Riflessioni sul Tempus dell’Unus Versus …


Ci si lamenta tutti – e continuamente – dei tempi difficili che viviamo; quasi che il senso di incertezza e di sofferenza che permea il nostro passare attraverso il ‘nostro’ tempo fosse cosa nuova, e tragica, e terribile, e rara. La storia umana conosciuta, in verità, racconta sempre del medesimo lamento, sia essa narrata dagli antichi o dai moderni. La triste locuzione – “mala tempora currunt” – è una delle tante nostre scuse: siamo noi che generiamo tale mal-essere, associati come siamo nella generazione e propagazione di un’onda anti-naturale al flusso del divenire: se i ‘tempora‘ corrono, noi corriamo esattamente … contro-tempo.

Corriamo, fra l’altro, completamente contro il Piano di Madre Natura. É in atto da molti anni un abile piano teso al rapidissimo e progressivo livellamento verso lo zero dell’importanza della Conoscenza nelle vite umane, qualunque fosse la cosiddetta Via che l’individuo scegliesse per il proprio percorso: ormai tutto si gioca sul digitale, il quale  – nella sua ‘fascinosa’ facilità di ‘consumo-ready-made‘ – è ormai del tutto controllato e programmato ad assicurare che nessuno osi solo pensare e/o – addirittura – fare qualcosa di seriamente indirizzato verso Sophia, ed in particolare allo studio faticoso ed alla pratica paziente legati alla ricerca delle innumerevoli Meraviglie della Natura. Tutte le Arti antiche, tutte, sono ormai state inoculate, con scientifica strategia, di un efficientissimo virus, per sopire e presto annullare il canto d’Amor della creatura per Lux. Non è un ‘gomblotto’, sia ben chiaro: trattasi di pura azione, sotto gli occhi di tutti, alla luce del sole. Il ciarpame fai-da-te & credi-a-me si è sposato ormai con una sapientia di educata facciata, ancor più votata all’oscurantismo scadente, dozzinale. Sapientia, in questi mala tempora periodici, non indica alcuna Sagesse; Harmonia è svilita, spogliata e dileggiata. Ma questo sarebbe un discorso troppo lungo, e temo noioso alquanto. Forse è tempo di dialogar di tempo, a tempo.

Chiarisco subito che il tempo, come tale, non esiste: quel che noi chiamiamo ‘tempo’ è in realtà soltanto la misura di una scansione di eventi; essa è locale, può in taluni casi esser considerata come ‘relativa’, ma non possiamo apprezzare un tal ‘tempo’ se non attraverso l’osservazione del mutamento cui i corpi – tutti i corpi – sono sottoposti per Legge Naturale.

Nel mundus fisico – ripeto: fisico, vale a dire sostanziale, il mondo della materia pura, continua ed isotropa – non esiste tempo, piuttosto il non-tempo. Il ‘nostro’ tempo, quello degli orologi nostri, nasce (meglio: appare) nel momento in cui un corpo ‘entra’ in manifestazione. Questa ‘apparizione’ è, per l’appunto, semplicemente limitata dalla eventuale scansione da parte della mente umana della sequenza di micro eventi (passatemi il termine) con i quali osserviamo il corpo che scorre – e dunque che si  ‘muove – nel divenire locale e via via – allargando l’orizzonte degli eventi percettibili – nel sempre più generale flusso di eventi. Questo può chiamarsi anche ‘tempo fluente’, a patto di concordare su alcuni dettagli legati al moto; ad una actio segue un motus, cui segue sempre un calor. Manca l’actor, ma ne abbiamo già parlato a iosa in altri post, e può godere in effetti di molti nomina.

Il tempo di cui parlo qui è quello che si chiamerebbe – secondo Severi – tempo naturale:

Il tempo naturale è in continuo divenire; è una specie di assoluto, che però non può giammai diventare tale, perché non se ne consegue mai una fase definitiva, che segnerebbe la conquista di tutte le verità.“.

