L’Amour alchimique…un tout-petit avertissement.


Non si potrebbe fare affatto Alchimia, essendo semplicemente alchimisti.

E perché? Perché, come ho detto, l’alchimista ha bisogno di una Filosofia, …e questa Filosofia gli permette di porsi ‘al diapason’ con il suo lavoro; vale a dire che, molto realmente, l’operazione che esegue un alchimista non potrebbe essere compiuta da un chimico, se fosse presente, fosse il più abile, il più sapiente, …questa operazione non potrebbe da lui essere ripetuta, poiché non avrebbe affatto – precisamente – questa comunione stabilita tra lui e, in modo molto stretto, la materia. E questo è molto importante. È il lato, se si vuole, dell’Alchimia spirituale – precisamente –  di mettersi al diapason con la materia, di mettersi in armonia con la propria ricerca. Perché? Perché in realtà tutto è vibrazione.”

Queste sono le parole di Eugéne Canseliet rilasciate nel corso di un’intervista radiofonica: e questa precisazione sull’Alchimia, intesa come un percorso dello Spirito, dovrebbe spazzare il campo dal tremendo equivoco in cui molti cadono, immaginando che l’Opera alchemica si basi su operazioni da compiersi all’interno del corpo umano o – addirittura – sul corpo umano.

Mentre si avvicina il momento tradizionalmente propizio per la raccolta dello Spirito Universale, mi pare opportuno riflettere su un fatto estremamente importante, così come richiamato da Canseliet: il rapporto tra l’alchimista e le Materie nel suo Laboratorio. Si pensa comunemente che la Grande Opera sia una sorta di operatività legata al corretto svolgimento di una serie di manipolazioni, più o meno segrete. Questo è il lato manifesto, e dunque – proprio perché tale – è apparente. La corretta identificazione del da farsi e del come farsi è senza ombra di dubbio indispensabile; ma, dialogando con gli interessati, di persona o sul web, pare di percepire che tutti gli sforzi di chi cerca debbano essere tesi alla elaborazione o alla scoperta di un modus operandi, e basta. Quasi che il Graal, terrestre e celeste, potesse essere ritrovato grazie alla famosa, vecchia e perduta ricetta ‘per cuocere i fagioli’.

Come dicono tutti i buoni autori, non è affatto così.

Si pretende di poter quasi obbligare Madre Natura – come qualche volta può accadere in una reazione chimica – a produrre il risultato che ci si attende, pensando che se si mettono a ‘cuocere i fagioli’ secondo la ricetta della casa, che ostenta il bollo di autenticità della Gran Locanda Antica, si otterrà LA Zuppa con i Fagioli, quella perfetta. In realtà, questa attitudine è la figlia ben nota del Metodo Scientifico, del consensus accademico: così, un esperimento, se condotto alle stesse condizioni, i pesi stabiliti, con reagenti identificati e qualificati, DEVE dare lo stesso risultato, qui come a Tokio.

Se mi permetto, sorridendo, di dubitare persino che l’acqua prodotta qui e a Tokio possa essere perfettamente la stessa cosa, anche al semplice livello di analisi chimica e/o fisica, figurarsi se potrei mai concordare con chi affermasse che ‘siccome ho capito come si fa, ormai …il gioco è fatto!’.

È il solito errore – banale ed arrogante – compiuto dall’uomo, il quale pensa – a torto, a gran torto – di essere al centro del processo di Creazione, di essere lui il protagonista scelto e predestinato di tutto ciò che accade, quasi che la Creazione degli Universi sia compiuta a suo vantaggio e per suo uso. Nel corso degli anni, mi sono accorto che è esattamente il contrario: Madre Natura fa quel che le pare, e se ne infischia – bellamente, cum Gratia – di quel che pensiamo, immaginiamo o facciamo. Persino – o forse, soprattutto – in un Laboratorio alchemico ci si accorge, e sin dall’inizio, che la protagonista di ciò che accade nel crogiolo è proprio Madre Natura, in barba a qualunque abilissima tecnica manipolatoria da parte dell’operatore: e questa protagonista è a noi sconosciuta nel suo agire, essendone scopi e modalità ben separati dalle aspettative umane.

