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“La Bugia” del Marchese Palombara …

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , on Wednesday, September 13, 2023 by Captain NEMO

Stamane, more solito, vado dal fornaio; esco presto, l’aria è fresca e piacevole: incrocio un Runner, vestito in tuta spaziale come di prammatica, ma con bandana sexy sull’ormai tipico e noioso taglio di capelli para-qualcosa; un furgoncino di manovali passa, e uno di loro esclama: “ahò … ma ancora corri verso la libertà?”; “…si, eh! … poi ce vedemo stasera, ar bar!”, il furgoncino accelera ed una grigia zaffata di CO2 investe il Runner spazial-salutista. Io, per fortuna, cammino a mano destra, e mi salvo …

Detto questo a mo’ di Hors-d’œuvre, passo a presentarvi qualche passo d’Alchimia; da un po’ di giorni sono ritornato sul testo del Marchese Massimiliano Palombara (che in verità non è proprio un Savelli, ma un Palombara-e-basta, casata cadetta della vetusta casa Sabellica; poi, dal padre Oddo, prenderà il marchesato di Pietraforte, e la famosa Villa Trophea, nel paradisiaco Hortus della campagna della Roma del ‘600).

Il testo, per quanto noto come titolo, è poco conosciuto: il manoscritto originale venne presentato da Mino Gabriele nel suo Il Giardino di Hermes (1986); in precedenza (1983) Dama Partini aveva già pubblicato l’edizione di un altro manoscritto, il Reginense Latino 1521, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, proveniente dalla collezione di Christina di Svezia. Per ragioni che è poco rilevante specificare qui, preferisco il manoscritto autografo originale.

La Bugia – Opera d’incerto Autore nella quale si tratta della vera Pietra dei Sapienti si fa probabilmente risalire al 1656; il buon Marchese, dedica ben 12 capitoli a descrivere la sua lunga ricerca di lumi alchemici su tutti i testi sui quali riuscì a metter le mani, cercando ed acquistando le opere più rinomate. Come è di prammatica, si lamenta degli enigmi, degli inganni, delle contraddizioni, delle trappole di cui sono pieni tutti i testi alchemici degni di questo nome. E dopo 12 Capitoli, sempre di prammatica, offre la sua “… Parabola che con il lume della bugia sarà dal sapiente con somma facilità intesa e conosciuta” giurando e spergiurando che sarà onesto con il lettore … e va beh! … come ho detto, è prassi consolidata, no?

Aveva scritto al Cap. 5 che “ … finalmente, dopo varie riflessioni conclusi nell’animo che non poteva esser altro la materia che quella che dopo 22 anni di Studio, dopo infiniti argumenti e riflessioni – sento che Iddio mi ispira in un istante all’improvviso verso le 17 ore nel giorno di domenica alli tredici del mese di ottobre dell’anno 1652: parendomi che mi si aprisse l’intelletto che concludentemente, mentre quasi che con un raggio divino, mi si mostrasse quella vera luce la quale finora in tanto tempo sempre mi fu celata  con una densa nuvola d’ignoranza, avendo per il passato fatta esattissima riflessione a tutte l’altre materie fora che a questa.”.

Nella Parabola, il marchese si reca in campagna, su un’alta collina verso Oriente, “la più bella ed insieme la più alta ed eminente”; lì, a fatica, gli par di scorgere “ … una grotta [esposta in faccia all’Oriente] … l’intrata di essa era ricoperta di quantità di canne e spine che ivi eran nate … esse canne, battute talora da uno zefiretto … dal quale di quando in quando piegate, poteva perciò avere qualche lume del celato passo chi esattamente avesse il tutto osservato.”.

Le canne erano alimentate “… da un ruscello che derivando ed uscendo dalla narrata grotta erano del continuo da quello bagnate, che poscia calando con soave mormorio per la falda del monte e restringendosi veniva a formare un fonte, dove mi presupposi di certo che venivano a prendere i savi il prezioso liquore con le loro tazze, …”.

Dopo aver inciso su una quercia lì vicino “… le seguenti parole: fons ortorum[1] tanto per ricordare dove fosse quell’accesso nascosto, il nostro poetico Marchese, ‘sente’ – ovviamente – la voce di un oracolo, al quale rivolge 10 domande (le solite domande di un apprendista-cercatore d’Alchimia); l’oracolo gli risponde sempre in modo brevissimo: “Ut vir limo”, “Umili ortu”, ”Utor umili”, “Iuro multi”, “Tum vilior”, “Tu vir olim”, “Tu, umilior”, “Umor Luti”, “Romuli tui”, “Il tuo rio”.

