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Lux & Tenebra

Posted in Alchemy, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, December 27, 2021 by Captain NEMO

Avviso ai Naviganti: … questo è un Post lunghetto anzichennò.

Oggi, giorno dedicato a San Giovanni Apostolo ed evangelista, è una fresca e luminosa giornata invernale; ne ho approfittato per fare la mia solita passeggiata in paese; i colori dell’inverno mattutino sono splendenti, raggianti: le piante sono verdi, la terra è umida, i fiori del freddo sono forti e rigogliosi, e allegri nei loro colori, così intensi. Mentre cammino, incrocio qualcuno, e mi accorgo – perduto com’ero nella bellezza di madre Natura – di quanto gli esseri umani siano invece avvolti da una nube di sciatta tristezza; mascherine come se fosse il più appiattito dei Carnevali, a nascondere volti, labbra e parole, ma – soprattutto – occhi spenti, quasi spauriti, inquisitori, maldestri, furtivi. La gente non parla volentieri, le mamme tengono i bambini stretti, per paura del contagio, del male; o di chissà cos’altro. Botteghe vuote, file alle farmacie, pattuglie a controllare che le ultime regole e regolucce siano applicate, digitalmente; al supermercato – perché ormai dei vecchi e baldanzosi mercati d’un tempo nessuno saprebbe che farsene, appiattiti e sfruttati come siamo dalla Grande Distribuzione Organizzata, la GDO parbleu – la stessa gente mascherata riempie il carrello di cibi e sfizi e poltiglie prodotte con la sola ottica del profitto a tutti i costi, avvolti in plastiche sgargianti, metalliche e piene di volti allegrissimi e bellissimi e corretti con Photoshop, con su scritto Prodotto naturale, in Italia, per la tua salute e nel rispetto dell’amato ambiente. E poi via, a riempire l’auto, mascherati e pieni di buste e sacchetti e scatolette tutte brillanti: perché è Natale, ça-va-sans-dire. Poco importano, certo, le mie personali considerazioni; di nessun conto sono per la gran massa di umani smarriti, stupefatti, attanagliati nel cuore da sottile paura, e – forse – anche da quell’angoscia silente, sordida, velenosissima, che spegne via via ogni scintilla di Lux nell’animo, ormai cotto, comme-il-faut. Alla Grande.

Se ripenso alle vie di Blade Runner ed all’atmosfera terribile dipinta da Ridley Scott non posso che accorgermi che siamo riusciti a far ben di peggio di quanto quei folli visionari di sventura, come Orwell, potevano aver profetizzato.

Ebbene, ho continuato a carezzare fiori e piante incontrate lungo il mio piccolo cammino, a San Giovanni. Che mi crediate o meno – non ha la minima importanza, sapete? – tutte mi hanno sorriso, parlato, tranquillizzato, offrendo profumi, ammiccamenti, gioiosi colori, compagnia e note d’armonia perenne, in barba al grigio degli umani che nemmeno si accorgevano della bella giornata di Sole, a San Giovanni. Senza nulla pretendere: tutto vive, nonostante quel che crediamo, o non crediamo. Nonostante quel che vogliamo credere, o quel che non vogliamo credere. Lo iato tra Felicitas & Tristitia è solo umano, ed è il marchio della nostra incapacità nel danzare con Madre Natura, sia nel cosiddetto bene, sia nel cosiddetto male.

Ora, vi risparmierò il solito dotto discorso sul bene & sul male: di questi discorsi abbiamo riempito vagoni e vagoni e vagoni nei treni che abbiamo costruito per mascherare la nostra ignoranza, colossale, epica; già, adoriamo indossar maschere, sia quando si sta bene, sia quando si sta male.

Il punto è che la Creazione nel nostro Universo è duale. Punto. Bianco e Nero, con in mezzo il Grigetto, sfumato, e tirato un po’ di là, e un po’ di qua; ci piace un mondo tirar la coperta dove meglio stiamo comodi. Dico stiamo, ma è una sciocca menzogna: nulla sta, mai; tutto è sempre e soltanto dinamico, tutto si muove, tutto è in continuo mutamento, tutto muove, qui e altrove e allorquando.

