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“La Bugia” del Marchese Palombara … 5

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Tuesday, June 18, 2024 by Captain NEMO

Dopo una Primavera meteorologicamente difficile (ma quanto meravigliosa per quelli che sono riusciti a “crogiolarsi” con chiara Luna), eccoci alle porte del ‘grande caldo’: e siccome l’alchimista operativo segue da vicino il ciclo ‘naturale’ così come ce lo offre Madre Natura, riprendo in mano lo studio de “La Bugia” del Marchese Massimiliano Palombara; lo avevamo lasciato qui, alle prese con la Purificazione della Pelle, e quindi proseguiamo con lui nell’ottima resa del codice cartaceo[1] da parte di Mino Gabriele: si tratta ora di ‘liberare’ il suo Re …

Mentre io stavo travagliando del continuo per la liberazione del Re, … facevo i miei conti che tanto maggiore sarebbe stato il premio che speravo, e tanto più che non avevo a dividere a farne parte con altri compagni, oltre la confidenza ed amicizia che averei in tutto di mia vita avuto con lui, certo che avrei possuto in tutte le mie occorrenze disponere di lui e di tutte le sue forze, mentre da me e per causa mia averebbe con la vita ricuperato e la libertà e il regno.”.

Si potrebbe/dovrebbe notare che: A) ciò che segue è un altro, nuovo, processo operativo; da compiersi, nell’intento del Marchese, dopo la Purificazione della Pelle: B) l’operazione è del tutto ‘privata’, non condivisa con ‘altri compagni’: il Marchese vi si dedicherà dunque zitto-zitto; C) il ‘premio che sperava’ è il ‘disponere’ del Re.

Ecco come si accinge a ‘liberare’ il Re:

Sì che avendo preso della calce viva asciutta e del sale armoniaco, e ben presto e l’uno e l’altro con la sua dose proporzionata, posi il tutto dentro ad una torta di vetro ed a foco gagliardo. Ne cavai una certa quantità d’acqua chiara, la quale poi unita con un’altra parte di acqua forte sflemmata, feci di queste doi acque un’acqua sì possente e gagliarda che in poco tempo ruppi le catene di duro ferro e li ceppi con i quali il Re era incatenato, e con i quali non si poteva né movere né camminare al dispetto di Saturno che ne aveva cura …”.

Talmente diretta e chiara la ricettina iniziale, che non necessita di commento alcuno; senza dubbio l’alchimista accuorto già saprà che qualsivoglia ‘acqua forte’ non entra mai in una vera operazione alchemica.

Seguendo le ben conosciute allegorie della letteratura alchemica, Il buon Marchese prepara una soporifera pozione … per addormentare le Guardie della prigione in cui è rinchiuso il Re (seme di giusquiamo, papavero, una libbra di oppio; triturato il tutto, vi aggiunge due chiare d’uovo ed un tot di acqua di mandragora; poi distilla la pozione e la mescola a del vino; una sera, lo immaginiamo quatto-quatto, le fa avere ‘secretamente a bere con bella maniera alle guardie…’). E fu così che “Conforme successe che furono addormentate con tal liquore, ebbi comodità di operare a mio comodo le ben chiuse e forti porte e trovato il Re che già mi stava aspettando …”, il prigioniero ed il suo liberatore fuggono guardinghi nella notte, verso la casa del Marchese (il racconto assomiglia alla storiella con cui Sendivogius avrebbe ‘liberato’ Sethon, il vero ‘Cosmopolita’; ma questa è un’altra storia, peraltro imprecisa).

Questo film del Seicento prosegue ora con il Marchese che deve fare i conti con il risveglio delle guardie ed il rischio di essere scoperto; così ponza-che-ti-ponza, decide di prender due piccioni con una fava: “… nascondere la persona reale … cioè salvarlo ed insieme finir di ridurlo totalmente al compimento del suo essere, mentre ancora non era arrivato alla totale sua perfezione;”. Il Re insomma, ha ancora “… nelle mani e nelli piedi e nel collo … i ferri che ancora non li avevo possuti finir di levare, per la prescia e per il poco tempo avuto, e ritrovandomi nel mio giardino di casa uno struzzo, tanto feci che quell’animale con l’avidità di pascersi di quei ferri si ingoiò con quelli il Re e se lo mangiò, ed a ciò di facile io vi acconsentii perché giudicai cha quello era un calor proporzionato per ridurre al fine la cominciata impresa.”.