E si prosegue: “Onde con quest’ultima risposta accertatomi meglio che il Mercurio desiderato era il rio o fiume minerale, che uscendo da una parte della miniera dei filosofi va calando per l’erbosi prati di tutto il mondo, mi confermai maggiormente, e tanto più che me lo chiamava mio, mentre senza aiuto di maestro alcuno, eccettuatone il favor divino, l’avevo ritrovato e ne avevo preso il possesso.”.

Quest’ultimo passaggio merita a mio avviso ogni tranquilla meditazione, ma molto, ma molto, approfondita: esso è preciso, inequivocabile, e – fisicamente – esatto, così come – alchimisticamente – rigoroso. Anche la chiusa finale parla chiaro: il maestro è solo la materia stessa (ma quella Materia! ,,, i.e., la Mater ea!), e si ri-trova, vale a dire viene ‘trovata di nuovo’; semplicemente, perché è presente e reperibile, essendo il nocciolo vero di ogni manifestazione di un qualsivoglia ‘corpus’. Altrettanto semplicemente, è ben nascosta, chiusa com’è nel cuore stesso della Materia. Quella fons, insomma, è racchiusa nell’intimo della Mater ea, laddove intimo è il superlativo di ‘intus’, ed esprime ‘ciò che è più dentro’.

Palombara afferma qui di averne preso ‘possesso’. Buon per lui, no? …

Evidentemente, per disporre di tale fons, occorre qualcosa, perché l’accesso al ‘dentro più dentro’ della Mater ea non è consentito con i mezzi volgari, ma soltanto con mezzi propri e disposti secondo le Leggi del Piano Naturale. Le quali – dato che attengono alla fisica Manifestazione dei corpi – sono di natura evidentemente Fisica, MA Alchimisticamente disposti secondo Madre Natura.

Pochi hanno parlato in modo onesto e/o somehow chiaro (per quanto possibile, ovviamente) di ‘come’ si possa fare; il Marchese Palombara lo farà a modo suo, e lo vedremo in un prossimo Post. Debbo tuttavia avvertire che come è ovvio che le 10 risposte fornite dall’oracolo sono tutte giochi di parole, o anagrammi assonnanti con ‘Vitriolum’, è altrettanto ovvio che:

A) non si tratta affatto del volgare solfato metallico ben conosciuto agli spagiristi e/o chimici d’oggidì;

B) non si tratta affatto di un grazioso e dotto Simbolo[2], come tutti – urbi et orbi – si sono affrettati a sottolineare; temo che, non sapendo che pesci pigliare, si sia fatto ricorso alla solita operazione intellettuale simbologica; ma siccome Alchimia nasce come una via operativa che manipola materie fisiche – pur dotate (che dico: … ricchissime!), come è Naturale, di Spiritus, il quale è anch’esso Materia, ma allo stato  ‘fluido’ – è bene non farsi menar per il naso: il Vitriol di cui si parla in Alchimia, da secoli e secoli, è un ‘corpus’, minerale.

Punto.

Buone riflessioni!

Ah, sì … scordai … : ritornando a casa, stavolta a mano sinistra, passa il vecchio Alvaro che va a falciar fieno nei campi: … il trattore passa e mi scarica addosso, gentile, … una corposa dose di CO2!

Pur nella sregolatezza c’è equilibrio, no? … 🙂


[1]ortorum’ NON è ‘hortorum’ [l’edizione di Dama Partini riporta ‘Hortorum’, MA come si ricava anche dal ms. Reg. Lat.1521 originale – al f. 15r – vi si legge ‘ortorum’!]: se il secondo termine in Latino è il genitivo plurale del sostantivo ‘hortus’, ad indicare ‘orto, giardino’, il primo termine è invece il participio passato del verbo deponente ‘orior’, declinato al genitivo plurale: esso indica ‘di chi è nato’, ciò che è ‘di chi è sorto’. Questa mia lettura non è casuale, e preferisco proporla piuttosto che tacerla: qualsiasi entrata in manifestazione ‘sorge’, implicando obbligatoriamente un ‘da dove’ ed un ‘a dove’; il ‘sorgere’ di ogni corpo è semplicemente un Moto, ‘da’ ‘a’. Ancora, debbo sottolineare che quel Moto cui si allude avviene nello Spazio, e quel Motus qui indicato si svolge in assenza totale di ciò che amiamo chiamare ‘tempus’, completamente al di fuori del ‘tempus’, dato che la Creazione è sempre e soltanto un continuum, senza inizio e senza fine; il nostro ‘tempus’ è insomma un’utile consuetudine locale, e NON Universale.