Chiosa Pannaria:

Il tempo e lo spazio, sullo sfondo di un assoluto, sono relativi per i divenimenti della natura e non per la loro stessa natura. Così Aristotele notò per primo che il tempo è connesso con le mutazioni dei corpi ed al costituirsi delle individualità di ciascun corpo. Se non ci fosse il discontinuo della materia combinata, e se la materia incombinata non divenisse combinata nei suoi elementi, e non ci fossero le mutazioni di questi elementi di ciascuna discontinuità materiale, non comparirebbe il tempo e non ci sarebbe il fluire del tempo, ma lo stare in un eterno presente del non-tempo. …Cosicché, come non è concepibile un discontinuo della materia combinata senza un continuo della materia prima e incombinata nei suoi elementi, così non è concepibile il tempo senza il non-tempo e così è incomprensibile una relatività fisica senza un assoluto parimenti fisico e di antitetica fisicità.

[da Mutazione Fisica, Reazione Chimica e Relatività, in F. Pannaria, Memorie Scelte (qui)- a cura di Claudio Cardella, 2016, p. 368, p. 387]

Nonostante l’apparente complessità del linguaggio, questi statements sono essenziali, indispensabili, per afferrare alla radice il falso problema della umana lamentazione: il tempo non potrebbe mai essere realmente ‘buono’ o ‘cattivo’; al contario, come è noto, siamo noi a scegliere di esser ‘buoni’ o ‘cattivi’; e nel tentativo di meglio chiarire il punto è bene ricordare – sempre – che ogni corpo che è in manifestazione (meglio: in qualsivoglia manifestazione) è agito da un moto, continuo ed ‘invisibile’ ai nostri sensi. Tale moto attiene alle ‘forme’ costituenti i corpi (anche ciò che chiamiamo Spiritus è corpo), che scambiano le proprie particelle (ed anti-particelle) – funzionali all’oggettivo ‘apparire’ nel mondo fisico sensibile – con il mundus della materia prima soggiacente al mondo fisico sensibile. Questo Scambio è il responsabile – locale e generale, in quanto locato alla cerniera dei due mondi – del mutamento del corpo, del suo fluire, del suo divenire, della sua ‘vita’. Nulla è fermo; mai. Anche ciò che la fisica di oggi definisce come ‘stato di quiete‘ – una non felice locuzione a mio modo di vedere, quanto meno inaccurata – è in verità uno stato di moto, ove vige – perenne – lo Scambio. Il moto è alla base di ogni manifestazione, ancorché del tutto impercettibile dai nostri sensi. Questo ‘fondo’ di continua e meravigliosa ‘attività motoria‘ dei componenti base dei corpi è la caratteristica fondante degli Uni-versi, ove il termine esprime d’altro canto il moto di riversamento delle particelle, contemporaneamente sia dal corpo al Campo, sia dal Campo al corpo (sia esso in stasi o in moto relativo).

Non è questo il luogo per approfondire meglio la portata e le conseguenze del Sistema Naturale in acto; è però importante non dimenticare che ogni costituente di un corpo qualsivoglia – sia esso chiamato Particella, Quark, Zolfo, Mercurio, & Pippo&Pluto&Paperino – è per Legge Naturale in continuo motus; esso, così, “vive.

Si dice: ma questo, che c’entra con Alchimia?

Si risponde: questo è l’esatto Regno di Madre Natura, e l’Alchimia è la prova sperimentale, tangibile, praticabile, della Sophia che presiede ad ogni Creazione, qui&altrove, ora&sempre.