L’alchimista accorto, lavorando assiduamente e con serena umiltà, nel silenzio esterno e interno, percepisce subito che – nel Laboratorio, nelle Materie – opera un’Intelligenza enormemente superiore all’intelletto umano: i postulati ed i risultati attesi dal Metodo Scientifico non valgono più nulla in Alchimia. Si manifesta uno scenario alieno alla logica umana. L’alchimista, quell’alchimista, scopre immediatamente che è entrato in una dimensione del tutto nuova, in cui nulla di quel che è abituato a pensare o immaginare funziona come prima: è la Materia la protagonista dell’Opera, non l’operatore.

Ed allora, ma non sempre, sorge l’Amore: non saprei parlarne a lungo, ma confesso con gioia di essere innamorato. È un Amore che non può essere paragonato ad alcun amore terreno, ferma restando la considerazione e l’importanza dei nostri amori, per così dire, comuni: la famiglia, l’amata, i figli. Questi amori vivono e permangono intatti nella vita del’alchimista; però, un alchimista, quell’alchimista, può ritrovarsi ad amare…dei sassi!

O meglio: si stabilisce una comunione profonda, intensa, perenne ed esclusiva con Madre Natura, che accompagna l’artista in ogni passo della sua vita. Non soltanto in Laboratorio, dunque, ma ovunque e quandunque: l’Alchimia entra profondamente nella vita intima dell’alchimista; e l’uomo alchimista, innamorato, amante ed amato, muta in modo sottile, intimo, gentile. Come ogni amore, anche l’Amore di cui sto tentando di parlare genera – graziosamente – serenità: con il passare del tempo, con il ripetersi delle operazioni, con l’immersione continuata nel Regno celato, l’alchimista si abbandona ad una sensazione indefinibile, ma estremamente presente, che lo lega alla Natura; tramite quei semplici sassetti, manipolati ora con ancor maggior tenerezza, poggiati sul tavolo del proprio piccolo Laboratorio, l’artista si distacca dal conosciuto e si avventura alla scoperta di una nuova realtà, i cui contenuti sono sempre più difficle raccontare o condividere. Questo abbandonarsi totale, affidato, quasi un salto nel vuoto, credo sia un processo inevitabile per quell’alchimista, ma molti – anche al giorno d’oggi – lo evitano. Avranno le loro ragioni, certo.  Una di queste, probabilmente, è che l’alchimista scopre di vivere un Amore con …un’altra Amata.

L'Amour alchimique

L'Amour alchimique

Ecco come Canseliet, nella stessa intervista, ne parla:

L’alchimista costituisce con la sua materia una vera coppia. Allo stesso modo che all’interno della Grande Opera, la materia stessa,.. non è unica….essa si decompone,…o piuttosto…è decomposta….il Compost, come dicevano gli antichi, è fatto dalla riunione di un maschio e di una femmina. La Grande Opera, in verità, è una ontogenesi,…vi è una vera copulazione, di due individui, da una parte il maschio, dall’altra parte la femmina,…e dalla loro riunione, dalla loro, …dalla loro associazione…nasce un figlio.

Se è certo chiaro – ne parlano tutti i testi – di quali individui stesse parlando il buon Maître, riferendosi ai protagonisti celati all’interno della Materia, Sol e Luna, è indubbio che esiste  – contemporaneamente – anche l’altra coppia: l’alchimista e la materia. E le operazioni alchemiche di Laboratorio vi si specchiano, con precisione Naturale, con sincronicità motivata. Trovo molto fuori dall’ordinario questa sorta di doppia coppia: ma più passa il tempo, e più percepisco che quel figlio di cui si parla possa nascere ontogeneticamente dal Mercurio e dallo Zolfo alchemici solo se – con medesima intensità e purezza d’intenti – l’alchimista ami, riamato, la Materia. È un tema spesso trattato dalla  Mistica, in Occidente come in Oriente, ma abbiamo l’abitudine a confinarlo nell’ambito della speculazione filosofica, o dei capolavori letterari, o di chissà cosa altro. In realtà, all’alchimista, a quell’alchimista, capita di percepire, sensorialmente e con il proprio cuore, la presenza tangibile, oggettiva e comprovata di un’altra entità manifesta: Madre Natura.