Così, a malpartito tra me e me a causa dello iato nel quale tutti gli umani si lamentano del male, nascondendo sotto il tappeto, senza neanche pensarci, che la nostra insana iattanza e stupidità ne sono la vera causa, me ne sono tornato a casa, a San Giovanni. Sono Millenni che facciamo i belli dicendo quanto siamo bravi, ma creando noi stessi per noi e le generazioni future i semi del male; di cui poi, ovviamente, siamo sempre i primi a lamentarci, dicendo però, urbi & orbi, che è sempre colpa degli altri, sono loro quelli cattivi.

Questa sindrome demente indica che la specie di questa umanità, cui purtroppo tutti apparteniamo, è radicalmente ammalata: forse che noi non siamo quegli stessi altri? Che razza di pazzia, di schizofrenia è questa? … adoriamo parlare di tolleranza, rispetto, diversità (persino di biodiversità, che fa molto fico, no?), addirittura esistono enclaves & conclavi di ogni sorta e specie in cui ci si fregia del sostantivo ‘fratelli’, e via dicendo. Chiedo, umilmente: … ma di che si va parlando se anche ora, nel pieno di un male bio-logico, ci permettiamo di dividere il mondo tra buoni e cattivi? Con quale sprezzante alterigia si parla di esser fratelli, a Natale, se poi si spara a zero su chi pensa o vive con la propria diversità? Abbiamo smarrito il senso delle cose, persino tra chi si alimenta di una soi-disant cultura. Sotto quale abietto tappeto abbiamo nascosto l’ideale della Libertà di Essere?

Nel cuore della Creazione relativa al nostro Universo, ciò che chiamiamo bene è identico a ciò che chiamiamo male; hanno la medesima valenza, sono alla base stessa del processo del Divenire. Gli alchimisti lo dovrebbero ben sapere: il nobilissimo si nasconde nel corpo più abietto; abietto all’apparenza degli stolti, beninteso.

Est Simulare Meum

Ma parlar di questo ci porterebbe troppo lontano. Ciò non significa che un criminale vada giustificato, ma lanciare pensieri d’odio & intolleranza per gli altri che non concordano con il proprio libero pensare equivale ad alimentare proprio il male in se stesso, a rinvigorire l’insipienza e la stupidità di cui ci si lamenta ad ogni pie’ sospinto. Ancora non crediamo che emettere un pensiero di maledizione sia opera letale tanto per l’emittente, che per il ricevente, che per il nostro magnifico pianeta? Lo specchio di Alice è per l’appunto uno specchio, ed ogni specchio riflette ciò che gli viene parato davanti: ergo, quell’energia maldicente ritorna, precisa, sull’Anima dell’emittente, e fa ‘Crash!’. Punto. Non credete che sia vero? Non volete credere che sia vero? Per carità, fate pure … a me non interessa affermare la mia eventuale ragione; sono i fatti, gli eventi che accadono, le energie in gioco, gli scambi che scambiamo, persino nel silenzio della nostra casa, a generare tsunami di bene o di male. Poi ci lamentiamo? … come ho scritto: fate pure.

Sauron, il negromante dei mondi incantati ma veritieri di Tolkien è l’agente, il luogotenente di Morgoth, il male quasi assoluto; Tolkien lo descrive con l’avverbio almost (quasi) perché nel gioco della dualità le carte del nostro Universo sono state benevolmente truccate ab initio, in modo tale che il male assoluto non abbia possibilità di esistenza, e il male non possa oltrepassare un certo limite prefissato. Ma Sauron esiste, e vuole usare La Terra di Mezzo per i suoi scopi di potere, per avvolgersi nelle vesti del potere senza limiti: il male, dunque, in questa visione, esiste: perché è parte del Creato. Chi si oppone alla malvagità di Sauron, e chi potrà vincerlo? Non sarà Gandalf, il quale combatterà una giustissima battaglia epica per preservare la spiritualità, non sarà Aragorn, il quale è il suo nemico giurato sul piano morale e persino politico (con il senso della polis greca), ma sarà invece quel felice pazzo di Master Tom Bombadil, the Eldest; perché? … ma naturalmente perché il buon vecchio Tom è, come uomo terreno e di origine semidivina, ‘colui che semplicemnte è’, libero però da qualsivoglia desiderio di predominio, per cui nessun potere può dominarlo. Come in tutte le saghe delle memorie del nostro Pianeta, Tom è il ribelle, perché non desidera nulla se non essere felice, lui e gli altri. Questo è un Fratello (lo scrivo con la maiuscola, eh?).