Formidabile, no? … chi legge lo Script del film, non può che sogghignare alla trovata dell’Autore: … siccome le guardie che hanno bevuto il beverone soporifero, mo’-se-so’-svejate, il sornione Marchese (Romano-de-Roma) che fa? Corre in giardino ed acchiappa uno struzzo (chi non ha nel suo giardino qualche struzzo?), che naturalmente si ingoia il Re … e lo digerisce!

Ciò fatto stiedi sempre vigilante aspettando che lo struzzo si dovesse far un ovo, che poscia il medesimo da lui covato, da quello similmente ne doveva, conforme le regole dei maghi, risorgere il mio Re, il quale rinato perfetto con tutte le disposizioni delle membra era certo che poteva poi comparire in pubblico senza esser riconosciuto né dalla guardia né da altri, … Aspettai pertanto che il Re si finisse di digerire e concocere ascoso dentro le viscere dello struzzo, il quale finalmente fece il bramato ovo, che covato da quello con ogni diligenza ne nacque un bambino con la testa coronata di perle bianchissime, tutta intarsiata di risplendentissimi diamanti, sembrando quel corpicciolo una massa di perle lucenti che nella bianchezza passavano le nostre …”.

Qui si impone a mio avviso una pausa: il testo si conclude con considerazioni più Philosophicæ, che riporterò in un altro Post.

Durante la pausa, anticipo un passaggio finale di Massimiliano Palombara, che spiega cosa sia il risultato di questa operazione alchemica, sul quale magari si possa con calma fare qualche riflessione prima teorica e poi pratica:

… benché con mille nomi sia nominato … dicendo io di certo che benché nel principio derivi da tre, con tuttociò appena è uno, … non essendo altro che quella magnete cattolica o sperma del mondo dalla quale naturalmente pigliano l’origine e nascono tutte le cose.

Ed è meravigliosa e singolare avendo un’essenza investigabile, non essendo né caldo né secco o d’altra qualità, avendo una perfettissima adeguazione con le minime sue parti, e perché è incorrottibile nessun elemento si accosta a travagliarlo, essendo similitudine del cielo, anzi l’istesso cielo senza essere soggetto alla destruzione: vera quinta essenza della cosa più perfetta che seppe procreare la divina Natura, acqua dell’oceano, acqua vite, benedetta e purgatissima acqua, che in effetto non è acqua, né acqua piovana o scaturente da altra o simile scaturigine, ma crassa, permanente e conforme la riflessione dei savi, secca, e che non inumidisce o bagna la mano di chi la tocca. Celeste e duplicato Mercurio … chiamato da Avicenna anima del mondo.”.

Nel 1986 Paolo Lucarelli ricordò: ‘… Guglielmo di Conches nelle sue glosse “In Timeum” scriveva: “Anima mundi est naturalis vigor rerum quo quedam res habent tantum moveri, quedam crescere, quedam sentire, quedam discernere.”.


[1]La Bugia. Opera d’incerto Autore nella quale si tratta della vera Pietra dei Sapienti. 1656”, in Il giardino di Hermes, a cura di Mino Gabriele, Ed. Ianua, 1986.

“La Bugia” del Marchese Palombara … 4

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Tuesday, December 26, 2023 by Captain NEMO

Presi come siamo nelle giuste e tipiche e sane pigrizie Festive, credo sia un buon tempo per proseguire nella lettura – e poi nello studio – della curiosa Parabola del Marchese Massimiliano Palombara: lo avevamo lasciato alle prese con le Purificazioni della Pelle del Re; e tal quale lo ritroviamo.

Ogni giorno più che mai dedito nell’opera incominciata, andavo speculando e giorno e notte il modo che dovevo tenere in proseguirla, onde ritornato a casa osservai che la pelle del Re pescata nel mare non aveva più la corona in capo, per il che mi credei che inavvertentemente mi fosse caduta la notte che sonnacchioso me ne ritornavo, ma osservata di novo la pelle con maggior diligenza, vi ritrovai alcuni atomi o punte di Sole, dal che argumentai che quell’acqua marina avesse avuto forza di unire, putrefare e solvere e la pelle e la corona e quanto vi era, essendo e la pelle e la corona tutta una cosa, e che l’una e l’altra si fosse meschiata insieme conforme in effetto successe, e mi quietai nel sospetto consaputo della perdita che mi presupponevo.”.

Ohibò … manca la ‘corona’! … e mo’???

(Sorrisini; … a stento trattenuti da alcuni defilati individui, compresi e disguised nella piccola platea dei lettori accuorti). Si ode, nel buio, uno che ammicca ad un compagno: ‘… atomi o punte di Sole!’.