Quest’Amore purissimo, difficilmente condivisibile con altri (come parlarne?…e con chi?), permea in modo radicale e fresco, come un torrente d’alta montagna in Primavera, l’anima dell’alchimista; e l’attrazione magnetica degli Spiriti, gli unici in grado di penetrare e mutare i corpi, inizia a compiere la propria azione nelle forme dei corpi materiali da esso informati ed animati: ogni alchimista, ognuno di quegli alchimisti, sente la propria Materia, e sempre il proprio pensiero si volge a quell’Amore silenzioso, nutriente, antico. E talvolta, come in ogni Amore, terreno o Celeste, nasce il missing, la malinconia…quante volte mi è capitato di rientrare a casa e di correre in Laboratorio, chiamato: il richiamo è puro, e pura dev’essere la risposta.

Allora, forse si potrà capire se talvolta resto stupefatto di fronte a talune affermazioni che parlano di Alchimia come di una cosa meccanica, come una cosa dovuta, pretesa, addirittura da insegnare. Si può mai insegnare un Amore?…o scambiare il Sesso per l’Amore? Non sarà meglio viverlo, e prepararsi ad una nuova vita?

Probabilmente molti si chiederanno cosa c’entri tutto questo con il segreto del Mercurio e dello Zolfo, o con il Fuoco Segreto: eppure, ho esitato un po’ nello scrivere questo Post. Questo Amore è vivo. E non si può volere, imporre, recitare, scimmiottare. O c’è, o non c’è. Punto. E senza quest’Amore, …temo che non succederebbe nulla di sensato, in Alchimia. Ammesso, poi, che l’alchimista, quell’alchimista, abbia ben chiaro dentro di sè il senso dell’Arte: che non è un possesso di alcunché, per quanto esotericamente alto possa essere, bensì un distacco netto.

Alchimie...

Un’ultima considerazione: come in ogni coppia, in ogni doppio, le cose debbono essere semplici e facili; non è Alchimia quella fatta di paroloni magniloquenti, di sapienti segni di riconoscimento, di oscuri ammiccamenti, di lunghi periodi tormentosi e tormentati, di aspri rancori ammantati di dottrina. Sappiate, voi giovani cercatori, andare al di là di tutto questo: Alchimia è felicità profonda, dolcezza umile, serena tranquillità. Non saprei dire se è adatto o utile: è un Amore magnifico e molto fuori dall’ordinario, e produce – per questo – una allegria d’animo, intimamente deliziosa. Che spesso viene vissuta nel silenzio intenso del distacco dalle cose inutili.

Sempre di più.

16 Responses to “L’Amour alchimique…un tout-petit avertissement.”

  1. Caro Capitano,
    vi ringraziamo di cuore delle Vostre illuminate ed illuminanti parole, che mostrano la Vostra totale mancanza di invidia!
    L’errore del considerare l’Arte alla stregua di un esercizio mentale è diffusissimo e ben conosciuto a tutti. Vederne una specie di esercizio Yoga d’Occidente ha riempito libri ed eccitato animi fino allo spasimo, ma ovviamente non ha mai prodotto un granello della nostra polvere. L’Alchimia Spirituale che tanti amano, è cosa altra e questo è ormai noto a tutti. Tutti ci siamo prodigati a segnalare, indicare e sottolineare questo errore, esortando i cercatori di animo sincero a dedicarsi al forno, ad operare, a lavorare nel laboratorio.
    Riconosciuto questo, è però altrettanto vero sottolineare che l’Alchimia non è un esercizio pratico di chimica applicata, non è assimilabile alla preparazione di una – seppur dolcissima – torta.
    Non esistono ricette, ed è bene ricordare che l’Alchimista non tace su materiali e percentuali delle sue misture per cattiveria e invidia, ma perché tali numeri sono del tutto immateriali, inutili, dannosi al cercatore sincero.
    La ricerca del Mercurio non può infatti essere assimilata ad una “vecchia e perduta ricetta per cuocere i fagioli” come giustamente sottolineate.

    Dite che “è la materia la protagonista dell’Opera”, che interagendo con l’Operatore – e qui ritengo entrambi operatori paritetici sottoposti alla Grazia della Natura – porta al successo, e ci troviamo pienamente d’accordo. Ci permettiamo di citare a tal fine un nostro recente post, in cui abbiamo scritto: “Il vero Chaos primario, quel mercurio che sancisce l’Adeptato, nascerà solo dopo alcune, non molte, successive operazioni, che riescono nella misura in cui decidono di farlo e l’operato è giustamente penetrato dalla Grazia”. Sono le operazioni, tramite la materia e l’operatore, a decidere se coronate da successo, e lo fanno nella misura in cui sono penetrate dalla Grazia.