In ogni Laboratorio alchemico, operato con grazia, perizia e gioioso rispetto per la grandezza di Madre Natura – sia esso allestito da un neofita che abbia studiato secondo regola e tradizione, o da un esperto praticante l’Arte del Fuoco secondo regola e tradizione – sin dalla primissima banale operazione, seppur obbligatoriamente ‘canonica’, la Materia ‘muta’; non tanto e soltanto a livello visuale, olfattivo et alia, quanto a livello di sub-stantia. Chi non tenesse conto del fatto che i mutamenti che occorrono nel Laboratorio alchemico sono in ogni momento la conseguenza di un moto preciso di particelle costituenti (e, … no: non si tratta delle particelle della fisica; ça-va-sans-dire) scandite in luoghi fisici caratterizzati da tempo/non-tempo/tempo (in quest’ordine, e con periodicità esatta stabilita dalla Natura) perderebbe – temo – tanto l’Oriens che l’Occidens, e dunque la propria rotta, quantomeno quella ‘naturale’. L’alchimista cammina a ritroso nel tempo ‘locale’ proprio e delle Materie in opera, per accedere – se e quando fosse permesso – al non-tempo. Come, quando, dove e perché questo evento possa accadere non sono quesiti cui si possa rispondere qui: tali quesiti attengono soltanto all’intimo del pellegrino, al chercheur. Parlarne con un amico fidato potrebbe essere bello di fronte al caminetto, ma le eventuali risposte/ipotesi sono, credo, riservate al silenzio delle proprie stanze.

Torniamo al processo Naturale, che è osservabile – per chi è accorto al cuore delle Materie in opera – durante tutto il processo alchemico ‘canonico’ (per chiarezza: il ‘canone’ non è mio, tuo, suo, delle Fate – che pure esistono – o degli elusivi Elfi antichi; il ‘canone’ viene joué da un artista innamorato, ma non ” è ” sua proprietà. In Alchimia esso è, semplicemente, di proprietà della Natura, che lo offre con generosità a coloro che osservano senza pre-giudizi e pre-concetti delle umane menti, la Natura all’opera. L’artista necessita dunque di ispirazione, di intuizione, secondo le poche regole usata da Madre Natura in ogni processo armonico. Basta un bel bosco, alle prime luci dell’alba, lontani dal frastuono della nostra civiltà). Tuttavia non basta, temo, guardare, ma è necessario imparare ‘da zero’ ad osservare il flusso degli eventi; e considerare ciò che accade: tutto cambia di sostanza in un Laboratorio alchemico, e la danza dello Zolfo e del Mercurio, meravigliosa da ammirare, è del tutto aliena alla logica della nostra mente. Eppure è lì, e le opportunità vanno colte per seguir meglio le orme lasciate dalla Dama lungo il cammino antico. Tutto ‘cangia’, ogni cosa muta. Se si trascura il senso profondo del mutamento, e delle materie e dell’operatore, si rischia di perdersi in un ginepraio di ipotesi balzane. Ciò che è importante è comprendere che dietro ogni mutamento NON si cela il frutto di una reazione chimica, quanto una Scambio di parti costituenti – dategli il nomen che volete – tra una dimensione fisica dove ‘appare’ una cosa che chiamiamo tempo, ed una realtà fisica dove ” é ” non-tempo. Quelle parti costituenti sono le stesse per ogni corpo in manifestazione. Già questo dovrebbe/potrebbe far accendere l’attenzione. Non serve darsi la pena di scrivere equazioni in Alchimia: serve scendere nella semplicità profonda con cui Madre Natura opera. Il processo di scambio, di quello scambio naturale, è un flusso continuo, di corpi agiti tramite il supporto formidabile di un altro corpo peculiare che chiamiamo Spiritus. L’attore di questo Scambio – in ogni corpo – è la Massa, la quale – val la pena di ribadirlo ancora una volta, assieme a Newton – NON è la Materia. Al contrario, la Massa ‘scambia’ Materia e/o Energia tramite il proprio Campo, anche quando il corpo non fosse in moto locale, relativo. Questo fenomeno Naturale, alla base di ogni Creazione in ogni Universo, dà conto di cosa sia in realtà il Calor, sia esso osservato come Qualitas che come Quantitas: nel primo caso esprime la ‘funzione’ di ‘focosità’ (intrinseca ed estrinseca, a seconda della definizione del sistema di osservazione con il quale si desiderasse cogliere tale ‘aspetto’), nel secondo caso come ‘misura’ del fenomeno di radianza calorica. Questo Calor è evidentemente fenomeno locale, attinente cioè la “vita” del corpo e le sue eventuali interazioni, sia con il Campo Unico che con i Campi locali di altri corpi.

