Archive for Hylé

… Sperando che possiate accettare Madre Natura come Essa è: … assurda!

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Wednesday, August 30, 2023 by Captain NEMO

Questo è un Post: … un tentativo di risposta a due domande poste dal gentile Sig. Loris, che ha avuto la bontà di porle. In questi tempi di terribile incertezza ed umana stupidità, ormai assurta al ruolo di un virus ben più terribile del Covid – perché questa stupidità schiaccia ed ottunde l’Anima pura dell’Essere -, ho pensato di formulare di getto un abbozzo di risposte, senza tanti fronzoli e salamelecchi. Eccolo:

Prima domanda: “… leggendo ciò che ha scritto mi è parso di intendere che ha visto ancora qualcosa di buono nel cuore delle masse o forse ho inteso male?”. Qui.

Se lei intende parlare delle masse umane del pianeta che temporaneamente abitiamo, concordo con lei: non v’è nulla di buono. Punto.

Tuttavia, anche in questo contesto, per così dire sociologico, temo vi sia il solito equivoco, dovuto – per tutti, me compreso – al velenoso (che dico: tossico!) radicamento del concetto di bene&male.

Siamo-quattro-amici-al-Bar (il Joe’s Bar, che non sta qua, ma sta ), e mentre sorseggiamo bevande a noi ‘terricoli‘ sconosciute, ridendo ed ammiccando, proverò a spiegarmi usando perline sparse su un tappeto di stelle, vere:

Occorre trovare un passaggio tra le procelle di Scilla e Cariddi, ove Scilla è il panteismo – tutto è Dio – e Cariddi il manicheismo – il mondo è governato da due principi opposti che esistono da sempre.

La conoscenza di un ente implica sempre la doppia nozione, di ciò che è e di ciò che non è, il lato positivo e il lato negativo, la sostanza e il limite. Il problema risiede dunque nel nostro umano metodo di conoscenza, il solo di cui attualmente disponiamo.”.

[Fra’ Cercone, scritto privato]

A proposito dell’Essere:

Infralle magnitudine delle cose che sono infra noi l’essere del nulla tiene principato.

[Leonardo Da Vinci, Cod. Arundel, f. 131r]

Cos’è ‘sto non-essere? Semplice semplice: è quella roba che la nostra mente avida di logica e di senso consequenziale desume dallo spazio e dal tempo in cui siamo forzatamente immersi; in parole povere: fuori dal locus e dalla duratio il non-essere non consiste (cum+sistere)! … Occhio che facile non è, direbbe il sornionissimo Yoda!

Cos’è ‘sto essere? Idem con patate, al forno o fritte, come meglio si preferisca: è quella roba che diventa intellegibile grazie ad una Forma, precisa quanto fondamentale in Creazione: il Verbo; diciamo, con Giovanni 1,14, “Et Verbum caro factum est.”, senza mai ben comprendere cosa diavolo significhi in termini di Physica, (NON capire! … ma C O M P R E N D E R E), capoccioni – come siamo – invaghiti della dottrina cui ci pieghiamo, salmodiando dotte perifrasi significative quanto un “boh! … che ne so?”, ben oltre i 90° concessi.

Parliamo di Physica, NON di Philosophia; perché sottolineo questo aspetto? … perché la Creazione, al di là di qualsivoglia considerazione di tipo religioso – che qui non c’azzecca proprio nulla – attiene esclusivamente al venire-in-essere della Materia, all’entrata cioè di quella cosa bizzarra che è la Materea, Madre di OGNI Essere, qui ed ovunque, prima e dopo. Punto.

Chi vi dicesse il contrario, merita tutta la tenerezza possibile … ma non sarà mai di alcun aiuto una volta che lascerete, come tutti, il nostro magnifico Planeta, Terra, prigione dorata degli innamorati della Mente (quelli che non scendono su Terra, sono gli altri, tutti gli altri, gli innamorati del Cuore). In parole poverissime: se, allorquando si parlasse di Creazione, non si considerasse la Physica come l’unico strumento con cui avventurarsi – fisicamente, eh? – nell’Universo … beh, fate come vi pare, ma non v’è molto altro da dire; arrivederci e grazie, così come fecero graziosamente sapere i Delfini (lasciatemelo dire: … les Dauphins) quando lasciarono Terra, con il famoso cartello “So long for all the fishes!”.

Se, come spero, foste aguzzati (aiguisée), avrete notato che proprio prima del termine ’Verbum’ c’è un ‘Et’; siccome quel termine ‘congiunge’, veniamo re-indirizzati alla famosa Mappa del venire-in-essere: “Verbum-Actio-Motus-Calor”, che esprime ciò che è lo scopo della Creazione: il Divenire. Quella ‘congiunzione’ iniziale, che precede ciò che Giovanni annuncia come l’Incarnazione, è il legame con la Fonte, la Sorgente, l’Origine (qui da noi lo chiamiamo Dio; ma ha tanti nomi, tutti accettabili, tutti, beninteso, rispettabili).