    Voi poi richiamate l’ “Amore” che unisce il filosofo alla sua opera, e anche qui va giustamente richiamato che non si tratta di amore volgare e nemmeno mistico. E’ un sentimento proprio, di compenetrazione lucida e totale, in cui nulla è di limite, nemmeno la conoscenza. Non per nulla nella immagine da Voi così sapientemente scelta, l’operatore è bendato: non vede cosa sta facendo, non guarda amorevolmente la materia, vi è un cuore che non vede, ma che arde di ben specifico ardore!

    E’ un Amore vivo, vitale e operativo, che nulla ha da spartire con la autoriduzione di certi “amori sacri” e nemmeno nulla con l’amore del volgo, ci verrebbe da dire, in modo provocatorio, che non è nemmeno un sentimento, e sappiamo che voi capite cosa desideriamo indicare.

    L’Arte è un raggiungere la totalità, per convergenza di elementi, che si “tuffano” tutti – se il nostro lavoro è fertile – in quel Chaos primigenio che chiamiamo Mercurio Comune. Essa è amore e conoscenza, è sogno e tangibile polvere, è lavoro e ozio.

    E nulla si può ottenere tentando di forzare il sistema. Recentemente avemmo a ricordare in un commento sul blog di Chemyst che è inutile cercare di capire chi sono le persone fisiche dietro agli pseudonimi, chiedersi se Lucarelli, Canseliet o Fulcanelli hanno ottenuto la Pietra, perchè non è possibile saperlo a chi non l’ha fatta, ed è ovvio a chi ha raggiunto l’Adeptato; Ermete Trismegisto, con parole ovviamente adatte al contesto, ricorda in un testo copto di Nag Hammadi: “O figlio mio, quando comprenderai la verità della tua affermazione troverai i tuoi fratelli che pregano con te, i quali sono figli miei” (Nag Hammadi Codex VI 6:54,18-22).

    E per ultimo: siete molto gentile a ricordare che le Nostre non sono operazioni “sull’uomo” che si eseguono in modo banale, per evitare tristi avvelenamenti già visti in passato e operazioni inutili con sostanze del tutto assurde. Purtroppo la fantasia dell’uomo non conosce limiti e molti, piuttosto che sottomettersi ai libri e lavorare al forno, si imbarcano lungo vie tanto assurde quanto infruttuose e sinceramente, almeno alcune volte, ripugnanti.

    Vi ringraziamo pertanto per questa vostra accorata riflessione, piena d’Amore e di una dolcezza che racconta delle lunghe serate di lavoro.

    Vostro sempre affezionato

    Ptah

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  2. Gentile Ptah,
    la bellissima frase del Nag Hammadi Codex mi ha fatto venire i brividi, nel senso più alto del termine. E subito dalla memoria ne è affiorata un’altra:

    “Credete giovani apprendisti, credete padri, perché il tempo è alle porte. Non scrivo queste cose per vani pensieri: vedo in spirito quando noi Adepti torneremo dai quattro angoli della Terra e ringrazieremo il Signore Dio nostro”. ( ‘Opere’ di Eireneo Filalete, tradotte e commentate da Paolo Lucarelli, pag. 55).

    E quanti sguardi puntati al Cielo, quante domande appena sussurrate, quante emozioni avrà suscitato leggere frasi di una tale portata…

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  3. Mon Captain,

    è arduo aggiungere qualcosa a un commento così incisivo come quello di Ptah al suo alato (!) post; giusto qualche riflessione in ordine sparso.

    ‘L’Amor che muove il sole e l’altre stelle’. Il cupido bendato della vostra bellissima immagine è il medesimo che mira al cuore nella quarta chiave di Basilio; ed è bendato perché appartiene al mondo di retroscena della nostra scena fisica. E’ l’Affinità. E’ l’Abisso. “E’ la forza forte di tutte le forze, perché vince tutte le cose sottili e penetra tutte le cose solide. Così il mondo è stato creato…” E’ Eros, il dio bambino figlio di Afrodite Urania, “orbis totius alma Venus”, secondo Lucrezio. In un celebre quadro di Lorenzo Lotto è raffigurato mentre fa pipì (simbolo di fecondità) sulla genitrice attraverso una corona d’alloro che tiene saldamente in mano e che essa di converso gli porge appesa a un nastrino. E’ infine il bastone che permette al “missionnaire” d’affacciarsi al mondo delle “rote magne”.