Ergo, quella ‘fons’, ‘il fonte del sorgere’ indicato dal Marchese Palombara illumina l’origine della Creazione e la meta dell’operatività alchemica.

[2] Ogni Simbolo, qualsiasi simbolo, può avere alcune centinaia di significati; tutti sempre leciti ed accettabili. Ma il gioco dei Simboli in Alchimia, pur essendo educativo, è sempre abusato, per tirar la copertuccia da qualche parte che faccia comodo a qualche intentus. Si tratta di un piacevolissimo gioco intellettuale, ma è declinato – purtroppo – come una sorta di magnete antropocentrico, che è di fatto sempre fasullo. Oltre al fatto che l’uomo non è affatto al centro di un qualsivoglia Universo (non potrebbe mai esserlo, anche perché un Universo non possiede né potrebbe mai possedere un centrum), si vuol sempre trascurare od omettere che un Symbolon ha sempre – e per forza, altrimenti NON sarebbe in grado si sussistere, nemmeno intellettualmente – da un Dyiabolon. Il nostro Universo ha forma Duale, ma tendiamo a scordarlo; forse perché è scomodo comprendere che Lux è nascosta in Tenebras. Figurarsi accettarlo!

Dimenticavo: il Symbolon era in origine un oggetto fisico, usato per riconoscersi: si spezzava, per esempio, un sigillo, una tazza, una pietra – in due parti: una a me, ed una a te. Poi la vita ci portava in giro per il mondo. Quando ci si reincontrava, magari l’aspetto fisico dei due era mutato, oppure occorreva dissipare qualche dubbio di appartenenza, di origine: si estraevano i due pezzi (i Symbola) e se combaciavano alla perfezione … ci si abbracciava; altrimenti … qualcuno mentiva! Semplice, no?

Potrebbe dunque mai il disegnino del Vitriol o quel che volete … essere un Symbolon cui dar credito d’abbraccio? Poi: … ma a che cosa diamine potrebbe mai servire un Symbolon in un laboratorio alchemico, che è un locus la cui padrona è Madre Natura?

… Sperando che possiate accettare Madre Natura come Essa è: … assurda!

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Wednesday, August 30, 2023 by Captain NEMO

Questo è un Post: … un tentativo di risposta a due domande poste dal gentile Sig. Loris, che ha avuto la bontà di porle. In questi tempi di terribile incertezza ed umana stupidità, ormai assurta al ruolo di un virus ben più terribile del Covid – perché questa stupidità schiaccia ed ottunde l’Anima pura dell’Essere -, ho pensato di formulare di getto un abbozzo di risposte, senza tanti fronzoli e salamelecchi. Eccolo:

Prima domanda: “… leggendo ciò che ha scritto mi è parso di intendere che ha visto ancora qualcosa di buono nel cuore delle masse o forse ho inteso male?”. Qui.

Se lei intende parlare delle masse umane del pianeta che temporaneamente abitiamo, concordo con lei: non v’è nulla di buono. Punto.

Tuttavia, anche in questo contesto, per così dire sociologico, temo vi sia il solito equivoco, dovuto – per tutti, me compreso – al velenoso (che dico: tossico!) radicamento del concetto di bene&male.

Siamo-quattro-amici-al-Bar (il Joe’s Bar, che non sta qua, ma sta ), e mentre sorseggiamo bevande a noi ‘terricoli‘ sconosciute, ridendo ed ammiccando, proverò a spiegarmi usando perline sparse su un tappeto di stelle, vere:

Occorre trovare un passaggio tra le procelle di Scilla e Cariddi, ove Scilla è il panteismo – tutto è Dio – e Cariddi il manicheismo – il mondo è governato da due principi opposti che esistono da sempre.