Ora, per non sembrare pedante persino a Natale, credo sia opportuno ricollegarmi ad una Carola di origine celtica, a me molto cara: si tratta di ‘God rest ye merry, gentlemen’, che ho già proposto qui e qui. Le origini sono antiche, ma pare che si parli del 1500, dove il titolo di questa ballata natalizia era forse ‘Sit you, merry gentlemen’. Come forse qualcuno sa, si dibatte sulla posizione della virgola e – soprattutto – sul significato di quel ‘merry’. Il Middle English mirie deriva dall’Old English myrge, e significa generalmente piacevole, allegro, gioioso, felice; peraltro, nel Dizionario di Sir Thomas Eliot, del 1538, appare questa frase: “Aye, bee thou gladde: or joyful, as the vulgare people saie Reste you mery.”, cioè “Certo che sì, che tu sia lieto: o gioioso, come la gente del volgo dice che tu possa riposare felice.”. In effetti, il magnifico & eccelso Bardo Scuotilancia userà molto spesso l’augurio: “God rest you merry, Sir.”, in As you like it; “Rest you fair, good signor.”, in The Merchant of Venice; “Rest you merry.”, in Romeo & Juliet; “Rest you well.”, in Measure for Measure; “Rest you happy!”, in Antony and Cleopatra; “And rest myself content.”, in The Tempest.

Si tratta insomma, a ben sentire, di una formula d’augurio (e di saluto) molto affettuosa, usata in modo schietto e diretto dalle poco cerimoniose classi del popolo. La si potrebbe rendere in italiano con

Che Dio vi accordi gioia, cari uomini gentili!”.

Quindi, il buon consiglio ed il buon augurio del popolo mira al restar merry, quindi al riposare felici. Ora, la prima strofa dell’antico ‘Sit Yow, Merry Gentlemen’ (in un manoscritto conservato presso la Bodleian Library, ca. 1650) suona così:

Sit yow merry Gentlemen
Let nothing you dismay
for Jesus Christ is borne
to save or soules from Satan’s power
Whenas we runne astray    
O tidings of comfort & joy
Sedetevi felici Signori
Non lasciate che nulla vi sgomenti
perché Gesù Cristo è nato
per salvare le nostre anime dal potere di Satana
Quando ci smarriamo     
Oh, ondate di conforto & gioia

Mentre occorre sottolineare l’uso del termine tiding, che deriva da tide, cioè marea, la Carola pare voler infondere un senso di pace, di gioia, nonostante tutto quello che può accadere; il motivo è, naturalmente, che è nato qualcuno che ha il potere di salvare le anime dal potere di Satana; dunque il male esiste, ma non c’è da preoccuparsene, dato che è nato – il giorno di Natale – colui che si può opporre a quel potere, tramite il suo potere: Amor. Però, e altrettanto naturalmente, purtroppo, l’uomo ha sempre ritenuto che potesse bastare il Salvatore a contrastare quel potere malefico, quando invece il senso è quello di applicare quel potere di contrasto – l’Amor – in ogni e qualsivoglia contesto, evento, confronto, et similia che passi su Terra. Siamo insomma, troppo, davvero troppo accomodati e troppo sicuri di non sbagliar mai nel nostro vivere, pensare, amare; è sempre degli altri la colpa di esser cattivi (di Sauron, ovviamente!), e ad un altro (non a noi, per carità; noi siamo sempre buoni e incapaci di alcun male), al Salvator Mundi tocca il compito di combattere quel cattivo, oh quanto cattivo, di Sauron! Si dimentica – sempre – che Amor esprime Forza, la Force che anima il divenire di ogni essere (persino di Sauron!), la Forza Forte di ogni Forza che regge l’intera dottrina dell’Alchimia. Se c’è una cosa che è chiarissima, nel suo splendore, della storia e soprattutto dell’insegnamento del piccolo Salvatore, è proprio il comandamento, quindi l’ordine, inequivocabile, ad Amare gli altri quanto Amiamo noi stessi; eppure, eppure, basterebbe seguire quei piccoli indici puntati verso l’alto, verso il Cielo, dipinti dagli artisti in così tante rappresentazioni sia del Salvatore che del Battista per accorgersi che non è degli altri la colpa del male, quanto proprio e soltanto della nostra arroganza, la quale è la sorella preferita dell’ignoranza.