L’incarnazione è l’espressione concreta della Forma, ed è quindi obbligatoriamente ‘finita’: anche perché una Forma vista come una cosa ‘astratta’ … è del tutto inutile!

Questo venire-in-essere di OGNI corpo viene attuato (è l’Actio, di cui sopra), lo sappiamo bene dal catechismo, dallo Spirito Santo, il quale viene chiamato dagli Alchimisti, ma pure dai Physici ben accuorti, Spirito Universale: il quale “È” … LUX.

Ma LUX – notate bene, ma MOLTO bene, per favore – che in mancanza di un corpo da illuminare … non viene percepita, cioè … non sussiste (sub+siste); ciò non significa che ‘non c’è’, ma semplicemente che non rende manifesto il Corpo; una sottigliezza non-da-poco (ma stiamo parlando di Dio, no?) è quel ‘sub’: quasi ‘reggesse’, da ‘sotto’, che è in realtà un ‘dentro’, il Corpo. Ohibò …

Aggiungo: … stiamo parlando di Creazione, non del banale fenomeno con cui illuminiamo le scale o quel che volete quando scendiamo in cantina! … stiamo cioè affrontando “la problema” di COME un Corpo qualsivoglia, in qualsivoglia Universo, venga in-icto-oculi portato in Essere. Questa Actio può compierla SOLTANTO … LUX!

Ora si potrebbe dialogare – e non, tristemente, discutere – sul fatto che LUX ha una sua Massa, benché piccolissima: LUX è costituita di Fotoniportanti’, ma che possiedono Massa. Il punto è che LUX, ergo, NON è solo quella che percepiamo quando accendiamo la lampadina, o quella di Sol & Luna, bensì è tutta la Radiazione che permea l’Universo (meglio: gli Universi): ecco spiegato il segreto ammantato da Sacro Mistero del perché gli alchimisti parlano della famosa ‘luce nera’: ma ciò ci porterebbe troppo Off Topic.

Quando dico ‘luce’ in queste conferenze, non voglio indicare semplicemente la luce che possiamo vedere, dal rosso al blu. Succede che la luce visibile è solo una parte di una lunga scala che è analoga ad una scala musicale in cui ci sono note più alte di quelle che potete sentire ed altre note più basse di quelle che potete sentire. La scala della luce può essere descritta da numeri – chiamati frequenze – e man mano che i numeri diventano più alti, la luce va dal roso al violetto, all’ultravioletto. Non possiamo vedere l’ultravioletto. Ma può lasciare il segno su una placca fotografica. È sempre luce, soltanto che il numero è differente. (Non dovremmo essere così provinciali: ciò che rileviamo direttamente con il nostro proprio strumento, l’occhio, non è l’unica cosa [che esiste] nel mondo!). Se continuiamo semplicemente a cambiare il numero, usciamo fuori verso i raggi X, raggi Gamma, e così via. Se cambiamo il numero nell’altra direzione, andiamo dal blu alle onde del rosso, dell’infrarosso (calore), onde televisive, e radio onde. Per me, tutto questo è ‘luce’.”

[Richard Feynman, QED, p. 13]

Dimenticavo: “QUED” significa Quantum ElectroDynamics, i.e. ElettroDinamica Quantistica; però significa anche – prodigioso Feynman – Quod Erat Demostrandum!” … e va beh!

A questo punto, dopo le rinfrescanti parole di uno dei più grandi Fisici degli ultimi tempi, quello che veniva a far lezione con camicia Hawaiana, sandali e bonghi (l’ordinario di Fisica vestiva sempre la sua grisaglia, tristissima ed austera, ed i suoi tomoni avevano rigorosamente la copertina grigio topo sub-inferiore, con quella carta giallina, anni ‘30).

Torno ad res: se sono riuscito a far balenare il quadro del dualismo ontologico della Creazione, concludo la mia prima risposta; occorre tener conto che il concetto di un Bene qualsivoglia e/o di un Male qualsivoglia sono oggetti intellettuali, soggettivi, e dunque sempre falsi, fallaci, fuorvianti. Ciò che conta, invece e tanto più alla bisogna, è comprendere (mi ripeto, lo so: NON capire!) che in Creazione, il navigante DEVE fare i conti con la doppia realtà; non se ne scappa, né se ne potrebbe mai scappare (se non tornando una volta per tutte a fondersi nella Hylé; ma se non si riuscisse ad e-volvere (toh!) verso l’IGNOTUS entro le 13 vite, … pare, dicono, che si torna in prigione-senza-passare-dal-via!).

Il Bianco ed il Nero sono la substantia stessa del tessuto Spaziale (il tempo è solo uno strumento percettivo, del tutto locale), dove LUX trasferisce la potenza del Verbum; se c’è Bene, c’è Male. E versa vice, of course. Senza dubbio si può scegliere, al proprio meglio, DOVE camminare … quel che conta, a mio modestissimo avviso, è uscire dalla ‘massa sociale’ e incamminarsi solitari verso una destinazione alla nostra portata; ma liberi, liberissimi da qualsiasi fardello, sia esso intellettuale, culturale, iniziatico, religioso, e via dicendo … Lo dico perché il territorio dove alla fine potrebbe improvvisamente trovarsi il navigante è un locus dove nulla ‘funziona’ come pensiamo, come siamo stati addestrati, come speriamo. NULLA. Ovviamente, neppure le regole della Fisica valgono in quel locus: c’è un’altra Fisica con cui fare i conti, ben più semplice, basica, ma estremamente aliena alla nostra Mente. Occorre cimentarsi in un nuovo studio se si è interessati … a non tornare in Prigione!