Ora che siamo pure noi ‘consaputi’, il Marchese inizia una serie di elucubrazioni: dato che la Pelle era stata ‘strappata’ dal corpo-con-feci, forse aveva portato seco alcune zozzerie, e visto che pareva – essa Pelle – ‘alquanto insanguinata’, l’elucubrante Marchese decide di lavarla e purgarla al fine di ‘renderla odorifera e netta da ogni sozzezza’, ma siccome a casa non v’era ‘comodità di fontane’ né giammai poteva affidar la Pelle alle ‘lavandare o altri acconciatori di pelle’, decide di recarsi di nuovo, e di nascosto, al mare: detto fatto, avvolge la Pelle in un panno e scende tomo-tomo chiatto-chiatto ‘al mare (cosa meravigliosa)’.

E qui scopre un fenomeno bizzarro: ‘… mi pareva che quella pelle si movesse e che facesse forza d’intrar nell’acqua, non mi potevo immaginare se l’acqua faceva moto di tirar la pelle e la pelle si volesse movere per andar ad incontrar l’acqua, sembrandomi l’effetto del ferro che, con una distanza proporzionata, visibilmente si move e va ad incontrar la calamita, che poscia unita con quella non si distacca se non che con forza, mostrandovi natural renitenza.’.

Or che il Marchese ha scoperto il Magnetismo – che poi William Maxwell cristallizzerà dopo qualche secolo nel suo famose Set di Equazioni – dalla platea si ode una vocina fioca fioca, sotto voce, quasi un piccolo miagolio: ‘… Uè, Marchese, nun fate accussì … isso è ‘o Magnes, e nno ‘na calamita!’; e il suggeritore, viene messo a tacere con un veloce e compunto colpo di scarpone chiodato, di piatto, sulla nuca …

Il povero Marchese lotta con l’inattesa attrazione, al punto che ha proprio paura di essere trascinato pure lui nell’acqua ‘essendo in più quantità l’attraente che l’attratto’, per cui si ritrae ‘doi passi indietro’. Turbato dalla prospettiva di perder la Pelle in quel mare che ‘me l’averebbe absorta in istante nel suo seno avido ed arrabbiato di sentimento amoroso verso di quella’, pensa bene di ritornare a casa e prendere ‘un vaso capace’, per poi tornare al mare, cosicché – scrive – ‘avessi possuto prendere della sua acqua quella porzione che fosse stata adeguata al bisogno, per depurare e lavare la suddetta pelle, siccome feci.’.

Sempre guardingo, il nostro lascia la Pelle ad un tiro di sasso dal mare, poi preleva dalle onde del mare (onde, onde, onde; trattasi qui proprio di ‘onde‘, eh? … non quelle del Prince de Broglie!) ‘quella quantità e più schietta che giudicai al mio bisogno’, e torna là dove aveva posato la Pelle; poi – ‘posto il vaso in terra e presa la pella in mano per volervela attuffar dentro osservai che con forza mi scivolò e mi prevenne e da sé medesima a piombo se ne calò nell’acqua, dalla quale abbracciata con indicibile avidità, lussuriando se la strinse nell’avido seno a tal segno che di breve non la vidi più …’, il buon Marchese recupera la Pelle dall’acqua e la fa asciugare ‘al sole del mese più caldo dell’anno’ ed osservò che ‘le poste parti delle sue immondezze andava acquistando qualche purità’, cosicché decide di imitare lo stile delle ‘lavandare’, che ‘per depurare ed imbianchire le tele lavano ed asciugano i loro panni più e più volte, che lavando ed asciugando pervengono all’ultimo candore.’: … repetita juvant, no?

Tutto fatto, dunque? … Certo che no: ‘Per quello però che tocca all’operazione manuale, non essendo questo l’ultimo intento del mago, che postala in vaso netto e puro che non li potesse causare né odore né sapore né color cattivo, restai di mente contento, mentre di certo sapevo che di breve con quella pelle sì pura che di già si era disposta a prender altra forma, doveva risorgere il Re conforme la sirena del mar Negro mi aveva scritto (quella ‘firma‘, qui)’.