Si, perché persino Alchimia insegna, almeno negli scritti buoni d’ogni tempo, che lo scopo dell’Arte non è mai il possesso (persino del Mercurio Comune, o – addirittura – di una banale Pietra Trasmutatoria), bensì Conoscenza. Se ancora non conosciamo un tubo, ma proprio un tubo, dell’incredibile meccanismo della Creazione, se ancora non abbiamo nemmeno perso qualche ora del nostro preziosissimo tempo (sai, sono molto impegnato, sono esausto, sono molto preso, perdonami ma proprio non ce la faccio, ho troppe cose da fare) nel mettere noi stessi davvero – ripeto: davveroin cammino verso quell’orizzonte dietro al quale il Filosofo stupefatto scopre le Rote Magne

… come ci si può stupire, poi, se un essere vivente, per esempio (per dirla con il potentissimo megafono televisivo) il virus che fa girar il mondo, viva secondo la propria naturale Essenza? Sauron esiste, il virus esiste, e chissà quant’altri nemici esistono, ma è la nostra totale ignoranza delle Leggi del Creato a far sì che il loro potere venga accolto, nutrito ed accresciuto; l’Ignoranza di come stanno DAVVERO le cose nel cuore della Creazione porta a galla l’aspetto oscuro della manifestazione; ma i cattivi, quelli proprio cattivi, se non proprio stupidi, siamo noi tutti che abbiamo dimenticato (meglio: scelto di dimenticare) come Madre Natura operi, siamo noi tutti che amiamo possedere l’inutile per amor di potere, siamo noi tutti che abbiamo alterato l’equilibrio magico e naturale del nostro straordinario pianeta, siamo noi tutti che consumiamo risorse come se fossero inesauribili, siamo noi tutti che lasciamo che i popoli del terzo e del quarto mondo  e pure del quinto muoiano di fame & di sete & oggi anche di virus, siamo noi tutti che scambiamo solo denaro per guadagnar poteri piccoli e/o enormi, e scambiare non puro Amor, siamo noi tutti che abbiamo eletto il digitale a nuovo Signore del pianeta tutto, affossando & seppellendo la semplice relazione umana (fatta di abbracci, e sguardi, di occhi negli occhi), siamo noi tutti che abbiamo dimenticato quel che ha voluto insegnare il piccolo Bimbo nella mangiatoia, credendo o volendo credere che possa bastare far professione di fede, speranza e caritàTana libera tutti, c’è il Salvatore, sapete? Certo, queste Virtù sono essenziali, indispensabili, ma non basta cianciare al vento con quelle belle & altre ormai vuote parole, occorre Conoscere, e conoscere il vento e parlare con il vento, ed addirittura essere vento! Occorre fare Amor, non far finta di nulla e dir sempre che gli altri sono brutti & cattivi & da sterminare, sol perché sono diversi da noi e pensano in modo diverso dal nostro pensare.

Fatti non foste per viver come bruti,

ma per seguir Virtute e Canoscenza

In definitiva, occorre cambiare per restar felici, per riposare felici, … per esser Merry!

Ergo, in attesa del Caput Anuli, vi lascio con una versione che mi piace molto di

God Rest Ye Merry, Gentlemen

Nantes, βαφη à Bourges … puis Paris – 1

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , on Sunday, January 12, 2020 by Captain NEMO

De toutes choses materielles il se fait de la cendre, de la cendre on fait du sel, du sel on sépare l’eau et le mercure,, du mercure on compose un elixir ou une quintessence.“.

Da ogni cosa materiale si fa della cenere, dalla cenere si fa un sale, dal sale si separa l’acqua ed il mercurio, dal mercurio si fa un elisir o una quintessenza.”.

