Nimrod, il Ribelle della terra di Shinar


Mi è capitato recentemente di imbattermi sul Web in una curiosa tesi – come un ‘sasso nello stagno’ – a proposito di Nimrod, il quale – tutti lo sanno – è l’archetipo del ‘ribelle’, del malvagio, di colui che osò sfidare Dio (Genesi X, 8-12):

8 porro Chus genuit Nemrod ipse coepit esse potens in terra 9 et erat robustus venator coram Domino ab hoc exivit proverbium quasi Nemrod robustus venator coram Domino 10 fuit autem principium regni eius Babylon et Arach et Archad et Chalanne in terra Sennaar 11 de terra illa egressus est Assur et aedificavit Nineven et plateas civitatis et Chale 12 Resen quoque inter Nineven et Chale haec est civitas magna”

[Nota: riporto qui la versione della Vulgata Latina]

Non essendo un esperto di lingua Ebraica, non mi avventurerò nella lettura o nell’interpretazione del Libro; tuttavia la tesi proposta era grosso modo questa: Nimrod, pronipote di Noè, era un gigante, un uomo potente che propose agli uomini l’adorazione del Fuoco, trasmettendo – in qualche modo – agli uomini l’arte della cottura; insomma, un precursore dell’Alchima, se non addirittura uno dei primi ‘insegnanti’ dell’Arte.

Questa tesi è evidentemente molto eretica e fonte di immani controversie, dalle quali però vorrei star fuori. Ma cercando tra le pieghe del mito e curiosando in giro, ho trovato qualcosa e non posso non restare sorpreso nel constatare alcune cose singolari. Trattandosi di cose lontanissime nel tempo – stiamo parlando con buona probabilità di almeno 4000 anni prima di Cristo – non c’è alcuna pretesa di oggettività in quanto riporterò, né di stabilire una verità; ma – al contrario – di allineare sul tavolo alcune strane casualità:

Nimrod fu un Re estremamente potente, di probabile origine Assira.

Oltre ad una possibile corrispondenza con il Dio Marduk, si ipotizza che potesse essere quel Re nominato da Giustinus (in Trogus Pompeius, Hist. Rom. Script., Vol. II) e da Diodoro Siculo (in Bibliotheca, Lib. II): Ninus.

Ninus significa ‘il figlio’; e di chi è figlio Ninus?…secondo la storia il padre di Ninus sarebbe Bel o Balus, il ‘fondatore’ di Babel. Ma se Ninus fosse realmente stato Nimrod, il ‘costruttore’ di Babilonia, suo padre – secondo la Bibbia – è Cush, figlio di Cham, il maledetto da Noè. Cham aveva visto la nudità del padre Noè, caduto senza conoscenza dopo una eccessiva bevuta di vino (la prima della storia!). Dunque, Cush è questo Bal. Ora, un tal Reverendo Alexander Hilsop, scozzese di Arbroath, scrisse nel 1862 un’opera molto discussa, ma molto curiosa. A me pare tutto sommato molto erudita, anche se piuttosto “arrampicata”: “The Two Babylons, being the Papal worship proved to be the worship of Nimrod and his wife…”. (qui)

Si tratta di una puntigliosa ‘dimostrazione’ di come – a suo dire – la religione Cattolica Romana sia de facto una sorta di copia di antichissimi riti di origine Assira!…senza voler per forza condividere le sue tesi, mi ha molto incuriosito questo passo:

“If Ninus was Nimrod, who was the historical Bel? He must have been Cush; for ‘Cush begat Nimrod’ (Gen. X, 8); and Cush is generally represented as having been a ringleader in the great apostacy. But again, Cush, as the son of Ham, was Her-mes or Mercury; for Hermes is just an Egyptian synonym for the ‘son of Ham’.