La conoscenza di un ente implica sempre la doppia nozione, di ciò che è e di ciò che non è, il lato positivo e il lato negativo, la sostanza e il limite. Il problema risiede dunque nel nostro umano metodo di conoscenza, il solo di cui attualmente disponiamo.”.

[Fra’ Cercone, scritto privato]

A proposito dell’Essere:

Infralle magnitudine delle cose che sono infra noi l’essere del nulla tiene principato.

[Leonardo Da Vinci, Cod. Arundel, f. 131r]

Cos’è ‘sto non-essere? Semplice semplice: è quella roba che la nostra mente avida di logica e di senso consequenziale desume dallo spazio e dal tempo in cui siamo forzatamente immersi; in parole povere: fuori dal locus e dalla duratio il non-essere non consiste (cum+sistere)! … Occhio che facile non è, direbbe il sornionissimo Yoda!

Cos’è ‘sto essere? Idem con patate, al forno o fritte, come meglio si preferisca: è quella roba che diventa intellegibile grazie ad una Forma, precisa quanto fondamentale in Creazione: il Verbo; diciamo, con Giovanni 1,14, “Et Verbum caro factum est.”, senza mai ben comprendere cosa diavolo significhi in termini di Physica, (NON capire! … ma C O M P R E N D E R E), capoccioni – come siamo – invaghiti della dottrina cui ci pieghiamo, salmodiando dotte perifrasi significative quanto un “boh! … che ne so?”, ben oltre i 90° concessi.

Parliamo di Physica, NON di Philosophia; perché sottolineo questo aspetto? … perché la Creazione, al di là di qualsivoglia considerazione di tipo religioso – che qui non c’azzecca proprio nulla – attiene esclusivamente al venire-in-essere della Materia, all’entrata cioè di quella cosa bizzarra che è la Materea, Madre di OGNI Essere, qui ed ovunque, prima e dopo. Punto.

Chi vi dicesse il contrario, merita tutta la tenerezza possibile … ma non sarà mai di alcun aiuto una volta che lascerete, come tutti, il nostro magnifico Planeta, Terra, prigione dorata degli innamorati della Mente (quelli che non scendono su Terra, sono gli altri, tutti gli altri, gli innamorati del Cuore). In parole poverissime: se, allorquando si parlasse di Creazione, non si considerasse la Physica come l’unico strumento con cui avventurarsi – fisicamente, eh? – nell’Universo … beh, fate come vi pare, ma non v’è molto altro da dire; arrivederci e grazie, così come fecero graziosamente sapere i Delfini (lasciatemelo dire: … les Dauphins) quando lasciarono Terra, con il famoso cartello “So long for all the fishes!”.

Se, come spero, foste aguzzati (aiguisée), avrete notato che proprio prima del termine ’Verbum’ c’è un ‘Et’; siccome quel termine ‘congiunge’, veniamo re-indirizzati alla famosa Mappa del venire-in-essere: “Verbum-Actio-Motus-Calor”, che esprime ciò che è lo scopo della Creazione: il Divenire. Quella ‘congiunzione’ iniziale, che precede ciò che Giovanni annuncia come l’Incarnazione, è il legame con la Fonte, la Sorgente, l’Origine (qui da noi lo chiamiamo Dio; ma ha tanti nomi, tutti accettabili, tutti, beninteso, rispettabili).

L’incarnazione è l’espressione concreta della Forma, ed è quindi obbligatoriamente ‘finita’: anche perché una Forma vista come una cosa ‘astratta’ … è del tutto inutile!

Questo venire-in-essere di OGNI corpo viene attuato (è l’Actio, di cui sopra), lo sappiamo bene dal catechismo, dallo Spirito Santo, il quale viene chiamato dagli Alchimisti, ma pure dai Physici ben accuorti, Spirito Universale: il quale “È” … LUX.

Ma LUX – notate bene, ma MOLTO bene, per favore – che in mancanza di un corpo da illuminare … non viene percepita, cioè … non sussiste (sub+siste); ciò non significa che ‘non c’è’, ma semplicemente che non rende manifesto il Corpo; una sottigliezza non-da-poco (ma stiamo parlando di Dio, no?) è quel ‘sub’: quasi ‘reggesse’, da ‘sotto’, che è in realtà un ‘dentro’, il Corpo. Ohibò …

Aggiungo: … stiamo parlando di Creazione, non del banale fenomeno con cui illuminiamo le scale o quel che volete quando scendiamo in cantina! … stiamo cioè affrontando “la problema” di COME un Corpo qualsivoglia, in qualsivoglia Universo, venga in-icto-oculi portato in Essere. Questa Actio può compierla SOLTANTO … LUX!