Questo Calor, fenomeno chiave della “vita” di ogni corpo, quando viene misurato esprime la presenza – qualitativa e quantitativa – di una Frequenza, funzione con cui il corpo ‘scambia’ più o meno velocemente i propri ‘quanta’ con il Campo. Ergo, è evidente che – se si volesse davvero comprendere cosa sia un ‘mutamento’, che in Alchimia è ‘mutazione’ – l’accordo di frequenza è imprescindibile. Per il Fisico ed il Chimico, potrebbe forse esser sufficiente sintonizzare alla miglior bisogna la frequenza dello strumento di indagine: in tal modo si ha una ‘misura’ del calore (cioè, una Temperatura viene assegnata), e tutti sono contenti. L’Alchimista, ed ancor più il Filosofo Naturale, ha di fronte a sé un processo di sintonizzazione non più banalmente strumentale, bensì “vitale”, sia in termini fisiologici che di senso dell’operatività alchemica. O prima, o poi, dovrà farci i conti.

L’alchimiste doit être au diapason de ses matériaux.

Il monito famoso di Canseliet, oltre al portato magistrale, suona alla perfezione. Il diapason, tutti lo sanno, è un oggetto che permette l’accordatura degli strumenti dei musici che debbono jouer la musique; ne esistono diversi.  In Alchimia, l’artista è strumento come le Materie: non si tratta di escogitare o provare a caso o approssimarsi ad una frequenza sonora, quanto di  “pulire” il nostro corpo, aggregato complicatissimo di complessi e numerosissimi ‘corpi’, sino a portarlo – in modo Naturale –  in prossimità del range di frequenze di base delle Materie. Un’operazione in tal senso tramite la volontà è del tutto inutile, impossibile e risibile. Ma quando le frequenze fossero ‘giuste’ i processi accadono, in modo spontaneo, naturale; in alcuni casi, si avrà ‘risonanza’. La difficoltà di questa operazione di progressiva accordatura del nostro personale Campo di frequenze (biologiche et alia) consiste nell’accorgersi che una parte indispensabile dei lavori alchemici è di fatto lo status interno, intimo, dell’artista: sin dalle primissime operazioni, il rapporto con le materie in Opera deve essere ‘accordato’ (alla Lux): le Materie, trattate alchemicamente, sanno farlo con assoluta naturalezza: esse sono in Naturale frequenza con il grande Progetto di Madre Natura, essendo enormemente meno complesse di un essere umano. Noi tutti, al contrario, siamo estremamente lontani dal poter ‘risuonare’ con l’onda base (o, in taluni casi, il pacchetto d’onda) della Creazione; per di più, ed è ciò che forse è più grave, tutti gli umani sono ammaliati (ma sarebbe più corretto riconoscerli come ‘ammalati’) dal desiderio di potere e di controllo. Qui, esattamente, si pone la scelta da parte nostra tra ‘bontà’ e ‘cattiveria’. Sono entrambe possibili, e drammaticamente antitetiche.

When you look at the dark side, careful you must be. For the dark side looks back.

Un animale, una pianta, un sasso non rispondono a questo triste stimolo, devastante. Questo è il motivo per il quale si dice che l’Alchimia è difficile: reincrudare un umano è terribilmente complesso; il cammino è lungo, difficile e pieno di auto-trappole. Spegnere il cervello e riempire il ventre di Spirito Universale era una delle immagini proposte da Paolo: la raccomandazione è perfetta.