La semplicità dell’Opera scatena l’analisi logica – e la logica stessa – degli uomini che sono certi di tutto saper … eppure, direbbe qualcuno, scendere al livello della simplicitas dei bimbi è l’unica cosa che ci sarebbe da fare quando si cerca; ma resta la più difficile delle imprese da parte di chi affronta la Queste nel laboratorio alchemico, tentando di seguire le orme – e le impronte, che non sono orme – di Madre Natura. La logica, la mente, l’ascia della sua stessa ragione si abbatte sullo spirito dell’artista, preso com’è nella rete dell’inganno, della stolidità, e della fame di potere e controllo. Non v’è scampo per l’artista, che sia novizio e persino Magister Ludi: si segue il proprio indice, e non più Luna e la sua Lux, riflessa. Poco male, se non fosse che il giovane innocente, che fosse attratto per destino dalla Via del Bosco incantato, incontrerà non soltanto il rassicurante simulacro di sé stesso, ma addirittura le statue di sale di chi prima di lui ha ceduto il lignaggio per il solito piattino di lenticchie. Certo ammantate di mille ammiccamenti, offerte sul ritual piatto, confidate sotto un portico fidato, e varie amenità; inebrianti seduzioni, ma sempre lenticchie sono.

Il discrimine tra chi cerca e chi dice di cercare è solo uno, da che mondo è mondo: Amor e Conoscenza. In una delle narrazioni sulla genesi della specie umana, si narra che “…ed essi stabilirono il senso dell’uomo: e lo chiamarono Amore e Equità“. Ed è proprio per questa origine probabilmente diversa, non della nostra stessa specie, che noi tutti recitiamo sia amore che equità: ‘essi’ lo stabilirono, e gli uomini ‘stabiliti’, pare si siano un tantino de-stabilizzati… Il libero arbitrio è by definiton libero ed al contempo arbitrio. O no?

Conoscere non è mai facile, perché richiede il continuo abbandono delle proprie certezze, delle proprie convinzioni, siano esse profane o sacrali. Tanto più lungo la Via dell’Alchimia. Tutto deve esser gettato via quando si cammina verso Conoscenza con il solo scopo di Contemplarla. Il compito dell’alchimista – ovemai volesse ritrovar la via di Casa – è dunque sovrumano, perché troppo male siam fatti per scoprire e cogliere la simplicitas di Madre Natura all’opera.

La frase di cui sopra racchiude in sè l’indicazione per la direzione lungo la quale progredisce il mutamento della Materia nel Laboratorio alchemico: la frase è come sempre priva dei dettagli, che l’artista innamorato dovrà tentare di ritrovare nel suo Animus o in qualche raro libro scritto talvolta in Latino o Francese o Inglese (meglio: Old English), sia quando studia di giorno, sia quando lavora di notte. La Luna è una severa Maestra.

Quella frase sta scritta in un libricino stampato nel 1871, ed è l’incipit del capitolo Matière du Grand Oeuvre, alla pagina 119; è intitolato Clef des oeuvres de Saint Jean et de Michel de Nostredame, e l’autore è M.A. de Nantes, vale a dire Pierre Aristide Monnier, aliasAlcyon; di quest’uomo singolare ho già avuto modo di parlare qui; si tratta di una vicenda piuttosto complessa, un tantino scomoda per l’Académie alchimique, e ben poco conosciuta, ma ricca di profondità. Oltre alla parte storica (sorprendente), quella alchemica merita più attenzione, a mio avviso, di quanto si creda.

Continuando:

Le corps se met en cendres pour être nettoyé de ses parties combustibles, en sel pour être séparé de ses terrestréités, en eau pour pourrir et se putréfier, et en esprit pour devenit quintessence. Les sels sont donc les clefs de l’art et de la nature; il n’y a proprement qu’un sel de nature qui se divise en trois: le nitre, le tartre et le vitriol. De ces sels et de leurs vapeurs se fait le mercure que les anciens ont appelé semence minérale.”.