Palombara assicura che quanto ha scritto ‘… è una schietta verità fraterna e verace … ché chi ha fortuna d’arrivare a questa parte in questo 4° capitolo, descritta di facile ha la via aperta, senza alcun inciampo per poter penetrare nell’ultima camera, dove il Re tiene apparecchiati immensi tesori per corrispondere alla parola regia da lui data a chi l’avrà liberato dai duri ferri con i quali i suoi nimici l’incatenarono le mani, i piedi ed il collo tirannicamente, con tenerlo carcerato in una oscura secreta impaniato ed impeciato tra mille lordure, trattato non da Re ma da minimo schiavo o assassino, che benché da molti, anzi infiniti, sia cercato, non è ritrovo se non che da pochissimi che sono quelli che non osservano tanto l’abito vile con il quale è miseramente trattato, ma con la guida  di Demogorgone e di Saturno tanto si affaticano che lo trovano nascosto nel loro centro …’.

Chiusa canonica e da manuale, no?

… e siccome si va verso fine anno, il Caput Anuli, non farò commenti di sorta! … tutto è già più che chiaro.

[Salomon Trismosin – Aureum Vellus oder Guldin Schatz und Kunstkammer darinnen der aller fürnemisten – 1598-1604]

“La Bugia” del Marchese Palombara … 2

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Friday, September 29, 2023 by Captain NEMO

Proseguo nella Parabola del buon Marchese.

A chi non è infuso di celeste sapienza, apporterà la lettura dei libri molta occasione di considerare che i loro discorsi sono pieni di equivoci e contraddizioni, che perciò il prudente ed accorto lettore dovrà sempre tenere accesa la bugia, acciò tra le oscurità della menzogna non inciampi nella profonda fossa dell’ignoranza.”.

Insomma, un buon consiglio, tutto omeopatico, no? “Similia Similibus Curentur”, dove nei nomina si cela il discrimine tra tenebra e Lux. Facilissimo da farsi, purché si ri-conosca, si sappia ri-conoscere, Lux; come pure, ovviamente, la propria, intima, Lux, quella originale, di nascita. Curiosamente, ma è la verità, entrambe hanno la loro Massa! E questo è un altro discorso …

Il nostro si avvia così a casa, ‘carico dell’erba celeste … colta nel colle’, che da tempi immemorabili è stata e sarà incognita all’ignorante; parola sua. Vediamo: … ma dove … dove ho letto dell’erbetta e del monte? Ah, … ecco … forse forse dal Pacifico Amante della Verità? Mi domando spesso, alla mia età, quante volte sia necessario ripetere la stessa cosa, affinché – al fine – si accenda Lux nel Cuore del cercatore.

La prende, la lava, la pulisce dalle impurità ‘che aveva nella radice’ (facili da separare: ‘non sono interne, né della sua natura’), la trita in atomi minutissimi, e la pone in un ‘vaso magico’, e la tiene sul fuoco ‘lento, vaporoso, aereo, non comburente’ – tipo quello del Trevisano – per asciugarla di una ‘certa umidità che a te ti deve essere molto ben nota’, dice. E … toh! … nasce così un Corvo! … Ah, caspita, … ma deve trattarsi del ‘vas negromanticum’ di Maria, l’Ebrea sorella di Mosè … no? Dal loggione: ‘Ecco, lo dicevo io, ci vuole un Magus, un incantesimo, una conjurationem esoterica e theophrasticam!’ dice, andando a raccattare il cappello a punta e il librone dei Grandi Grimori della Suprema congrega di Shalazam

NO. Dice Maier nell’Atalanta Fugiens, parlando di Triptolemo, commentando l’Epigramma XXXV: “… illud vas, quod Maria dicit, non esse negromanticum, sed regimen ignis tui sine quo nihil efficies.”. Punto. Basta questo, sapete? Ma ritengo sia bene prendere la Bugia indicata dal Marchese, ed accenderla con destro et ratto fiammifero, scoprendo che l’ignis tui … pur essendo senza dubbio un ignis, NON è il focherello che accendiamo sotto l’œuf-à-la-coque.

Pur avendo visto il Corvo, il buon Marchese scopre ben presto di non riuscire ad ‘aprirlo’: “ … per la mia poca pratica in operare [eh, sì … se non lavori, e tanto, e sempre, ci si trova presto tra i rovi!], poiché sebbene con certezza sapevo che dentro le viscere del suddetto corvo vi stava una bianca e pura colomba che nell’occhi  portava doi perle orientali, con il collo ricinto di risplendentissimi e ricchi diamanti, con tuttociò il corvo era sì duro, tenace e bestiale che non trovavo modo da pelarlo e strapparli le penne, che sì fortemente le tenevano avviticchiata ed intrecciata la carne e la polpa. … mi si nascondeva la chiave di questo carcere tenebroso ove innocentemente era ritenuto il mio Re, … e benché sapessi che Saturno era il custode di quella, lo trovai sempre tanto ostinato che non volse mai piegarsi alle mie calde preghiere, onde dando io in quel detto che dice: ‘comburite os nostrum igne fortissimo’, presi pertanto desperato il sopra narrato corvo e lo misi in un foco violentissimo e potente in forte vaso.”.