Così difficile è il raggiungimento di questa accordatura ‘in Natura‘, che si è inteso sostituire allo studio ed alla pratica operativa soluzioni bizzarre e bislacche: alchimia spirituale, simbolica alchemica, vie sessuali e quant’altro; persino  la mistica e i sempre-utili ‘misteria‘ sono somministrati  in varie salse e declinazioni. Pur di salvare la propria ragione, il proprio ego, i propri convincimenti, le proprie debolezze, le proprie maldestre mancanze, la propria ‘fede’, tutto viene travisato al fine di poter dire ‘… sono un alchimista‘. Un gran peccato, ma questo è l’uomo, oggi come ieri: tutto ruota intorno all’ego, come se Alchimia – che è per nascita e funzione un Universale – potesse mai essere fenomeno locale, proprietà di uno o di pochi, strumento di selezione e controllo di una salvezza, un po’ come una fede ridotta per di più a marketing esoterico, d’élite. Per carità, ognuno è sempre libero di credere quel che vuole, ma Stelle, Galassie, Clusters, Universi e Materie (nel piccolo e nell’immenso) non necessitano di fede alcuna per esistere. Stelle, Galassie, Clusters, Universi e Materie sono esistite miliardi di eoni PRIMA della nostra bizzarra civiltà terrestre: la Creazione dei corpi ” É ” una actio perenne, senza inizio e senza fine, che si svolge in modo preciso e perfetto da un locus dove abita il non-tempo a beneficio di un locus dove ‘appare’ un tempo, ben meglio di quanto potremo mai fare noi poveri ammalati di potere&controllo: non sarebbe l’ora di smetter di dire la qualunque e di mettersi seriamente in cammino verso nuove terre, nei fatti e non nei ‘misterici ammiccamenti‘?

La realtà è tutta da scoprire, tutta da apprezzare, tutta da contemplare. Al di là delle chiacchere, gli Universi esistono ben prima delle nostre credenze, filosofie e religioni: ed ho sempre trovato molto pesante l’appiccicare l’etichetta di ‘mistero’, di ‘proibito’ al cammino verso la Conoscenza dei processi della Natura, specie se tale azione depistante viene fatta nel nomen di una filosofia o – quel che è peggio – di una qualsiasi religione. Lo ripeto: la Creazione è un tale accadimento di eventi meravigliosi, un tal profluvio di gioia e musica armonica, un dono continuo di bellezza ed Amor, che stento a giustificare le tetre ammonizioni da parte dei vari sapientes di turno a non commetere il “terribile peccato” nel volgere il Cuore alla Conoscenza di Madre Natura, nostra Madre… ed accade, ça-va-sans-dire, ancora oggi. Bah…

D’altro canto, l’illusione è la chiave di volta per apparir ‘salvi’ delle proprie insipienze, prima a sé stessi e poi al proprio prossimo, vicino o lontano; e chi avesse studiato a lungo le gesta degli alchimisti si sarà reso conto di quanti inganni siano stati ‘passati’ per ‘benevole dritte’ o ‘caritatevoli doni’, persino da parte di alcuni autori tra i più rispettati. Ogni alchimista appartiene al genere umano, una delle creature più arroganti – a voler essere gentili – che abitano Terra. Come procedere dunque? Non mi sogno di consigliare alcunché: la Via è solitaria, estremamente privata e individuale. Ognuno farà quel che sente.

Mi premeva però portare all’attenzione di chi studia e pratica, in silenzio e con dolce umiltà, che – indipendentemente dai vari ‘credo’ – le fondazioni della Philosophia Naturalis, la Grande Madre dell’Alchimia operativa, parlano – in ogni Tradizione, in ogni civiltà, in ogni epoca – di Frequenza: che essa sia nominata come suono, luce, o altro, che sia di bianco vestita, che abbia i capelli turchini, che sia la madre segreta del Grande Ciaparche Verde, che sia questo o quello, poco importa: i nomen sono adattamenti esplicativi ‘locali’, non generali. Ogni corpo vivente, in qualunque regno specificato, anche in quelli a noi ancora sconosciuti, ‘respira’ tramite Frequenza. Intendere tutto ciò come un portato di Chimica-Fisica è a dir poco inutile e riduttivo, quanto ingannevole: di Vita si parla qui, in ogni Creazione, al di là dei soliti pre-concetti; ed essa attiene, come signum inequivocabile del fenomeno del ‘vivente’, all’Alchimia. Ed ogni operazione alchemica agisce dal Generale verso il Locale, per ‘muovere’ – mutandoli – i corpi in Opera verso l’accordatura Armonica della Creazione: l’Alchimia operativa è la replica, in piccolo, del processo base in atto perenne in ogni manifestazione: essa è davanti agli occhi di tutti, e non è nascosta. Non osservare l’Opera di Madre Natura, per iniziare la propria personale Comprensione dell’Opera d’Amor, è perlomeno sciocco. Ciò che è occulto, si disvela una volta che tutti i corpi in Campo – Materie ed artista – siano in risonanza armonica, secondo quanto magnificamente apparecchiato da Madre Natura. Occorre cercare e viaggiare, e – bussando alle porte del Cielo – talvolta chiedere: qualcuno risponde. Sempre.