“Se Ninus è Nimrod, chi era il Bel storico? Deve essere stato Cush; poiché ‘Cush generò Nimrod’ (Gen. X,8); e Cush viene generalmente rappresentato come colui che era il capo nella grande apostasia. Ma, ancora, Cush come figlio di Ham, era Her-mes o Mercurio; poiché Hermes è proprio un sinonimo egizio per il ‘figlio di Ham’”.

A sostegno di questa incredibile affermazione, il prode Reverendo Hilsop aggiunge una erudita nota, che traduco direttamente:

“La composizione di Her-mes è – prima di tutto – da ‘Her’, che, in Caldeo, è sinonimo di Ham, o Khem, ‘Ciò che è bruciato’. Poiché anche ‘Her’, come ‘Ham’, significava ‘ciò che è caldo o bruciante’, questo nome ha formato il fondamento per identificare segretamente Ham con il ‘Sole’, così deificando il grande patriarca, dal cui nome la terra d’Egitto venne chiamata, in connessione con il sole. Khem, o Ham, veniva apertamente adorato con questo nome nella terra di Ham in epoca tarda (Bunsen, vol. i, p 373); ma questo sarebbe stato osare troppo, in un primo momento. Attraverso ‘Her’, il sinonimo, tuttavia, la via era aperta per questo scopo. ‘Her’ è il nome di Horus, che è identificato con il sole (Bunsen, vol. i, p. 505), che mostra che la vera etimologia del nome è il verbo al quale sono risalito. Poi, in secondo luogo, ‘Mes’ proviene da ‘Mesheh’, o, (senza l’ultimo radicale, che si può omettere, vide Parkhurst, sub voce, p. 146), Mesh, ‘estrarre’. In Egiziano, abbiamo Ms nel senso di ‘portare fuori’, (Bunsen, Hieroglyphical Signs, Append., b. 42, p. 640), che è evidentemente una forma diversa della stessa parola. Si trova, anche, Ms usata in senso passivo. (Bunsen, Vocabulary, Appendix i. p. 470, in fondo, &c, ‘Ms…nato’). Il significato radicale di Mesheh, in Stockii Lexicon, è dato in Latino con ‘Extraxit’, e la nostra parola inglese ‘extraction’, applicata alla nascita o genealogia, mostra che esiste una connessione tra il generico significato di questa parola e nascita. Questa derivazione potrà spiegare il significato dei nomi dei Re egiziani, Ra-messes e Thoth-mes, il primo essendo evidentemente ‘il figlio di Ra’, o del Sole; il secondo, in modo simile, è ‘Il figlio di Thot’. Per la stessa esatta ragione Her-mes è il ‘figlio di Her, o Ham’, il bruciato, cioè, Cush.”

Insomma, a credere al buon Reverendo Hilsop, Hermes sarebbe – addirittura – il padre di Nimrod, il ‘ribelle’, il ‘cattivo’!…Sempre seguendo il Reverendo scozzese si arriva a stabilire che Hermes – che è il noto ‘messaggero’ dell’Olimpo greco, in antichità l’ “interprete” – sarebbe colui che in verità avrebbe ‘diviso’ le lingue degli uomini (Caldeo ‘Peresh’ per ‘interpretare’, pronunciato dagli Egiziani e dai Greci come ‘peres’, ‘dividere’); dunque Cush/Hermes sarebbe colui che ha ‘diviso le lingue degli uomini’; e colui che gettò le fondamenta di Babele, essendo il figlio Nimrod colui che proseguì il lavoro, costruendo Babele. A Cush/Hermes veniva dato il titolo di Baal e di Bel, rispettivamente ‘il Signore’ e ‘il Confonditore’; e dato che il ‘Principium Deorum’ – in Ovidio, Fasti – dice di sé stesso che “Me Chaos antiqui, nam res sum prisca, vocabant”, il cerchio si chiuderebbe con la pronuncia di Cush in antico Caldeo, che suona come ‘Chaos’! (Nota del Rev. Hilsop: “Il nome Cush si scrive anche Khus, visto che ‘sh’ diventa frequentemente ‘s’ in Caldeo; e Khus, nella pronuncia, diviene legittimamente Khawos, o, senza il digamma, Khaos”)