Vedete, ricordo che Paolo disse (ma non ricordo ora ‘dove’ lo disse) che l’Alchimista non ha una Weltanschauung, intesa come una visione del mondo; in effetti, se è molto fortunato, potrebbe capitargli di vedere il mondo per quel che è, e non di avere una banale visione; ma, io credo, se esercitasse il proprio Giudizio nell’approvare o disapprovare un evento, un fenomeno, farebbe un errore tragico: perché, lo si creda o no, il mondo è ‘pensato’; da Dio?, da Buddha? dal Grande Ciaparche Verde? … e persino da tutti noi, e dico tutti? Ma, a ben vedere … che diamine importa sapere ‘chi è che pensa il mondo’?

Non sarebbe ben più interessante, e salutare, rendersene finalmente conto, ed accettare – con il sereno Love, Devotion and Surrender – di vivere liberi?… e con una meta?

Il problema della ‘destinazione’ è che il solo porsi tale problema è tutta fuffa, comoda, che ci para sempre il sederino: ponetevi una destinazione, che sia una vostra libera scelta, non lo scimmiottare chi viene additato Magister, o Influencer, o quello applaudito dal Consensus accademico: per favore, chinatevi sui libri, da soli, e cercate; con calma; camminando. Sempre. Imparate ad essere soli, e ad essere allo stesso tempo Fratelli, e non fratelli! Anche del diverso. Che cosa farete se incotrerete un abitante di Reticuli? Se parlerete di ‘tolleranza’ verso l’altro, le porte non si apriranno, mai.

Amor è la Forza che muove il creato tutto.

Nient’altro.

Una volta raggiunta la prima ‘destinazione’, non fermatevi più di tanto; un bicchier d’acqua (Solvente dell’Universo!), una passeggiata calma in un luogo ameno della Natura, e stabilite una nuova ‘destinazione’, con la medesima postura di cui sopra. Non fatevi ingannare dagli ‘altri’, tantomeno dal sottoscritto! … l’unica vera Maestra è Madre Natura, Materea. Procedete sereni, pian piano, studiando e trasferendo nella pratica le cose che avrete rinvenuto camminando … e-volverete. E così via. Lo spostamento del limite vi farà, nel tempo, camminare.  Sarete sempre più soli, ma sempre più assieme a Madre Natura.

Vedete, se qualcuno si cimentasse con la lunghissima riflessione (meditazione?) sulle conseguenze terribili del solo Principio di Indeterminazione di Heisemberg, o si interrogasse sull’affermazione di Einstein per cui ‘il mondo esiste perché qualcuno è in grado di pensarlo’ … chissà, potreste pian piano scoprire da soli l’unica Mappa utile per tornare a Casa …  

Così, dopo questo lungo pistolotto, che mi auguro almeno rischiari un po’ l’inizio di un cammino, torno a sottolineare l’importanza di ‘ciò che è all’interno della Massa’. Ho già detto e spiegato, fino alla noia, cosa sia la Massa (Sir Isaac Newton, Philosophiæ Naturalis Principia Mathematica, 1687, Definitio I); tale definizione DEVE esser letta in Latino e meditata per anni, allo scopo di studiar meglio, praticar meglio e raggiungerne una Comprensione; per anni, e anni. La Massa è quantitas Materiae, ma costituita (NON composta!) in un modo estremamente arguto, bizzarro; più che bizzarro. Dietro e dentro quella Definitio, viene svelato candidamente quel locus terribilis di cui ho parlato prima; lì, sta una delle porte più importanti della Creazione. E, per rispondere finalmente al quesito del Sig. Loris, nel cuore di quel locus, gli Alchimisti, se sono benvoluti (per usare un termine caro a Paolo; ma siamo tutti benvoluti, credetemi) possono … osservare tutto ciò che è da osservare! Non c’è nulla di magico, o di mistico, o di ermetico, o iniziatico che dir si voglia: è Physica, all’Opera ed in Opera. Punto. Per ovvi motivi, non mi è possibile parlarne.

Quanto alla seconda domanda: “… un Vulcano Lunare è una Luna arietina? Giacché il simbolo unisce, se acquisisse la concezione del simbolo la moderna scienza diverrebbe iniziatica?”. QUI.