Ora si potrebbe dialogare – e non, tristemente, discutere – sul fatto che LUX ha una sua Massa, benché piccolissima: LUX è costituita di Fotoniportanti’, ma che possiedono Massa. Il punto è che LUX, ergo, NON è solo quella che percepiamo quando accendiamo la lampadina, o quella di Sol & Luna, bensì è tutta la Radiazione che permea l’Universo (meglio: gli Universi): ecco spiegato il segreto ammantato da Sacro Mistero del perché gli alchimisti parlano della famosa ‘luce nera’: ma ciò ci porterebbe troppo Off Topic.

Quando dico ‘luce’ in queste conferenze, non voglio indicare semplicemente la luce che possiamo vedere, dal rosso al blu. Succede che la luce visibile è solo una parte di una lunga scala che è analoga ad una scala musicale in cui ci sono note più alte di quelle che potete sentire ed altre note più basse di quelle che potete sentire. La scala della luce può essere descritta da numeri – chiamati frequenze – e man mano che i numeri diventano più alti, la luce va dal roso al violetto, all’ultravioletto. Non possiamo vedere l’ultravioletto. Ma può lasciare il segno su una placca fotografica. È sempre luce, soltanto che il numero è differente. (Non dovremmo essere così provinciali: ciò che rileviamo direttamente con il nostro proprio strumento, l’occhio, non è l’unica cosa [che esiste] nel mondo!). Se continuiamo semplicemente a cambiare il numero, usciamo fuori verso i raggi X, raggi Gamma, e così via. Se cambiamo il numero nell’altra direzione, andiamo dal blu alle onde del rosso, dell’infrarosso (calore), onde televisive, e radio onde. Per me, tutto questo è ‘luce’.”

[Richard Feynman, QED, p. 13]

Dimenticavo: “QUED” significa Quantum ElectroDynamics, i.e. ElettroDinamica Quantistica; però significa anche – prodigioso Feynman – Quod Erat Demostrandum!” … e va beh!

A questo punto, dopo le rinfrescanti parole di uno dei più grandi Fisici degli ultimi tempi, quello che veniva a far lezione con camicia Hawaiana, sandali e bonghi (l’ordinario di Fisica vestiva sempre la sua grisaglia, tristissima ed austera, ed i suoi tomoni avevano rigorosamente la copertina grigio topo sub-inferiore, con quella carta giallina, anni ‘30).

Torno ad res: se sono riuscito a far balenare il quadro del dualismo ontologico della Creazione, concludo la mia prima risposta; occorre tener conto che il concetto di un Bene qualsivoglia e/o di un Male qualsivoglia sono oggetti intellettuali, soggettivi, e dunque sempre falsi, fallaci, fuorvianti. Ciò che conta, invece e tanto più alla bisogna, è comprendere (mi ripeto, lo so: NON capire!) che in Creazione, il navigante DEVE fare i conti con la doppia realtà; non se ne scappa, né se ne potrebbe mai scappare (se non tornando una volta per tutte a fondersi nella Hylé; ma se non si riuscisse ad e-volvere (toh!) verso l’IGNOTUS entro le 13 vite, … pare, dicono, che si torna in prigione-senza-passare-dal-via!).

Il Bianco ed il Nero sono la substantia stessa del tessuto Spaziale (il tempo è solo uno strumento percettivo, del tutto locale), dove LUX trasferisce la potenza del Verbum; se c’è Bene, c’è Male. E versa vice, of course. Senza dubbio si può scegliere, al proprio meglio, DOVE camminare … quel che conta, a mio modestissimo avviso, è uscire dalla ‘massa sociale’ e incamminarsi solitari verso una destinazione alla nostra portata; ma liberi, liberissimi da qualsiasi fardello, sia esso intellettuale, culturale, iniziatico, religioso, e via dicendo … Lo dico perché il territorio dove alla fine potrebbe improvvisamente trovarsi il navigante è un locus dove nulla ‘funziona’ come pensiamo, come siamo stati addestrati, come speriamo. NULLA. Ovviamente, neppure le regole della Fisica valgono in quel locus: c’è un’altra Fisica con cui fare i conti, ben più semplice, basica, ma estremamente aliena alla nostra Mente. Occorre cimentarsi in un nuovo studio se si è interessati … a non tornare in Prigione!