QED, … mal gliene incolse!

Così, ritorna al colle, in cerca della grotta che aveva trovato in precedenza; ma la trova sbarrata da una porta di Metallo, con sopra incise queste parole: “Io Mercurio, figlio di Maia per ordine di Giove sono disceso in terra, ed ho chiuso l’antro dove si trovano tutte le felicità umane e ne ho riportato la chiave in cielo.”. Evidentemente rattristato, fa per tornare a casa; ma incontra un vecchio barbuto ‘alto e asciutto’ che gli dice che Giove aveva fatto sbarrare l’antro per precauzione, ma contro gli altri mortali, e non contro il Marchese: “… poiché chi una volta gustò del nettare del cielo non è mai più escluso dalla famiglia di Giove, né vi è esempio che chi una volta fu eletto al sacro magistero, sia poi stato abbandonato da quella maestà, e sappi che se l’operazione <non> fosse difficile e laboriosa l’arte al certo perderebbe il nome di arcano …”; poi: “Giove che previde il tuo errore e che sapeva che dovevi ritornare all’antro, ordinò a Mercurio che avanti di chiuderlo mi consegnasse una cestola chiusa e sigillata, e la conservassi per doverla dare a te per quando di novo venivi all’antro, quale averesti trovo all’improvviso chiuso. Onde ecco che te la consegno e torna felice e ricordati che il gran padre Ermete ci avvisa con queste parole: ‘Separabis subtile a spisso, suaviter et magno cum ingenio, etc.’.”

Così, preso ‘il canestro’, se ne torna in Laboratorio, cominciando ad “operare di novo più sanamente” e con l’aiuto ricevuto riesce finalmente ad ottenere “ciò che l’occhio sapeva desiderare, mentre tutte le gioie del Perù erano fango appresso sì degna e non compresa visione …”.

Prima di concludere questa parte illuminata ed illuminante, credo utile ricordare che il buon Marchese aveva chiesto al vecchio chi egli fosse; e lui gli rispose: “Io sono un antico ministro di Mercurio che eternamente dimora albergo di fuora alla custodia dell’antro e sono quello che ti risposi li giorni addietra alle undici interrogazioni [qui] che mi facesti …”, confessandogli che le risposte (in realtà 10) che gli aveva dato venivano suggerite direttamente da Giove, nell’alto dei cieli.

Ciò detto, lo studioso d’Alchimia non potrà non ricordare il famosissimo episodio della vecchia (assieme ai suoi moniti, pesantissimi), della ‘vergine’ sua figlia, e delle ‘vesti’, e del ‘cofanetto’, e della ‘liscivia’ [vide in Tre Trattati Tedeschi di Alchimia del XVII Secolo, pp. 90-3], meditando per bene su quanto scrive in proposito Paolo Lucarelli (alle pp. 23-5).

Hai ottenuto l’eredità che ti ha lasciato mia figlia?” – “In verità, ho trovato il cofanetto, ma non sono proprio in grado di togliere quella veste di stracci, e la liscivia che mi hai dato non riesce a scioglierlo e nemmeno a intaccarla.” – “Tu cerchi di mangiare le lumache o i granchi col guscio? Non conviene che prima li prepari e li faccia maturare il vecchissimo cuoco dei pianeti? Ti ho detto che devi purificare il cofanetto bianco con la liscivia che ti ho dato, non la veste di stracci esterna e cruda; infatti prima di tutto devi bruciarla con il fuoco dei saggi, e allora tutto andrà bene.”, (alla p. 93).

Concludo avvertendo il lettore che l’apparente o ipotetica contraddizione tra i due sogni che si potrebbe presentare alla mente di chi lavora, è solo un ostacolo razionale; velenoso, e più pesante dei moniti della vecchia centenaria. Se invece riuscisse ad aprire il Cuore, con la Bugia dal sorriso omeopatico, Lux potrebbe forse illuminar meglio il cammino. Chissà …

Lo scoglio operativo di cui si parla, è identico: ma se si prestasse miglior attenzione tanto ai termini, tanto alle Maschere indossate dai vari personaggi … beh, forse quel fiammifero cui accennavo supra potrebbe finalmente essere acceso dall’appassionato … nel corpo giusto & col modo giusto! … il resto lo farà Madre Natura!