Certo, occorre avere il coraggio di studiare e praticare, e la difficillima semplicità di formulare la domanda giusta (Perceval docet): consci che dall’altra parte, da quel mundus primo, ben fisico ed esistente, popolato da un felice ed allegro mucchio di esseri nostri Fratelli, tutti leggono il cuor degli umani bussanti, siano essi neofiti o sapienti. Capriole ed avvitamenti, pur perfetti e paludati, causano solo malcelate risate.

In effetti, viaggiare verso Casa non può che causare una solida, soffusa, pervadente allegria: no ?

mad-hatter1

Buon non-compleanno, a tutti!

7 Responses to “Riflessioni sul Tempus dell’Unus Versus …”

  1. ‘Cygne’ come ‘Signe’?
    Il Cigno è il segno? Il Segno è un sogno? Il sogno è Sonno?
    Il Tempo del sogno, il Tempo del segno, il Tempo del Cigno.
    Non-Tempo. Eternità. Impensabile.

    Piume candide galleggiano su un mare nero.
    ‘Cygnus ille invulnerabilis, qui nec Herculi, nec Marti cedit, clypeo tectus tutissimo’; secondo Maier, il furbacchione.
    Piove a dirotto.

    Una pozzanghera in mezzo al mare;
    Un mare che non bagna le mani.
    Gocce di tempo sullo sfondo dell’eternità;
    Imperturbabile dagli avvenimenti, eppure li provoca.

    ‘Il tempo passa, fra l’indifferenza dell’eternità’.
    Diceva Pan, sorridendo.
    Andirivieni.
    Sublimazione, ‘per minima’.

    FC

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  2. Caro Capitano,

    la Frequenza è propria di ogni ‘vivente’, sia esso minerale, vegetale o animale. Tutto ciò che cessa di vivere in questa manifestazione è ‘morto’, possiamo dire che in quel caso la Frequenza di quel corpo non ‘è’ più? Perché la Frequenza è prova del ‘Bios’, no? Ora, ogni corpo ha uno Zolfo e un Mercurio. Una ‘morte’ equivale alla perdita della Forma (Zolfo) – che torna nel mondo di Retroscena -, necessariamente anche il Mercurio di quel corpo torna nel mondo di Retroscena, e mi chiedo se quel Mercurio è la Frequenza del corpo (presente quando era vivo, assente in assenza di vita). La Frequenza è ‘vita’, e allora il nostro ‘essere al diapason’ con le materie, in laboratorio e sempre, è in maniera più specifica un ‘essere al diapason’ con il Mercurio di quelle materie? Ovvero con ciò che è Frequenza?
    Grazie, e perdoni la confusione ma il tema non è facile.
    Compos Stellae