Rispondo: … Uhm, doppio uhm; posto, con tutto il rispetto, che non conosco il suo livello di studio e/o di pratica alchemica, al suo quesito si potrebbe rispondere positivamente o negativamente; a patto cioè di intendersi. Il Vulcano Lunatico indica generalmente il Fuoco Segreto, eterno dilemma di chi inizia il cammino operativo. Le dico subito che qualsiasi elucubrazione della mente la porterà fuori strada. La faccenda è in realtà semplice; proprio perché la chiamo ‘faccenda’, intendo dire che è una ‘facienda’, vale a dire qualcosa ‘da fare’. Vi è insomma una ‘pre-parazione’. Per come ho camminato, mi permetto di riportarle il passo che precede quel riferimento al Vulcano Lunatico, tratto da Jean d’Espagnet, L’Ouvrge Secret de la Philosophie d’Hermez – 1651, al Canone 69, p. 310:

Or cette regeneration du monde fe fait par le moyen d’vn esprit de feu, qui defcend en forme d’vne eau, qui oste toute la tache, & le deffaut originel de la matiere; car l’eau des Philofophes est le feu mefme, laquelle est efmeuë, & efleuée par la chaleur du bain: mais prenez garde que la feparation des eaux fe faffe en poids, & mefure; …”.

Spero che lei parli un po’ di Francese, così da apprezzare – divertendosi – le indicazioni de Le Président, grandissimo Alchimista. In ogni caso, non è difficile: … e… sì, nel corso del tempo, si dovrà cimentare con il Francese e soprattutto il Latino.

Il passo si riferisce ad un procedimento operativo piuttosto avanzato, e si sta parlando, come vede, dello Spirito Universale, uno spirito di fuoco che discende in forma d’acqua … si noterà che d’Espagnet implica – qui senza dirlo – che quello Spirito sia stato canonicamente attirato … quando? … a lei rispondere; se avrà ben studiato le due opere di d’Espagnet ne trarrà senza dubbio preziose indicazioni; le quali, tuttavia, debbono poi essere messe alla prova manuale, in Laboratorio. Più e più volte. Come consiglio spassionato, personalmente diffiderei non poco del passo di Grillot de Givry, che era un occultista, e non un alchimista. Però faccia lei, no? …

Sulla Luna arietina, … sorrido. Mi permetta di non risponderle, per il momento.

Quanto alla questione del Simbolo, che secondo lei ‘unisce’ … personalmente ho seri dubbi. L’Alchimia, come altre Arti, ha sempre fatto larghissimo uso dei Simboli: ma ciò ha fatto sì che chiunque si sentisse in diritto di affermare tutto ed il contrario di tutto; si è insomma verificata una Separazione, e non certo un’unione, né tantomeno una COMPRENSIONE, che scaturisce solo dal sottoporre una Teoria alla Sperimentazione. Il Simbolo vale poco se non si è prima studiato in modo assiduo, audace e libero su testi ottimi (pochi, sa?) e poi – almeno – iniziato a confrontarsi con la manualità e l’operatività. Alchimia si ‘fa’ con le mani, non con le elucubrazioni e le parole di quelli che fanno i maestri ma non si sono mai abbassati, come il contadino, sulla terra. Naturalmente, non mi riferisco a lei …. Ma ai tanti, tantissimi, troppi, che nei secoli si sono proclamati portatori di verità.

Se poi, come lei chiosa, la ‘scienza’ possa mai diventare ‘iniziatica’ … beh, le dirò: … spero proprio di no! La Scienza è già sin troppo ricca di troppi Dogmi, che la ammantano di inesplicabili meraviglie (in genere false) e di assoluti non-sense. Occorre Conoscenza, ma quella beninteso oltre il confine, al di là delle Colonne d’Ercole … e se poi ci mettessimo pure delle’ iniziazioni’, … oh, mamma mia … sarebbe la fine di ogni speranza! Ovviamente, questa è solo la mia opinione. Di più non posso e non intendo dire.

Grazie per la pazienza nel leggere …

A bientôt, Monsieur …

Androgino … il PadreMadre!

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Philosophia Naturalis, Pietra Filosofale, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Sunday, May 28, 2023 by Captain NEMO

What Cosmic jest or Anarch blunder

The human integral clove asunder

And shied the fractions through life’s gate?

… che in Italiano suona come

Quale scherzo cosmico o errore dell’Anarca

Ha spaccato l’umano integrale

E gettato le frazioni attraverso la porta della vita?

[Hermann Melville, After the Pleasure Party]

Stuzzicato da alcune riflessioni proposte nei Commenti al mio ultimo Post, ho pescato tra i miei scaffali un libro-perla di Elémire Zolla, che mi è sempre parso bellissimo: L’Androgino- L’umana nostalgia dell’Interezza, edito da Red Edizioni nel 1989 (ma originalmente pubblicato nel 1980, in Inglese).

