spirito creativo, o meglio vitale,  nella manifestazione permette agli autori d’Alchimia di utilizzare nel linguaggio ogni sorta di nome, astruso o allegorico, visto che lo Spirito Universale è esattamente  la vera Materia Prima degli alchimisti. Naturalmente occorre comprendere come si sta parlando. A seconda di quando e dove e come questa Materia viene osservata, narrata, spiegata, insegnata, questo Spirito assumerà mille identità. A chi entra nel labirinto dell’Arte vengono offerte continue contraddizioni di termini, di simboli, di immagini, di dettagli, che sfidano ogni logica e desiderio di catalogazione. In realtà, è tutto molto semplice. Il misterioso Bruno de Lansac, per esempio, così si compiace di scrivere:

“Gli elementi hanno un Centrum Centri che alcun occhio può percepire; ed hanno in più un Centrum Comune cui i pretesi sapienti non osano avvicinarsi, per paura di svelare le loro turpitudini. E’ la Luce.

Questo calore caustico accompagnato dalla luce che chiamiamo comunemente fuoco non è l’elemento che porta questo nome di cui i Saggi hanno voluto parlare. Si prendono in questa circostanza gli effetti per la causa, e ci si spinge più in là dei retori, che prendono almeno la parte per il tutto.

Il Fuoco è un fluido eminentemente sottile, che procede direttamente dalla Luce, che chiamiamo talvolta elettrico, talvolta galvanico o magnetico, a seconda delle sue diverse modificazioni, o piuttosto è la Luce stessa derivata dalla sua sorgente e da cui essa resta distaccata. Non è né freddo né caldo, ed il calore o il freddo  non sono dei corpi, nonostante ciò che dice M. Azais, ma dei semplici effetti del movimento o del riposo.

Solo il movimento produce il calore con tutte le sue conseguenze, buone o cattive, di cui ognuno è in grado di farne applicazione, ed il fuoco, a ragione della sua più grande sottigliezza è anche il più adatto a ricevere l ‘impulso ed a comunicarlo agli altri corpi. L’Aria, l’Acqua e la Terra non sono che le conseguenze immediate, e successive, della formazione del Fuoco. La Luce, staccata dal suo focolare, accumulata per perdita di movimento e sospinta da una nuova e continuata emissione di sostanza si è data da sé stessa differenti forme…”

(Récréations Hermétiques, 1765)

Mentre consiglio vivamente ad ogni appassionato di leggere questo meraviglioso trattatello, scritto da un alchimista che aveva un approccio all’Arte certo straordinario per la sua epoca, credo utile, a questo punto, offrire un altro punto di riflessione; è nota a tutti la famosa sentenza: “Il vento l’ha portato nel suo ventre“, che è l’espressione verbale più identificativa dello Spirito Universale, in centinaia di trattati. Si tratta del Mercurio, quello Celeste, quel Mercurio assolutamente indispensabile che ogni artista deve riuscire ad attrarre tramite il magnete appropriato. Nonostante le raccomandazioni dei Maestri che indicano di non prendere mai alla lettera ciò che viene comunicato, la nostra razionalità ama incasellare, catalogare, classificare, ogni cosa; di fatto incasellando ed imprigionando non solo il senso vero degli insegnamenti, ma le stesse probabilità di venire a capo della enorme mole di dati che si accumulano via via nel corso del proprio cammino di studi. Fulcanelli ripete all’infinito che ‘la lettera uccide, solo lo spirito vivifica‘. E si pensa sia una cosa scontata. Ci si sente sempre in sintonia, e non è così: perché è difficilissimo liberarsi delle nostre abitudini razionali. Ma così è, sembra, e così deve essere. In questo caso ‘ventoso’ e ‘spiritoso’, si pensa sempre che lo Spirito Universale sia – de facto – proprio un Mercurio. E che Mercurio!….chiarisco subito che è proprio così. Tuttavia, ogni affermazione deve sempre essere presa cum grano salis. Si sta studiando Alchimia, la più antica delle Scienze. E non c’è spazio per la cruda, arida, logica. Serve Cuore ed emozione. Dunque, ferme restando le veridicità delle affermazioni sulla natura Mercuriale dello Spirito Universale attestate dai Maestri d’ogni epoca e contrada, varrebbe forse la pena ricordare quel bizzarro discorso sulla ‘compositione‘ dell’Anima Mundi, di cui sopra. A questo scopo, come possibile spunto di riflessione, leggiamo la pagina del Discorso I° di Michael Maier, tratta dal suo Atalanta Fugiens (1617):

Portavit eum ventus in ventre suo

Portavit eum ventus in ventre suo

Il vento l'ha portato nel suo ventre

Il vento l'ha portato nel suo ventre

Ho evidenziato una notula, in cui viene detto – citando Lullo – che lo zolfo è portato nell’argento vivo, e che la Pietra è portata nel ventre dell’Aria. Il latino di Maier è molto facile, e spero che tutti apprezzeranno quel suo interrogarsi ironico sulla natura di quell’ “ILLE” (inizio pagina): chi, si domanda il furbo medico di Rodolfo II, chi è quell’ “ILLE” portato nel ventre del vento?…dice Maier: “Ci si chiede tuttavia, chi sia QUELLO, che deve essere portato dal vento. Rispondo: Chimicamente, è lo zolfo, che viene portato dal mercurio.” Domanda facile, risposta semplice. Ma l’affermazione potrebbe destare sorpresa. Lascio a chi ama studiare Alchimia l’approfondire il punto, anche a livello operativo. Inoltre, ho evidenziato anche questo interessante passaggio: “Ogni Mercurio è composto dai fumi, cioé da Acqua che solleva con sé la Terra nella rarefazione dell’Aria, e da Terra che costringe l’Aria a ritornare in Terra acquea o Acqua terrosa.” E’ lo schema classico di una ‘circolatio’; il fatto che questa perfetta ed esatta descrizione venga attribuita al Mercurio, ad ogni Mercurio, e dunque anche al Mercurio dello Spirito Universale, merita a mio avviso ogni serena attenzione. E se si rileggono, come al solito molte volte, testi come la Lux Obnubilata o le Récréations Hermétiques – a solo titolo di esempio utile in questo specifico contesto – forse l’intricato Fil Rouge che tutti cerchiamo di ritrovare potrebbe iniziare a dipanarsi.

Siamo partiti dalla Creazione e siamo arrivati dentro un Laboratorio: l’evento è identico, solo su scala diversa. Ma il Mistero, magnifico e parlante, efficace e immutabile, è lì…davanti gli occhi di tutti noi. Dal Cielo alla Terra, dalla Terra al Cielo; l’ultima parte è il titolo di un bellissimo romanzo d’avventure di Jules Verne, ma è anche la dolce, segreta speranza di ogni innamorato della Gran Dama.

Dom Pernety:  “C’est proprement le nitre répandu dans l’air, imprégné de la vertu des astres, et qui, animé par le feu de la Nature, fait sentir son action dans tous les êtres sublunaires. Il est leur aliment, il leur donne la vie, et les entretient dans cet état autant de temps que son action n’est point empêchée par le défaut des organes, ou par la désunion des parties qui les composent.

(Dictionnaire Mytho Hermetique, alla voce Esprit Universel,  1758)

Dicevano i Saggi : Qui habet aures audiendi, audiat…