Vedete, ricordo che Paolo disse (ma non ricordo ora ‘dove’ lo disse) che l’Alchimista non ha una Weltanschauung, intesa come una visione del mondo; in effetti, se è molto fortunato, potrebbe capitargli di vedere il mondo per quel che è, e non di avere una banale visione; ma, io credo, se esercitasse il proprio Giudizio nell’approvare o disapprovare un evento, un fenomeno, farebbe un errore tragico: perché, lo si creda o no, il mondo è ‘pensato’; da Dio?, da Buddha? dal Grande Ciaparche Verde? … e persino da tutti noi, e dico tutti? Ma, a ben vedere … che diamine importa sapere ‘chi è che pensa il mondo’?

Non sarebbe ben più interessante, e salutare, rendersene finalmente conto, ed accettare – con il sereno Love, Devotion and Surrender – di vivere liberi?… e con una meta?

Il problema della ‘destinazione’ è che il solo porsi tale problema è tutta fuffa, comoda, che ci para sempre il sederino: ponetevi una destinazione, che sia una vostra libera scelta, non lo scimmiottare chi viene additato Magister, o Influencer, o quello applaudito dal Consensus accademico: per favore, chinatevi sui libri, da soli, e cercate; con calma; camminando. Sempre. Imparate ad essere soli, e ad essere allo stesso tempo Fratelli, e non fratelli! Anche del diverso. Che cosa farete se incotrerete un abitante di Reticuli? Se parlerete di ‘tolleranza’ verso l’altro, le porte non si apriranno, mai.

Amor è la Forza che muove il creato tutto.

Nient’altro.

Una volta raggiunta la prima ‘destinazione’, non fermatevi più di tanto; un bicchier d’acqua (Solvente dell’Universo!), una passeggiata calma in un luogo ameno della Natura, e stabilite una nuova ‘destinazione’, con la medesima postura di cui sopra. Non fatevi ingannare dagli ‘altri’, tantomeno dal sottoscritto! … l’unica vera Maestra è Madre Natura, Materea. Procedete sereni, pian piano, studiando e trasferendo nella pratica le cose che avrete rinvenuto camminando … e-volverete. E così via. Lo spostamento del limite vi farà, nel tempo, camminare.  Sarete sempre più soli, ma sempre più assieme a Madre Natura.

Vedete, se qualcuno si cimentasse con la lunghissima riflessione (meditazione?) sulle conseguenze terribili del solo Principio di Indeterminazione di Heisemberg, o si interrogasse sull’affermazione di Einstein per cui ‘il mondo esiste perché qualcuno è in grado di pensarlo’ … chissà, potreste pian piano scoprire da soli l’unica Mappa utile per tornare a Casa …  

Così, dopo questo lungo pistolotto, che mi auguro almeno rischiari un po’ l’inizio di un cammino, torno a sottolineare l’importanza di ‘ciò che è all’interno della Massa’. Ho già detto e spiegato, fino alla noia, cosa sia la Massa (Sir Isaac Newton, Philosophiæ Naturalis Principia Mathematica, 1687, Definitio I); tale definizione DEVE esser letta in Latino e meditata per anni, allo scopo di studiar meglio, praticar meglio e raggiungerne una Comprensione; per anni, e anni. La Massa è quantitas Materiae, ma costituita (NON composta!) in un modo estremamente arguto, bizzarro; più che bizzarro. Dietro e dentro quella Definitio, viene svelato candidamente quel locus terribilis di cui ho parlato prima; lì, sta una delle porte più importanti della Creazione. E, per rispondere finalmente al quesito del Sig. Loris, nel cuore di quel locus, gli Alchimisti, se sono benvoluti (per usare un termine caro a Paolo; ma siamo tutti benvoluti, credetemi) possono … osservare tutto ciò che è da osservare! Non c’è nulla di magico, o di mistico, o di ermetico, o iniziatico che dir si voglia: è Physica, all’Opera ed in Opera. Punto. Per ovvi motivi, non mi è possibile parlarne.