Non pago di aver detto abbastanza, il Reverendo Hilsop continua attribuendo a Janus – Principium Deorum – l’uso della ‘mazza’ (Mephaitz), che spezza, che ‘disperde sulla faccia della terra’ (Hephaitz), parola che per i Greci diventerà ‘Hephaizt’, da cui Hephaistos, Efesto, il Vulcano dei Latini!…

Lascio – a chi volesse seguire questo bizzarro modo di raccontare come potrebbero essere andate le cose nella lontanissima antichità – la lettura dell’opera di Hilsop, estremamente ricca e stupefacente; e se se uno volesse restare ancor più confuso, potrebbe leggere – se proprio volesse scoprire quanto pazzo abbia potuto essere un emerito Professore oxoniense, decano del Merton College – anche Nimrod, a Discourse upon Certain Passages of History and Fable, di Algernon Herbert (qui).

Ma già con queste poche note, emerge una strana ipotesi, la quale pare in qualche modo fare il paio con quel ‘sasso nello stagno’ di cui sopra a proposito della strana figura di Nimrod:

Il padre del ‘ribelle’ Nimrod sarebbe colui che conosciamo in letteratura come Hermes, estratto dal Sole, il quale, nato ‘nero’ (Cush è originario delle terre d’Etiopia), è chiamato Chaos, ed è ‘bruciato’, ‘cotto’. Il figlio, Nimrod, è così legato a questa faccenda dei ‘mattoni’, del ‘bitume’ e della ‘malta’ di cui parla la Bibbia, da figurare, inerme e senza saperlo, persino in un antico documento della Massoneria Inglese (York Ms, n° 1), in questi termini: “At ye making of ye toure of Babell there was a Masonrie first much esteemed of, and the King of Babilon yt called Nimrod was a Mason himself and loved well Masons“.

Ancora, a titolo di curiosità, è singolare notare che Monsieur Marcel Aubert – esaminando quattro bassorilievi del Grand Portal di Notre Dame de Paris in Bulletin Monumental – Sociéte Française d’Archéologie, 1913 – sostiene che uno di questi rappresenti proprio il ‘cattivo’ Nemrod. Eccolo qui:

L'alchimista protegge l'Athanor - Il Mistero delle Cattedrali

L'alchimista protegge l'Athanor - Il Mistero delle Cattedrali

Insomma, si potrebbe immaginare che all’epoca fosse successo qualcosa di davvero singolare: un Chaos nero,  estratto dal Sole, maledetto dall’uomo e da Dio, genera un figlio che abita in una terra ‘del Fuoco’ (‘Shinar‘), che ne esce per conquistare una terra nuova, su cui continuare la costruzione di una ‘toure’ innalzata verso il Cielo. E varie altre amenità…ma temo che quella storia non possa essere mai raccontata. Il motivo è molto evidente: troppo eretica.

Gli alchimisti cercano il Chaos, perché è da lì che inizia l’Opera. E quell’immagine di Notre Dame, utilizzata da Fulcanelli per parlare della ‘cottura del compost filosofale’, ha sempre sollevato interrogativi: quel Cavaliere armato di lancia, si difende o sfida?

20 Responses to “Nimrod, il Ribelle della terra di Shinar”

  1. Si dice, che la miglior difesa sia l’attacco ma, a mio modesto parere, se si osserva bene la figura, si vede chiaramente che la gamba destra avanza e non indietreggia, come anche il braccio con lancia, da un gesto d’offesa, oltre tutto credo la dx, almeno per chi non è mancino,sia la parte attiva, se cosi si puo dire, diciamo maschile.
    Se poi si osserva lo scudo chiaramente aperto sul lato,credo sia inequivocabile il senso, almeno per quanto riguarda una visione a freddo.

    La seguo da un pò capitano…umilmente la ringrazio.