Il corpo si riduce in cenere per essere pulito delle sue parti combustibili, in sale per essere separato delle sue terrestrità, in acqua per marcire e putrefarsi, e in spirito per divenire quintessenza. I sali sono dunque le chiavi dell’arte e della natura: non vi è propriamente che un sale di natura, che si divide in tre: il nitro, il tartato e il vetriolo. Da questi sali e dai loro vapori nasce il mercurio che gli antichi hanno chiamato semenza minerale.”.

Il Bretone arguto non potrebbe essere più chiaro, tanto è Scientiatus (mi si passi il termine), e continua:

La materia prima è chiamata comunemente  zolfo e argento vivo. Raimondo Lullo li chiama i due estremi della pietra e di tutti i metalli. Altri dicono in generale che il sole è suo padre e la luna sua madre; che è maschio e femmina, che è composta di quattro, di tre, di due e di uno, e tutto questo per nasconderla. É certo che non v’è che un solo principio in tutta la natura, e che appartiene alla pietra come ad altre cose. Non v’è inoltre che un solo spirito fisso composto da un fuoco molto puro e incombustibile che ha dimora nell’umido radicale dei misti. É più perfetto nell’oro che in altre cose, e soltanto il mercurio filosofico ha la proprietà e la virtù di estrarlo dalla sua prigione, di corromperlo e di disporlo alla generazione. L’argento vivo è il principio di volatilità, della malleibilità e della mineralità, lo spirito fisso dell’oro non può nulla senza di esso. L’oro è umettato, reincrudato, volatilizzato e sottomesso alla putrefazione per opera del mercurio, e quest’ultimo viene digerito, cotto, inspessito, disseccato e fissato per opera dell’oro filosofico, che lo rende tramite ciò una tintura metallica.

L’uno e l’altro sono il mercurio e lo zolfo filosofico. Ma non è sufficiente che si faccia entrare nell’opera uno zolfo metallico come lievito; ne occorre anche uno come semenza di natura solforosa, per unirsi alla semenza di sostanza mercuriale. Questo zolfo e questo mercurio sono stati saggiamente rappresentati dagli antichi con due serpenti, uno maschio ed uno femmina, avvolti attorno alla verga d’oro di Mercurio. La verga d’oro è lo spirito fisso dove debbono essere fissati.

Questo zolfo è l’anima del corpo ed il principio dell’esuberanza della loro tintura; il mercurio volgare ne è privo, l’oro e l’argento non ne hanno che per sé stessi. Il mercurio proprio all’opera deve dunque per prima cosa essere impregnato di uno zolfo invisibile, affinché sia più disposto a ricevere la tintura visibile dei corpi perfetti e che possa in seguito comunicarla con usura.”.

Come sempre, il ‘vecchio‘ ed il ‘nuovo‘ vanno apprezzati cum Prudentia:

Tondo di Andrea della Robbia

Prudence è una delle quattro Gardes dei Duchi di Bretagna, di cui supra; e che assieme ad essa la Force scorra, sempre …. libera dai noiosi e inutili pregiudizi!

to be continued

La Joie, nel cuore …

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , on Wednesday, January 24, 2018 by Captain NEMO

È sempre più agevole non pensare con la propria testa. Trovare una piccola, sicura gerarchia, e accomodarsi all’interno di essa. Non cambiare nulla, non rischiare la disapprovazione, non mettere in agitazione i colleghi. È sempre più facile lasciarsi governare.

Ursula K. Le Guin, I Reietti dell’altro Pianeta (Dispossed: An ambiguous Utopia), 1974

Abbiamo l’impressione/illusione di vivere su questo nostro ‘Terzo Pianeta”, ma meglio sarebbe chiamarla mera sopravvivenza. Il risultato di questa postura scialba è sotto gli occhi di tutti: tutto va come va, in modo pessimo, e alimentando sempre più non soltanto la fisica sofferenza, ma soprattutto la speranza di raggiungere – tutti – almeno il ‘buon senso’. É bene mettersi in testa che questa pigrissima postura è sempre stata la ‘firma’ di questa nostra specie di arroganti cialtroni: abbiamo nei secoli creato ed alimentato l’Imperium che costringe, affligge e configge – e continuiamo a farlo, in barba ai vari ‘credo’ libertari, sempre acclamati perchè ‘vai-avanti-tu, che …io poi ti raggiungo‘ -, in un evidentemente maledetto circolo vizioso; nel quale tuttavia, in mezzo alle lamentazioni di Geremia, nulla facciamo per cambiare la rotta e la prospettiva. E lo dovremmo fare, se non altro per chi viene e verrà dopo di noi …