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    • La frequenza, è definita come il numero di volte che uno stesso evento avviene durante un determinato intervallo di tempo. Oggidì la frequenza è un coperchio buono per tutte le pentole; e il più delle volte viene usato a sproposito. Quindi nessuna meraviglia che sembri argomento di ardua comprensione.
      Ogni evento fisico ha una frequenza propria a meno che avvenga una sola volta e mai più. ‘Frequenza propria’ vuol dire ‘individuale’. L’individualità di un corpo è associata anche alla frequenza; quindi la frequenza è associata alla forma, ovvero allo zolfo. Lo zolfo è un fuoco individuale e ha bisogno di alimento specifico. Il mercurio è l’ambito entro cui lo zolfo è mantenuto, agisce e si estrinseca. Ogni mercurio ha il proprio zolfo e ogni zolfo il proprio mercurio.
      La vita del corpo fisico consiste negli scambi. Il motore degli scambi è il desiderio (Platone), ossia la mancanza o ‘privatio’: ogni corpo fisico, costituito a quattro elementi, è avido di ciò che gli manca per il completo, ma irraggiungibile equilibrio dei suoi elementi costituenti. Così il granello di sabbia diventa montagna e così la montagna decade nel granello di sabbia: con un ciclo, ossia una frequenza.
      La morte del corpo fisico è trasformazione, ovvero trasmutazione; è cambiamento d’individualità e conseguentemente di frequenza, perché la vita non può morire.

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    • Cara Compos Stellae,

      ha ragione, è facile confondersi; ma il suo discorso fila, a patto di non scambiare la Frequenza (che è definita proprio come scrive sotto Fra’ Cercone) di un corpo con il corpo stesso; o con il Principio (Zolfo o Mercurio) che anima quel corpo. Lei dice bene nel supporre che la Frequenza è ‘prova del Bios‘. Essa è il signum della vita. E se vita su Terra cessa, Vita continua; dunque l’osservazione su un tempo di un evento, il ‘contare’ quante volte accade quell’osservazione nel tempo, è discontinua per l’appunto nel nostro mondo, ma – pare – dovrebbe essere continua nel mondo del non-tempo. A significare che nel mondo del non-tempo, ogni cosa, Naturalmente, “è”. Pur mantenendo la sua ‘funzione’, per esempio di Mercurio e Zolfo, che in quel mondo del non-tempo dovrebbero esser nomati ‘Primi‘. Ma qui andiamo in un ambito troppo complesso, per mancanza di dati oggettivi.
      Qui da noi, tali Mercuri e tali Zolfi, sono ‘secondi’, ‘terzi’, ‘quarti’ e via dicendo, pur mantenendo nel loro cuore la caratteristica accomunante e fondante di ‘primità‘ (mi passi il brutto termine, please); il processo di Reincrudazione, quindi, non fa altro che attivare sempre più quella ‘primità‘ che sta alla base della entrata in manifestazione del corpo. Ergo, per tentare di dare una risposta alla sua domanda, l’operatore deve compiere l’identico, speculare processo. Esserne consapevoli, mentre accade, credo sia importante. Ma non faccia l’errore di pensare che deve cominciare a recitare Mantra e formule magiche a diverse ‘tonalità’o compiere chissà quali rituali, nella speranza di “accordare” la sua frequenza con quella delle sue materie in opera. Questo è ciarpame New-Age. Piuttosto, occorre essere consapevoli di quel che accade alle materie, in ogni attimo del loro motus, della loro trasformazione, della loro trasmutazione, nel senso antico, e non religioso, non ermetico, non magico, del termine. Noi siamo un Unicum con le Materie, ma non ce ne rendiamo conto. Affatto. Troppo egoisti, troppo ‘sapienti‘, troppo ‘io-lo-so-come-si-fa‘, troppo ‘gli altri hanno un ego, io no, sono perfetto e benvoluto-dagli-dei‘. Si chiama, nei termini della Prisca Sapientia, ‘sapere assieme‘; in Inglese il termine lo esprime meglio: “conscious“, dal latino ‘cum scio‘.
      La bellezza di quest’etimo è tutta lì: il sapere assieme, sia con tutti i fratelli, sia con tutto il creato. E su questa ‘Fratellanza‘ ci sarebbe da scrivere un libro, per come è stata triturato e ri-modellato il termine, tanto per affermare una supposta supremazia; come se un rapporto con la Conoscenza possa mai generarsi da una separazione dalla totalità degli essere del Creato. Anche qui, l’uomo ha stravolto in modo biasimevole il senso di una cosa semplice e naturale. Ma, tornando a quel conscious: siamo noi che dobbiamo salire – scendendo – al livello magnifico delle Materie. La Risonanza intima, profonda può essere un segno distintivo dell’attraversamento delle nostre umane frequenze con quelle delle materie. Allora, talvolta… la frequenza è – per identica Natura – “accordata”. Tale processo non è impossibile, e non è un processo che richieda un ‘credo’, una Mistica o quel si voglia. Fa parte del piano Naturale della Creazione, e dunque può accadere. Il cammino del Pellegrino richiede tale processo. In modo indispensabile. Ma, ripeto, non ha alcuna caratteristica di alone di mistero. Esso è presente nel Piano Naturale della Creazione della materia. Di ogni Materia. Si parla di Amor qui, e non d’altro.