Prima di riportare qualche riflessione dell’Alchimista del Verbo, segnalo la scelta non casualmente algebrica/matematica della elegante quanto rabbiosa terzina di Melville: l’Integrale (operazione simboleggiata da ) esprime la Sommatoria (il simbolo è Ʃ; la quale non è proprio il valore espresso da una somma, quanto l’unione di valori risultanti da punti/posizioni secondo un’analisi punto-per-punto di un percorso lungo una Funzione) dei valori assunti da una Funzione in un certo intervallo, secondo un indice arbitrario ma stabilito, del quale occorre fornire il valore assunto dalla Funzione al punto d’inizio e al punto della fine (Integrale Definito); senza voler annoiare, l’Integrale descrive insomma il valore di un’Area, di una superficie delimitata “dal rettangoloide compreso tra l’asse delle ascisse, le parallele all’asse delle ordinate condotte per gli estremi dell’intervallo considerato, e il diagramma della Funzione da integrare” (Treccani). L’Operazione di Integrazione, insomma, è l’operazione inversa al Calcolo Differenziale, fissato genialmente da Newton nei suoi Principia. Le Frazioni, invece, le conoscono tutti: esprimono il rapporto tra due valori, vale a dire in quante parti può essere diviso/fratto il valore espresso dal numeratore (quello che sta in alto) dal valore espresso dal denominatore (quello che sta in basso) [Nota: a causa di un orrendo ‘errore di stompa‘, come Clouseau avevo invertito i nomi dei due termini; chiedo scusa per la mia baggianata di portata epocale! … adesso la frazione è correttamente definita!].

In quest’ottica, dunque, ‘spaccando’ un integrale – à la Melville – si otterrebbero dei pezzetti che sono in realtà aree, micro superfici, i cui valori potrebbero certo essere rappresentati da Frazioni … trovare le quali, però, richiederebbe un po’ di tempo, e sforzo. Ciò ci porterebbe a dire che la Vita di un Essere sarebbe soltanto una manciata di rapporti tra valori a noi sconosciuti (le ‘fractions’, gettati alla rinfusa alla Ianua, alla Porta della Creazione attraverso cui quell’Essere transita, per poi iniziare a ruzzolare come un ravanello inebetito lungo il corso dello Spazio … MA, quei pezzetti erano – PRIMA – … un Integrale, umano. Concludo questa folle visione, avvisando che – se proprio si volesse dar retta a Melville, visto che immaginare che quell’umano potesse essere una superfice ci porterebbe ad assomigliare ad  un cartone animato piatto, a mo’ di un geroglifico egiziano l’eventuale Integrale Melvilliano forse meglio corrisponderebbe ad un Integrale lungo uno Spazio a più dimensioni, in modo che – in quello Spazio del PRIMA della Creazione di Materia – quell’Hylé fosse almeno popolata da salvifici Volumi, più che da piatte Superfici. Ohibò !

Ciò detto, e ammirando in ogni caso la bella sintesi di Melville, rabbiosa e malinconica, torno ad res:

L’archetipo dell’androgino si aggira per le terre. Gli uomini, toccati dalla sua ombra, si addolciscono e allentano la presa sui loro rudi e contratti ruoli e convincimenti maschili. Le donne si risvegliano a nuovi spazi, nitidi e glaciali, a piani di precisa coordinazione in cui cominciano a tracciare con calma il proprio cammino.

In una prospettiva metafisica, l’incontro con l’androgino è sempre stato inevitabile. Quando la mente s’innalza al di sopra dei nomi e delle forme, non può che toccare il punto in cui anche le divisioni sessuali vengono superate. Sulla via verso la trascendenza totale, i mistici incontrano l’esperienza visionaria dell’amore e del matrimonio divino, in cui essi divengono le estatiche spose della divinità. Nella maggior parte dei sistemi religiosi l’androgino è simbolo dell’identità suprema e rappresenta il livello dell’essere non-manifesto, la sorgente di ogni manifestazione, che corrisponde numericamente allo zero, il più dinamico ed enigmatico dei numeri, somma dei due aspetti dell’Unità: +1-1 = 0. Lo zero simboleggia l’androgino in quanto origine della numerazione, della divisibilità e della moltiplicabilità.”.

[Salomon Trismosin, Splendor Solis – XVI secolo]

L’Androgino, o Rebis alchemico, è alato come Sofia ed è in tal senso una personificazione della saggezza cosmica.

Un’ala è rossa e l’altra è bianca, a indicare gli spiriti dell’oro e dell’argento, del sole e della luna, del sangue o del latte del corpo vivente della natura. Indossa un abito nero bordato di giallo, che suggerisce il nero della materia prima androgina in cui tuttavia sono presenti in potenza le correnti della vita metallica aurea. Il verde del paesaggio è il prodotto della mescolanza dei colori di Rebis. Egli/ella regge con la mano destra un cristallo, in cui i suoi colori appaiono in successione convergente al centro, dove va collocato l’uovo o seme minerale che l’Androgino porta nella mano sinistra, lunare. Secondo la teoria alchemica, lo spirito lunare agirà nell’uovo, provocando la putrefazione della calce spenta della terra, fino ad attivare in essa il nucleo solare latente che risorgerà allora in un corpo cristallino vivo e capace di crescita, così come l’acredine del fuoco provoca la putrefazione delle morte ceneri e della sabbia in un fluido vivente che diviene infine vetro.”.