Quanto alla seconda domanda: “… un Vulcano Lunare è una Luna arietina? Giacché il simbolo unisce, se acquisisse la concezione del simbolo la moderna scienza diverrebbe iniziatica?”. QUI.

Rispondo: … Uhm, doppio uhm; posto, con tutto il rispetto, che non conosco il suo livello di studio e/o di pratica alchemica, al suo quesito si potrebbe rispondere positivamente o negativamente; a patto cioè di intendersi. Il Vulcano Lunatico indica generalmente il Fuoco Segreto, eterno dilemma di chi inizia il cammino operativo. Le dico subito che qualsiasi elucubrazione della mente la porterà fuori strada. La faccenda è in realtà semplice; proprio perché la chiamo ‘faccenda’, intendo dire che è una ‘facienda’, vale a dire qualcosa ‘da fare’. Vi è insomma una ‘pre-parazione’. Per come ho camminato, mi permetto di riportarle il passo che precede quel riferimento al Vulcano Lunatico, tratto da Jean d’Espagnet, L’Ouvrge Secret de la Philosophie d’Hermez – 1651, al Canone 69, p. 310:

Or cette regeneration du monde fe fait par le moyen d’vn esprit de feu, qui defcend en forme d’vne eau, qui oste toute la tache, & le deffaut originel de la matiere; car l’eau des Philofophes est le feu mefme, laquelle est efmeuë, & efleuée par la chaleur du bain: mais prenez garde que la feparation des eaux fe faffe en poids, & mefure; …”.

Spero che lei parli un po’ di Francese, così da apprezzare – divertendosi – le indicazioni de Le Président, grandissimo Alchimista. In ogni caso, non è difficile: … e… sì, nel corso del tempo, si dovrà cimentare con il Francese e soprattutto il Latino.

Il passo si riferisce ad un procedimento operativo piuttosto avanzato, e si sta parlando, come vede, dello Spirito Universale, uno spirito di fuoco che discende in forma d’acqua … si noterà che d’Espagnet implica – qui senza dirlo – che quello Spirito sia stato canonicamente attirato … quando? … a lei rispondere; se avrà ben studiato le due opere di d’Espagnet ne trarrà senza dubbio preziose indicazioni; le quali, tuttavia, debbono poi essere messe alla prova manuale, in Laboratorio. Più e più volte. Come consiglio spassionato, personalmente diffiderei non poco del passo di Grillot de Givry, che era un occultista, e non un alchimista. Però faccia lei, no? …

Sulla Luna arietina, … sorrido. Mi permetta di non risponderle, per il momento.

Quanto alla questione del Simbolo, che secondo lei ‘unisce’ … personalmente ho seri dubbi. L’Alchimia, come altre Arti, ha sempre fatto larghissimo uso dei Simboli: ma ciò ha fatto sì che chiunque si sentisse in diritto di affermare tutto ed il contrario di tutto; si è insomma verificata una Separazione, e non certo un’unione, né tantomeno una COMPRENSIONE, che scaturisce solo dal sottoporre una Teoria alla Sperimentazione. Il Simbolo vale poco se non si è prima studiato in modo assiduo, audace e libero su testi ottimi (pochi, sa?) e poi – almeno – iniziato a confrontarsi con la manualità e l’operatività. Alchimia si ‘fa’ con le mani, non con le elucubrazioni e le parole di quelli che fanno i maestri ma non si sono mai abbassati, come il contadino, sulla terra. Naturalmente, non mi riferisco a lei …. Ma ai tanti, tantissimi, troppi, che nei secoli si sono proclamati portatori di verità.

Se poi, come lei chiosa, la ‘scienza’ possa mai diventare ‘iniziatica’ … beh, le dirò: … spero proprio di no! La Scienza è già sin troppo ricca di troppi Dogmi, che la ammantano di inesplicabili meraviglie (in genere false) e di assoluti non-sense. Occorre Conoscenza, ma quella beninteso oltre il confine, al di là delle Colonne d’Ercole … e se poi ci mettessimo pure delle’ iniziazioni’, … oh, mamma mia … sarebbe la fine di ogni speranza! Ovviamente, questa è solo la mia opinione. Di più non posso e non intendo dire.

Grazie per la pazienza nel leggere …

A bientôt, Monsieur …