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    • Caro anto-az,

      grazie per la sua visita ed il suo commento: benvenuto sul mio Blog!
      Lei dice che si tratta di un ‘attacco‘, dunque…in effetti si dice che Nimrod – addirittura – avesse scagliato o fatto scagliare dai suoi seguaci delle ‘frecce’ contro il Cielo; e che ricadessero a terra intrise di ‘sangue’. Allora le pongo una domanda balzana: può il Cielo aver ‘sangue’?… 🙂

      Captain NEMO

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  2. Non mi intendo di combattimenti ma a me sembra che il cavaliere abbia appena parato un colpo e stia per assestare il suo..

    Caro capitano, i suoi scritti sono sempre molto interessanti e utilissimi per le mie pazze ricerche! lege, lege relege…

    Un grazioso inchino.

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    • Cara Amelia In Cerca,

      anche a Lei il mio benvenuta a bordo!
      E le porgo un’altra domanda balzana: ma a che serve ‘combattere’ il Cielo, se l’alchimista ne ha così tanto bisogno?…non ci sarà dell’altro?

      Ricambio l’inchino…

      Captain NEMO

      PS: …la frase ‘giusta’ recita “Ora, Lege, Lege, Lege, Relege, Labora et Invenies” !

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  3. Eccomi a Lei frà Capitano,

    Avevo in animo di dire qualcosa riguardo a Janus, e lo farò prestissimo, ma poiché l’argomento è troppo succoso e succulento per sbrigarlo in poche parole, inizierò dalla fine, rispondendo intanto alla questione da Lei posta nel suo pregevolissimo post.

    Nimrod-Alchimista che “protegge l’Athanor” nel bassorilievo di Notre Dame, non sfida ma, -come nota argutamente Fulcanelli- difende il vaso dalle “Influenze Esterne”. Procediamo con ordine, per quanto possibile.

    Quell’armigero è lo stesso cavaliere che abbiamo visto disarcionato, come dire, -un certo numero di volte-, dalla sua cavalla bizzosa in un altro bassorilievo.
    Domata la riluttante cavalcatura, il cavaliere si arma di tutto punto e si erge a guardia della torre, ove è contenuta la Pietra in elaborazione. Le Ignee Influenze Esterne contro le quali il prode volge il suo scudo e punta la sua lancia, (a mo’ di parafulmine che non solo disperde, ma innanzitutto attrae), non rappresentano altro che lo Spirito Universale.
    Già vedo alcuni sopraccigli sollevarsi. Ohibo! non dobbiamo forse far prezioso bottino di quello Spirito nel corso del nostro Laboratorio? A che pro respingerlo?
    Ma Natura vuole che la bizzosa cavalla, una volta satura di biada, debba digerirla, per non farne indigestione, o meglio, ab absurdo (ab-ab sur d’o) potremmo dire che qui è la biada che deve digerire la cavalla.
    Sia come sia, arriva un momento in cui la cavalla deve essere tenuta separata dalla biada e lasciata tranquilla a elaborare il suo pasto. Tuttavia, assimilato il nutrimento ed evacuate le feci, essa cadrà in stato confusionale, perché s’accorgerà che quel vitto era alquanto tossico e finanche velenoso, al punto di farle cambiare nome e colore.

    Cerconescamente Suo,

    Frà Cercone

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    • Caro Frà Cercone,

      come sempre lei è birbone e sin troppo caritatevole!…qualcuno le tirerà le orecchie? 🙂
      Mi dica una cosa:…ma quando la cavalla, ex-bizzosa, avrà digerito la sua buona biada…bisognerà dargliene dell’altra oppure farle fare un giro del maneggio? Dice che si confonderà troppo?
      Sorrido, poi, della sua vena Cabalistica, da vero Cabaliere…!!