[Rosarium Philosophorum – ca. 1550]

Materia prima androgina sopra un’urna, le cui quattro sezioni rappresentano i quattro elementi. Le ali ne denotano l’incipiente volatilità, dovuta alla reazione che coinvolge l’energia solare, centripeta, e l’energia lunare, centrifuga (il re e la regina), in un processo spirale di fermentazione. Riassumendo il simbolismo del disegno: i principi solare e lunare , compenetrandosi sopra la croce degli elementi 🞢, formano il segno di Mercurio con le ali della volatilità rivolte verso l’alto.”.

[Michael Maier, Symbola Aureæ Mensæ – 1617]

Ermete Trismegisto, il leggendario fondatore dell’Alchimia, addita il mistero primordiale della natura, il principio del fuoco che avvolge nella sua quadruplice fiamma gli opposti essenziali, sole e luna, maschio e femmina, zolfo e mercurio, che danno luogo all’unità androgina in ogni atto di concezione e nascita in natura.

[J.D. Mylius, Philosophia Reformata – 1617]

Essi circondano la terra concentrando su di essa le influenze astrali, e nel centro della terra si combinano in un triangolo, o piuttosto, tridimensionalmente, in una piramide, che è la forma del cristallo di sale (sia dei Sali marini, sia degli allumi minerali, femminili). Il lato destro del triangolo corrisponde al principio sulfureo maschile, il lato sinistro al principio mercuriale femminile e la base del triangolo al principio salino. La figura contenuta all’interno allude alla quadratura del cerchio, simbolo dell’androginia. La progressione va perciò dal triangolo al quadrato e infine al cerchio. La natura opera allo stesso modo in tutti e tre i regni, quello aereo, quello vegetale e animale, e quello minerale, perché in ciascuno di essi l’armonia deriva dallo stesso accoppiamento di opposti, dalla stessa congiunzione dei princìpi solare e lunare.

[Stolcius, Viridarium Chymicum – 1624]

La congiunzione può essere raffigurata da un serpente (la natura) con la testa di leone (che divora il fuoco e la putrefazione) e la coda a forma di testa d’aquila (volatilità), nell’atto di estrarre da se stesso l’invisibile e impalpabile rugiada interna che dà compattezza agli elementi più sottili del corpo. In essa è racchiuso il potere del sole e della luna, che il serpente stringe tra le sue spire. Il processo è triplice. Esso inizia con una fase androgina embrionale che, nel caso dei metalli, corrisponde all’impregnazione di un terreno nitroso e salino 🜔 da parte di un vapore corrosivo e acre (🜍 e ). I due princìpi vengono raccolti insieme dalla luce solare che penetra nel terreno sotto forma di rugiada. La stessa rugiada che nutre la vita delle piante attiva questo processo di volatilità sotterranea. Il prodotto è detto ‘materia prima’, o ‘Rebis’, o ‘Androgino di Fuoco’ (poiché entrambi i principi sono acri e brucianti), o ‘Adamo’ (poiché entrambi sono il principio primo della generazione nel mondo minerale).”.

[Anon, Codex Germanicus Monacensis 398, XV secolo]

La radice di questo processo viene spesso indicata come il Drago Velenoso. Nella figura è una nuvola di teste caprine, dalle cui barbe si innalzano un ragazzo e una ragazza che si avvolgono a spirale intorno alle gambe dell’Androgino. … L’Androgino è una situazione globale, che ‘accade’ quando il principio della luce, del sole e della luna, viene catturato da un terreno aspro e velenoso e comincia a fermentare. Nella seconda fase entrano in opera i vapori di salnitro, che corrodono e affinano l’Androgino. L’Androgino ora gonfia la terra e soffia via i vapori che l’anno penetrata, purificandoli nel corso del processo e rendendoli fluidi. Questa fase viene detta ‘bagno dell’Androgino’ o della copppia regale. Essa è seguita dalla terza ed ultima fase, in cui dal marasma emerge una pasta vitrea e viscosa, detta ‘Pietra dei Filosofi’, o ‘la Perla’, o ‘l’Occhio del Pesce’, o il ‘Primo Magnete’, perché attrae dal terreno circostante tutto ciò di cui ha bisogno.“.

[ehm … viste le quattro-corone-quattro + le due-corone-due?]

Beh … c’è abbastanza pane per tutti i denti, non vi pare? … Mi raccomando: … siate bravi, … e fate i bravi, eh?

Zì Baldone alchemico, ovvero lo Zabaglione dello Zibellino

Posted in Alchemy, Alchemy Texts, Alchimia, Alchimie, Fulcanelli, Philosophia Naturalis, Various Stuff with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on Monday, April 17, 2023 by Captain NEMO

Primavera prepara quel che c’è da preparare ogni anno; che piova o tiri vento, scende l’Esprit che è un portento! … In quest’ottica di rilassato tempo d’attesa, leggo e rileggo quel che mi piace.

Ecco qualche scampolo, qualche spigolatura, di alcuni passaggi di pazzi-saggi che hanno ritenuto di lasciar tracce del loro riflettere e del loro maneggiar, com’è d’uopo e d‘uso in Alchimia. Ho tradotto velocemente, cercando di mantenere l’aderenza con il modo di scrivere dell’epoca, e – siccome mi paiono tutti belli ed interessanti – … mi asterrò dal commentarli, lasciando a chi vorrà leggerli l’onere e l’onore di gettare alle ortiche qualsiasi logica e razionalità; solo in absentia totale della ratio si potrà forse intravedere la luce di queste perline sfuse, gettate alla rinfusa. Quell’eventuale lucore che potrebbe apparire dopo un’intuizione da bimbi, dovrà poi essere passato all’onere della pratica, al forno.