Chi si prendesse la briga di studiare sul serio la Storia, e non leggere per criticare e/o filosofeggiare, facilmente si renderebbe conto di quanto sia surreale e colpevole la scelta di sopravvivere e di al contempo lamentarsi della sofferenza. Gli autori di questa inaudita sofferenza siamo noi tutti, da sempre: persino chi sfoggia saggezza, sia essa conclamata o l’etichetta concessa del consensus accademico – ogni accademia è stata e sarà sempre fonte di guai, o prima o poi; sono i subdoli focolai della ‘malattia del pianeta uomo’ -, ieri come oggi o domani, è correo di questo scempio.

Bene: in questo scenario, che senso ha la lamentazione, il pianto, la disperazione, il rantolo, l’additare l’altro come il colpevole del guasto? A cosa serve? La risposta è facilissima: a nulla; ma l’Imperium ingrassa. E la fila per entrare in quei ranghi di controllo e potere si ingrossa sempre, mentre la bellezza della vita vissuta con impegno luminoso viene calpestata, spazzata via, in pochi attimi di ‘scarponi chiodati’ marca ‘Io solo, sono‘.

Sempre in quella Storia nostra secolare, si vede facilmente che l’Imperium è contrastato talvolta dai romantici Ribelli; Reietti, per l’appunto, scalcinati, folli, fuori dagli schemi; ma ribelli; per prima cosa ribelli al pensiero inoculato con cura che ‘… nulla si può, abbiamo perso tutto, ah, mio Dio … guarda che strazio, guarda come si sono allontanati dalla retta via, guarda come hanno tradito i sacri canoni della legge (in taluni casi la si scrive con la maiuscola: in talaltri con la minuscola; ma sempre ‘sacra’ ha da essere, così fa effetto)’. Ancor più si ribellano, quei Reietti coraggiosi, alla solita trita litania “… Ah, grande Ciaparche Verde, io solo sono l’ultimo vero custode della legge (vide supra), proteggi me che ti voglio bene, e stermina lui che si fa beffe del sacro…!“; e via dicendo.

Chi avesse studiato con efficacia le basi fondanti dell’Alchimia, troverà nei testi una vis poco presente in altre dottrine: l’Alchimista è un Ribelle, è il Foux, per definizione; egli esce dal gregge per scelta consapevole, e combatte la visio che il consensus inculca e vende (e non v’è peggior consensus di quello ammantato dagli ieratici crismi pseudo ermetici; ma c’è di peggio…). Senza dubbio, egli paga il fio di questa scelta, come ogni Ribelle sa. La posta in gioco non è la Pietra Filosofale, non è né possesso, né controllo; la posta è Sophia, l’accesso alla via di fuga dalla vita sciaba e sciupata. E tutti sanno che sono pochissimi quelli che vi siano davvero riusciti. Pochissimi.

“Sufference is a lack of Knowledge”

Credo si debba chiarire che la Queste, l’avventura, non si esaurisce con la ‘fuga’ dal terzo pianeta e dalla sua specie arrogante e stolida: vi sono un mucchio di altre cose dopo, che dovranno essere – more solito – prima studiate e poi praticate. Un Universo ha luoghi immensi e tempi più-che-galattici. La Queste continuerà, con nuovi gradini di Sophia, et alia. Una meraviglia per il Ribelle davvero curioso, per chi fosse sul serio innamorato della Dama e curioso al punto di osare sollevare, nei modi consentiti da Natura, i lembi di quel velo …

Allora, il Ribelle che avesse abbracciato con Force il giusto sogno della Libertà dal brutale giogo dell’Imperium, chi avesse la forza grande del Sogno del Piccolo Principe, o la forza di Peau d’âne, e si impegnasse tanto nello studio che nella pratica, entrambi indefessi, … che se ne potrebbe mai fare delle lamentazioni, dei mugugni, delle ‘Geremiadi‘ che sorgono dai roghi della inevitabile Santa Inquisizione? Tanto più oggi in Alchimia, in cui di tutto avremmo bisogno, tranne che dell’inutile “ … siamo alla fine di un Ciclo. … É il tempo dei falsi maestri …“.