      Captain NEMO

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  4. Caro Capitano, Caro Frà Cercone,

    mi perdo un po’, mannaggia. Seguendo le operazioni, siamo in Seconda nel momento in cui Frà Cercone parla del cavaliere disarcionato più e più volte dalla cavalla, perché Fulcanelli spiega che il volatile (cavalla) sta assorbendo il fisso (cavaliere) ed è la lunga operazione della ”rettificazione dello Spirito ottenuto e della sua coobazione sulla Materia grave”. E’ il momento in cui lo Spirito opera sul Corpo e il Sale occulto o è estratto grazie allo Spirito. Estratto e assorbito, infatti la cavalla, alla fine, deve rassegnarsi a portare su di sé (con sé) il fardello grave del cavaliere.
    E siamo in Terza nel momento in cui la Pietra o Compost è in fase di cottura. Credo. Comunque andiamo avanti, non so se ho compreso bene: il cavaliere, che nell’immagine postata è a guardia dell’Athanor e fà in modo che la Pietra in elaborazione non faccia indigestione di Spirito Universale, il cavaliere, dicevo, è sempre il medesimo scudiero della precedente operazione, quella della Coobazione. E la cavalla è qui la Pietra che ora sta ‘elaborando’, sta digerendo con comodo tutta la biada (lo Spirito Universale) già incorporato ed è meglio quindi che la cavalla, in questa fase, non abbia intorno altra biada, e per questo c’è il cavaliere che la difende dalle Ignee Influenze Esterne, però, anche qui, se il cavaliere da una parte disperde ‘i raggi’ con la lancia, soprattutto LI ATTIRA…e allora?

    Con affetto e tanti punti interrogativi,
    Pandora

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    • Cara Pandora,

      se ci si perde, occorre trovare. E chi cerca trova…

      Leggendo il suo commento ho sorriso; la sua logica è perfetta, eppure – talvolta – può disarcionare!…
      Come sempre, i Maestri, e di sicuro Fulcanelli, amano giocare qualche tiro mancino; non dimentichi mai che i libri d’Alchimia sono scritti per chi già sa…almeno qualcosa!…Consiglierei di ‘scalare’ marcia…visto che siamo in ‘salita’!

      Captain NEMO

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  5. Ci sono anche io…
    Caro Capitano e Frà Cercone,
    Il post ed il commento sono quanto meno “sorprendenti” direi. Di sopracciglia ne ho alzate più d’una, ma ho anche un pò sorriso.
    Ci sono alcune domandine (more solito) che mi “frullano” in testa.
    “Gli alchimisti cercano il Chaos, perché è da lì che inizia l’Opera” e poi si aggiunge… “‘cottura del compost filosofale” e collegandomi a quanto esposto dal valentissimo Cercone direi che siamo, forse e ripeto forse, nelle fasi iniziali. Anche se mi sorge un dubbio…:dove inizia l’Opera? “Inizia dall’inizio caro Tonneau” (mi sento rispondere… 😉 ).
    In riferimento all’opera, se non erro, c’è pur scritto da qualche parte, in riferimento ai fuochi, che se non si stà attenti al “regime” (o lavoro da donna) il nostro “composto” o non matura mai oppure troppo. Forse vale anche per la materia in questione no?

    E’ interessante, caro Cercone, che Lei abbia usato il termine Vaso e Torre. Sembrano quì la stessa cosa anche se sappiamo bene dai vari autori che il “Vaso” si forma dopo le fasi iniziali. E “Torre”, questo bastione è un edificio già di per se edificato alla difesa di qualcosa no? Per cui, oltre all’evidente contenuto della Torre che di per se è una difesa, salta agli occhi la necessità di difenderla. Ecco che entra in scena il nostro Eroe. Eroe che possiede uno scudo ed una lancia, oltre ad una armatura. Lancia dalla conformazione alquanto strana no? Infatti attira oltre a disperdere. Ma cosa attira un’altra cosa? Stessa natura generi diversi? Forse, chissà.

    L’ultima parte è quella in cui la cavalla è in uno stato CONFUSIONALE. Ora se la mente non mi inganna confusione è comunque un Caos. Quindi, quanti Caos ci sono nell’opera? Direi sempre uno e si posiziona all’inizio no? Almeno che per confusa non si intenda uno stato fisico. Curiosa è anche la dicitura “disarcionato un numero di volte”… quante per la precisione caro Cercone? 3? 9? o è un altro il numero ;-)?