Si tratta di un andare avanti & indietro, tra buoni libri e pratica di Laboratorio, un moto ripetuto e portato avanti ad ogni piè sospinto, con tenacia e gentilezza ed allegria: Madre Natura è sempre munifica verso che ha scelto di seguirla. Datevi il tempo per entrare nella mentalità di questi pazzi-saggi, che è enormemente lontana dalle nostre: tutto è semplice in Natura, ed ogni Cercatore – come si vedrà – deve per forza usare una sorta di auto-traduzione di ciò che ‘sente’ nel Cuore quando si contempla la bellezza inenarrabile dell’Alchimia. Ma tutti stanno parlando del medesimo ed unico modus operandi; ognuno farà il suo buon Zabaglione, e all’assaggio mostreranno spunti e punte di leggere sfumature; ma il Primum Ens dello Zabaglione è sempre e soltanto Uno. Come è Naturale che sia, no?

Ah, dimenticavo: … perché Zibellino? Risposta facile: è l’Hermine, una specie di martora (Martes Zibellina) dal pelo estremamente soffice; in Araldica l’Armellino è uno smalto simboleggiato da una curiosa puntinatura, di bianco moscata di nero. Voilà!

La Prassi (o Pratica, scegliete voi)

Prendi la Vergine alata ottimamente lavata & mondata, impregnata con il seme spirituale del primo maschio, gravida con gloria rifluente di intemerata verginità, le tinte guance emetteranno con colore purpureo: unisci quella con il secondo maschio senza sospetto d’adulterio, dal cui seme corporeo di nuovo concepirà, e partorirà infine una prole del sesso di entrambi da venerare, donde sorgerà una schiatta immortale di potentissimi Re.”

[Jean d’Espagnet – Arcanum Hermeticæ Philosophiæ Opus – Parisiis, 1623, Canone 58]

Prima Figura, Paragrafo primo, Spiegazione

Quando lo Spirito universale del mondo o della natura si è diffuso nel Fuoco centrale della la Terra e ha iniziato a lavorarvi, si trova legato ad una forma ed un aspetto umidi e liquidi mercuriali, ed espulso in avanti dall‘Archeo della terra come unaria impregnata, congelato da Saturno e, diventato in un certo qual modo il limo molto metallico che si chiama sperma dei metalli, gettato ai piedi dellartista il quale, avendolo riconosciuto come il più grande tesoro del mondo, lo porta con gioia a casa, l’introduce nella dimora di vetro, lo lega al Mercurio celeste, poi lo rinchiude. Sopra di lui spunta allora il corvo nero nella putrefazione, il quale, dopo la sua nuova nascita nel regno del Paradiso, si trasforma in Diana fissa e infine nel Figlio coronato del Sole.

[L’Enfant Hermaphrodite du Soleil et de la Lune – Mayence. 1752]

Nella sublimazione filosofica del Mercurio, ovvero prima preparazione, un Erculeo lavoro incombe su chi opera; infatti Giasone – senza Alcide – invano avrebbe tentato la spedizione Colchica;

Uno da una nota sommità mostrava la pelle dorata come Principio che tu possa prendere;

L’altro quanto fardello subisca.[1]

La soglia infatti viene custodita da bestie cornute, che respingono chi si avvicina avventatamente non senza danno; soltanto le armi di Diana & le colombe di Venere ammansiscono la loro ferocia, se il fato ti chiama.

[Jean d’Espagnet – Arcanum Hermeticæ Philosphiæ Opus – Parisiis, 1623, Canone 42]

Tuttavia fratello mio non devi pensare, né cadere nel sospetto, come hanno insegnato quei furfanti bugiardi, che il Mercurio e lo Zolfo siano la prima materia dei metalli: infatti nelle vene della terra, dove i metalli crescono, non si trovano né il Mercurio né lo Zolfo, perché li hanno semplicemente plasmati per [trarre in] inganno, come pure il fuoco elementare, detto Zolfo, e il liquore Mercurio. Allo stesso modo, hanno chiamato il fuoco elementare il nostro Sole e il liquore la nostra Luna, al solo scopo di ingannare la gente. E li hanno chiamati anche spirito e anima: difatti il fuoco elementare l’hanno chiamato anima, e il liquore elementare spirito, perché le cose elementari sono invisibili. Così tra lo spirito e l’anima non c’è differenza; infatti l’anima è fuoco invisibile e lo spirito umidità invisibile.

… tutte le cose sono state distribuite in tre nature; e sebbene queste tre nature dal punto di vista corporeo siano distinte in vegetale, animale e minerale, esse, pur sempre elementari, quindi occultamente, hanno avuto origine da una sola sostanza.