Ancora sorella Storia racconta che è sempre stato così, sempre si è parlato di Cicli che son-lì-lì-per-finire, con moniti apocalittici, e sempre abbiamo avuto i falsi maestri, persino tra i tanti Maestri, proclamati tali o dal consensus di cui sopra o per comodissima pigrizia della nostra arrogantissima specie, ammalata di disamore per Sophia. Anche qui: … non sarebbe tempo di mutare postura?

Non è la tristezza la divisa del Ribelle, sia esso Maitre o povero Ouvrier, non è un ipocondriaco lamento, non è l’invettiva contro tutto e tutti nel nome di un Divino sempre maldestramente adattato alla propria pigra insipienza, non sono patenti o tessere o paludamenti – risibili sciocchezza nel contesto della Force che anima la Creazione – che gli permetteranno di progredire nel cammino faticosissimo verso Lux, non sono le recriminazioni né le bizzarre scimmiottature di figure ieratiche a condurlo per mano, non sono la paura o la tenebra a proteggerlo dalla inevitabile reazione alla tentata fuga, non sono religioni o filosofie o scienze o tecniche avanzate che potranno sorreggerlo di fronte alla maestosità provvida di Madre Natura. Il Ribelle è solo, attorniato a volte da fidati Compagni di Queste. Soli con Madre Natura, tanto quando sono immersi nelle pagine di un buon testo d’Alchima, tanto quando sono indaffarati nei propri Laboratori alchemici, notte per notte, giorno per giorno. Unico punto di riferimento: la Materia alchemica in cottura, ed il proprio Fuoco. Una relazione d’Amore privatissima e sovrana.

La Fratellanza nasce dalla comunanza d’appartenenza: ma anche qui, more solito, non si sta parlando delle varie divertenti ‘parrocchiette’ che abbiamo allestito nei secoli come simulacri di ciò che abbiamo scelto di perdere. L’inganno che abbiamo tutti ordito (persino i Magistri), è più che subdolo, e conduce dritto dritto nelle prigioni dell’Imperium. Ogni ‘parrocchietta’, ogni congrega, sia essa santa o santificata o in odore di ineffabile e sublime santità, decorata dai Symbola abusati, garanzia di una protectio agognata, è la porta-trappola verso quelle lamentazioni, quei tristi e bui rantoli di chi non sa più cosa sia bellezza, letizia, giubilo e – sopra ogni cosa – la Joie.

La Joie della Fratellanza antica, quella che non necessita di alcun ornamento, alcun paludamento, alcuna obbedienza a regole etichettate con abuso tremendo del termine Sacro (è bene studiare, prima, durante, e dopo; cum practica, lo dico sempre), quella che lega ogni creatura in ogni Universo, quella ove Amor regna e mai tradisce, quella che sorregge Terra e i miliardi di luoghi animati dalla vita, quella che arde del Fuoco della Force, dove Natura Regna e non i finti dei di plastica, adattabili alla moda che meglio ci aggrada, quella semplice di un sorriso radioso qualunque cosa accada, persino di fronte a ciò che chiamiamo – stupidamente – ‘morte’, … quella Joie è il signum distintivo di un alchimista onesto, fosse egli un neofita o un esperto.

Quando vedrete Joie in Alchimia, sorridete e camminate.

La vita, in verità, è evento meraviglioso; ed una straordinaria opportunità, da non lasciar calpestare, o trascurare per ammantarsi di un gingillo del Club dei Custodi della tradizione (in questo caso, la minuscola minuscolissima è d’obbligo). Ancor più per chi sceglie di camminare lungo i sentieri della Gran Dama.

A chi mi ha dato questo bellissimo premio, grazie.  Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande.” (Ursula K. Le Guin, 2014, discorso alla consegna a New York del National Book Award).

Si sostituisca, con rispetto, il termine ‘scrittori‘ con ‘alchimisti‘; ed accanto a ‘tecnologica‘, magari, ‘ed ermetica‘.