    Fraternamente, come sempre,

    Fra’ Cercone

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  4. Caro Capitano,

    come sempre quando parlate del vostro Amore, se da un lato mi suona di avvertimento, in misura molto più profonda praltro mi è di conforto: pare di percepirne il calore. Ed il timore che questo Amore, una volta entrati in Laboratorio, possa non essere ricambiato, si attenua. Eppure tale Amore, come ci ricorda Cercone, è quella (E)ros, quella forza forte di ogni forza che comunque viene continuamente profusa da Chi, al di là di ogni merito o demerito, spinge continuamente avanti la Creazione.

    Pandora, e come non collegare quel passo di Filalete al commiato di Gratianus: “… Guarda gli immortali che liberi scorrazzano nel mondo non più prigione, mentre raccolgono rose vermiglie e godono del loro profumo”?

    Grazie ancora a tutti, per esortarci continuamente ad alzare lo sguardo.

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  5. caro Capitano,

    nel leggere questo Suo post mi risuonavano le parole di Paolo (Lucarelli) la prima volta in cui mi parlò di Alchimia e non fece altro che parlare di Amore…

    (…) Così è incominciata la mia ricerca. Per caso. Ho letto un libro e mi sono innamorato del silenzio che vi abitava. Ho avuto l’intuizione di un luogo di pace, un ricordo, una nostalgia. Un richiamo al deserto, al secco, non arido, deserto che non ho mai conosciuto.
    Ho letto, e non ho capito. Ho sentito qualcosa che si agitava, l’embrione informe, minuscolo, impreciso, di una nascita possibile. Il nucleo invisibile di una parola silenziosa, splendente.
    Non so dirvi di più. Mi pare di aver capito, questo sì, che nella materia, proprio in quella fisicità che sembra orrenda, spiacevole, ignobile, proprio in quella stia in qualche modo la chiave per qualcosa che potrei chiamare il divino, se solo avessi ancora una religione. (…)
    (P. Lucarelli Lettere Musulmane)

    anche il profondo senso di vera amicizia tra “cercatori” a volte ha qualcosa di “innaturale” forse proprio perché viene da Natura?!…

    un abbraccio
    Emil

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    • sempre da Lettere Musulmane:
      (…) credo che si diventi alchimisti come ci si in-namora: misteriosamente e incomprensibilmente. All’inizio, una predisposizione, un essere già innamorati senza oggetto d’amore, inconsapevolmente: è un sentimento che si unisce a disperazione quieta, non malvagia o triste, piuttosto melanconica. Nasce dalla nostalgia di qualcosa di perso, di abbandonato, di un posto che ci apparteneva, che non sappiamo più trovare. Il sentimento di chi ha perso la propria patria e non sa come raggiungerla (…)

      un caro saluto a tutti gli innamorati dell’Arte…
      Emil

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  6. Paolo diceva che già il percepire questo tipo d’Amore fosse un primo segno di “Grazia efficiente” che dal mondo di retroscena (come direbbe frà Cercone) ci coglie…insisteva molto sull’abbandono che deve necessariamente seguirne, un abbandono totale, sereno, quieto, unico modo per anche solo tentare di avvicinarsi al Sacro (che è in) Alchimia cogliendolo…la Natura farà il resto e solo ed esclusivamente Lei darà a chi vuole l’iniziazione necessaria a proseguire nella “cerca” senza perdersi lungo le tante vie false…moto di nostalgia…

    che bel post, caro Capitano, e che bel gruppo di amici si ri-trovano in questo luogo!

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  7. Caro Capitano,
    Lei col suo post mi riporta a qualche anno fa, sa, semplicemente, travasavo delle piantine in giardino, a mani nude, con le ginocchia nella terra, le mani sentivano, vedevano, accarezzavano ed io un pò morivo… Amavo, credo di ri-vivere a tratti quello stato, indescrivibilmente semplice.

    Grazie a tutti voi.