      Captain NEMO

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      • Carissimi,
        entro timidamente su questo terreno accidentato con un mio vecchio pallino, quello dei ‘sistemi di riferimento’ e delle ‘finestre percettive’. La frequenza, per comprenderla, la accostiamo solitamente ad un fenomeno vibratorio con cui abbiamo dimestichezza, il suono. A volte lo facciamo a sproposito, accostando vibrazioni meccaniche ad elettromagnetiche, ma il principio è quello: la frequenza è quante volte un fenomeno si ripete nel tempo. I suono vanno da alcune decine di Hz a circa 20000: questa è la finestra dell’orecchio umano, almeno di un orecchio giovane. Un batterista che suoni un tempo rapido ha il metronomo a 120 battiti al minuto, non più al secondo: non lo percepiamo come suono (sarebbe una frequenza sonora di 2 Hz), ma come una ripetizione ritmata di colpi. La Primavera ricorre una volta all’anno: ha anch’essa una frequenza, molto più bassa però. Se però – ipotizzo – un minerale avesse una sua pulsatilità meccanica, che so, di pochi micron ogni 100 anni, per noi sarebbe (erroneamente) inerte, morto. Semplicemente perché le nostre vite sono di durata inferiore al ciclo vibratorio di quel minerale. Viceversa, potrebbero esistere forme di vita che si muovono ad alta velocità, tanto da sfuggire alle nostre facoltà visive, e via così… Mi rendo conto che sembro raccontare una novella di Arthur Clarke e non una teoria scientifica, ma chissà…

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  3. Caro Capitano,
    tempo fa, altrove, in chat leggere e al tempo stesso profonde, in ogni caso feconde, si diceva che l’Alchimia è semplice ma non facile. L’alibi della semplicità – astrusa ormai per il nostro complesso e compulsivo consumo – e guarda caso, non abbiamo mai ‘tempo’ – mal tollera la profondità che si disvela al suo interno. Anzi, la teme: noto, con egoistico compiacimento (ah la fragilitas umana), che nel suo testo la frequenza di citazioni latine quando non greche è piuttosto elevata. Ma conoscere etimi e glossari di lingue passate (mai morte!) è sempre frutto di studio, e di studio vero, sudato. Dove voglio andare a parare? al motto del Mutus Liber: Ora, lege, lege, lege, relege, labora et invenies. Tradotto per i ‘semplici’: studia da matti, con la grazia di Dio, poi lavora e, nel futuro, troverai. Per i matematici: ora + (4x lege) + labora = invenies.
    Ma senza lege, non bastano ora + labora, che matematicamente = invenies – (4 x lege).
    Ma questa, lo so, è solo umanissima logica.
    Grazie per le profonde sue note

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  4. Caro Capitano

    Riflettendo sulla parola SCAMBIO….

    Noi diremo “Cuncambias” che è una forma di Baratto (non il Bagatto, o quasi) scambio senza bisogno di moneta, ma in Natura.

    E noi cosa siamo in grado di offrire in cambio?, cosa potremmo apparecchiare sulla nostra tavola da offrire alla Natura in cambio di quel Dono?

    Saremo in sintonia?
    Avremmo il coraggio di bussare?
    Di Domandare (domo-andare) andare a casa?
    In quel Tempio Tempo?

    Buon ritorno
    Saluti a tutti
    Gianni

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