Tutte hanno una sola ed unica radice, dalla quale verdeggiano e crescono, che gli Antichi, per inganno, hanno chiamato prima materia o Hylé. Mentre non è altro che un fuoco elementare occulto, col proprio Liquore, che gli Antichi chiamarono umido radicale e non hanno parlato da inesperti: il Liquore infatti è la radice di ogni creatura.

[Via Veritatis Unicæ, in Musæum Hermeticum – Francofurti, 1671]

Quindi, quando le tue materie sono unite, che sono il nostro e il nostro , non pensare come molti Alchimisti vanamente immaginano, che il morire del sole seguirà immediatamente, certamente no, noi abbiamo aspettato per un lungo e noioso periodo, prima che fosse fatta la riconciliazione tra l’acqua e il fuoco; e questo gli invidiosi hanno misticamente compreso in un breve discorso, quando al primo inizio del loro lavoro hanno chiamato la loro Materia Rebis, ossia fatta di due sostanze, secondo il Poeta,

Rebis sono due cose unite, eppure è una sola,

Dissolta, affinché Sole o Luna siano soltanto Sperma.

Sappi dunque una indubbia verità, che sebbene il nostro divori il Sole , non lo fa come i Chimici Fantastici sognano, perché anche se il si unisce col nostro , dopo un anno li separerai l’uno dall’altro nella loro propria natura a meno che tu li cuocia insieme in un conveniente grado di fuoco, altrimenti non saranno alterati; chi affermerà il contrario non è un Filosofo.

[Philalethe – Secrets Reveal’d – London, 1669, Chap. 24]

“ ‘Ti ho detto di purificare con somma cura questo canestro bianco con la lisciva donata, che è estratta da essa e non questo straccio che va asportato e che è crudo, ma prima è necessario che tu lo bruci con il fuoco dei sapienti, & allora la cosa riuscirà felicemente’: a tal fine, mi diede delle braci coperte di seta bianca, con ulteriore spiegazione, cosicché da queste braci dovevo eccitare il fuoco Filosofico, interamente artificioso, & bruciare lo straccio da asportare; e allora subito il canestro bianco che dovevo trovare mi sarebbe [apparso].

[Adrian von Mynsicht (alias Madathanus) – Aureum Seculum Redivivum – Francofurti, 1677]

Abbiamo detto, e lo ripetiamo, che l’oggetto della dissoluzione filosofica è l’ottenimento dello zolfo che, nel Magistero, gioca il ruolo di formatore coagulando il mercurio chi gli è aggiunto, proprietà che trae dalla sua natura ardente, ignea e disseccante. «Ogni cosa secca beve avidamente il suo umido», dice un vecchio assioma alchemico. Ma questo zolfo, al momento della sua prima estrazione, non è mai spoglio del mercurio metallico col quale costituisce il nucleo centrale del metallo, chiamato essenza o seme. Da qui risulta che lo zolfo, conservando le qualità specifiche del corpo dissolto, non è in realtà che soltanto la parte più pura e più sottile di questo corpo stesso. Di conseguenza, abbiamo il diritto di considerare, con la pluralità dei maestri, che la dissoluzione filosofica realizza la purificazione assoluta dei metalli imperfetti. Ora, non vi è esempio, spagirico o chimico, di un’operazione suscettibile di dare un tale risultato. Tutte le purificazioni di metalli trattati con metodi moderni non servono che a sbarazzarli delle impurità superficiali meno tenaci. E queste, portate della miniera o conseguenti alla riduzione del minerale, sono generalmente poco importanti. Al contrario, il procedimento alchemico, dissociando e distruggendo la massa di materie eterogenee fissate sul nucleo, costituito da zolfo e di mercurio molto puri, rovina la maggior parte del corpo e la rende refrattaria a ogni riduzione ulteriore.

Ma ciò che distingue la soluzione filosofica da tutte le altre, e le assicura perlomeno una reale originalità, è che il dissolvente non si assimila al metallo basico che gli è offerto; ne allontana soltanto le molecole, per rottura di coesione, s’impadronisce delle parcelle di zolfo puro che possono trattenere e lasciano il residuo, formato dalla maggior parte del corpo, inerte, disgregato, sterile e completamente irriducibile. Non si saprebbe dunque ottenere con esso un sale metallico, come si fa per mezzo degli acidi chimici. Del resto, conosciuto dall’antichità, il dissolvente filosofico non è stato mai utilizzato che in alchimia, da manipolatori esperti nella pratica del giro di mano speciale che esige il suo uso. è lui che i saggi hanno in vista quando dicono che l’Opera si fa con una cosa unica. Contrariamente ai chimici e spagiristi, i quali dispongono di una raccolta di acidi diversi, gli alchimisti non possiedono che un solo agente, che ha ricevuto quantità di nomi diversi, di cui ultimo in data è quello di Alkaest.

[Fulcanelli, Les Demeures Philosophales – Paris, 1964, Tome II]


[1] Si tratta di una citazione dalla Chrisopœia di Augurellus, al Libro II: “Alter in auratam nota de vertice pellem / Principium velut ostendit, quod sumere possis; / Alter onus quantum subeas.