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  8. Gentile Capitano,
    grazie per questa sua bellissima dichiarazione d’Amore.
    Non è né facile, né scontato, parlare di queste emozioni ed esperienze così personali e così profonde, soprattutto in relazione ad Alchimia.
    Personalmente credo che la spasmodica ricerca del modus operandi da parte degli interessati sia dovuta al fatto che, come lei ha sottolineato, si tratta di un aspetto palesemente indispensabile: necessario, anche se non sufficiente.
    Tutti i Maestri affermano che ci vuole la Grazia, che si tratta di un Dono Divino. Probabilmente solo il fatto di pensare che questo dono debba essere meritato può creare un equivoco e porre lo studioso in un atteggiamento sbagliato: non credo infatti che venga elargito un premio in base agli umani parametri di merito.
    Lei ci ricorda che la Natura segue leggi incomprenisbili all’intelletto umano e che il Filosofo può essere definito tale solo se fra i suoi attributi compaiono, tra molti altri, la semplicità e l’umiltà.
    Canseliet parla di “mettersi al diapason con la materia” e di “mettersi in armonia con la propria ricerca”: significa che quello che dobbiamo fare è “accordarci” con le vibrazioni della Natura e questa azione, come dice la parola stessa, è un’azione del cuore, non della mente.
    La voglio ringraziare di nuovo, oltre che per le sue bellissime parole, anche per l’insistenza e la tenacia con cui ribadisce che il sentiero Alchemico si rivela solo a colui che si dedica alla ricerca nella totalità del proprio essere, abbandonandovisi completamente.
    Sembra proprio che solo a chi è disposto a perdersi sia dato di trovare la strada, mentre chi vuole mantenere i propri punti di riferimento è destinato a vagare senza fine…
    Spero di non avere male interpretato i suoi pensieri. E’ sempre molto facile equivocare quando si parla di Amore.
    Un caloroso abbraccio,

    EmmEnthAl

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  9. Bravo Capitano,

    alla fine anche tu cominci a vedere un barlume di Luce, anche sei ancora fatichi a liberarti degli ultimi sacchi di zavorra che hai accumulato finora.
    In bocca al lupo.

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  10. Sono contenta di averLa ritrovata.

    Leggere i Suoi post e quelli degli Amici qui presenti è come chiacchierare tutti insieme in un altrove (come quello da Lei descritto nell’intevento su Alice in Wonderland) ed è bello non dover “spiegare” nulla, perchè in realtà non c’è nulla da spiegare in modo formale.

    C’è solo l’esserci e l’andare trasportati da questa Meraviglia.

    Un saluto a Lei e a tutti gli ospiti del blog 🙂

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  11. Caro Capitano,

    Chiedo venia per l’incursine del tutto off topic ma, mi occorrerebero delle informazioni, come posso fare?

    la saluto calorosamente.

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  12. A lungo sono rimasta senza parole, ed ancor oggi..
    Ma lei capirà, caro Captain Nemo, ne sono certa, quanto vorrei dirle, e della mia gratitudine per lei, in special modo.
    Che semplicemente ha sempre scritto dicendo il vero.

    Con affetto

    Irix

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  13. A lungo ho atteso per scriverle queste poche parole, sono sicura capirà, caro Captain Nemo. Vorrei ringraziarla per la sua sincerità.
    Un rifugio sicuro.

    Con affetto,

    Irix

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  14. Caro Capitano, qual piacere raffinato traiamo dalle Vostre parole! Troppe cose dite per rispondere esaustivamente, permetteteci allora di estrarre alcuni spunti brevissimi.
    Primo il gioioso senso di tranquilla contemplazione attiva, con il sorriso sulle labbra. Non un mistico abbandono, nè un pauperismo minimalista ma il dolce sorriso di chi lavora sapendo.
    Poi il concetto fondamentale che non si può insegnare l’alchimia ma solo viverla.
    Terzo la verità che non esistono ricette. L’Alchimia è proprio l’opposto del paradigma della ripetibilità dei risultati alle stesse operazioni. Possiamo testimoniare che molti anni fà, eravami alle prime armi, ottenemmo dei materiali che non sapemmo riconoscere. Poi non ci riuscimmo più per molto tempo facendo sempre la stessa operazione. Infine rivedemmo lo spirito finissimo e questa volta lo riconoscemmo. Ma mai abbiamo cambiato nulla nelle operazioni.
    Le Vostre verità sono vere, caro Capitano, ma saranno capite solo da chi ha salutato l’anticamera della Gran Dama.
    Con rispetto
    Vostro
    Ptah

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