    Spero di non averle sparate troppo grosse!!! Se mai rifugiatevi tutti nella torre!!! 🙂

    Tonneau Rouge

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    • Caro Tonneau,

      sono certo che – pregandolo un pochino – il buon Frate potrà rispondere alla sua raffica di argute domandine!
      Ad una mi sento di rispondere personalmente: di Chaos ce n’è uno solo!….e deve ‘bastare’…e ‘avanzare’!
      Complimenti per il suo arzigogolare, sempre più bello:è, infatti, ammirevole e più utile del ragionare. Sempre.

      Captain NEMO

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  6. Caro Capitano, e carissimo Frate,

    grazie per le preziose indicazioni… spero davvero che (in un futuro fatato e vocato) saranno così utili come promettono… All’inizio avrei voluto solo giocare con il nome Nimrod, che per qualche ragione Tolkien ha ‘adottato’ per una bellissima fanciulla elfica, una fanciulla tanto ‘ninfea’ al punto da lasciare la sua voce cantare il suo amore in eterno per lo scomparso Amroth, signore di Lorien, lungo le acque di un ruscello che porterà il suo nome, e che scorrendo ritempra i piedi dei viandanti che lo attraversano…
    Ma il vostro ‘gioco’ mi ha preso, ed ecco che mi metto in scia a Tonneau per notare soltanto che ‘confusione’ è una fusione di qualcosa con qualcos’altro, che fondono insieme… Dopo di che, cambia colore: magari allibisce?
    Ebbene sì, volevo spararle altrettanto grosse…

    Chemyst

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    • Caro Chemyst,

      adoro Tolkien e mi piacerebbe parlarne: ma ci sono talmente tante cose nei suoi libri, che è davvero difficile cominciare. Amroth, Lorien, …Nimrodel…il Ribelle-Luce:…uhm…ma non c’è qualcuno che nel mito ha proprio questa esatta caratteristica, ma non era un Re?….mah! 🙂 …perché mi viene in mente Von Eschenbach?

      Quanto alla sua ‘confusa’ domanda: sì, direi che allibire potrebbe essere una simpatica de-finizione!

      E le Fiabe, come sa, le adoro!

      Captain NEMO

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  7. … scusate, volevo aggiungere… la Fanciulla si chiama Nimrodel, non Nimrod… ma nella lingua di Tolkien (il Sindarin, in questi caso) El significa Luce: Eldar sono gli Elfi che hanno visto la luce… e sono nati sotto le Stelle. Vi piacciono le fiabe?

    Chemyst, alias Noldor (gli elfi-fabbri…)

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  8. Rosso come la rosa !?
    Capitano, sono molto confuso, teoricamente cerco di cavarne qualcosa, vede, sono cosi innamorato… e pure ai primi appuntamenti !
    Spero che lei e il resto della comitiva mi possiate aiutare.

    Ci capisco sempre di meno, ma ne rimango sempre piu affascinato, innamorato pazzo.

    Umilmente, la saluto.

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  9. Nimrod, potrebbe essere senza fuoco, che so, senza ciclo, mah!
    Forse fine del ciclo.
    Mi scusi capitano, deliro.

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  10. Caro Capitano,
    Come promesso, La invito, al “bal des foux”, per un giro di “square dance”, che dalle nostre parti si chiamava quadriglia.

    Dirò in sintesi stringata (mi creda sulla parola) ciò che ho scoperto intorno a Giano.

    Scrive Fra’ Leandro Alberti bolognese (Descrittione di tutta l’Italia, et isole pertinenti ad essa. Di fra Leandro Alberti bolognese. Nella quale si contiene il sito di essa,l’origine, & le signorie delle citta, & de’ castelli; co’ nomi antichi, & moderni; i costumi de popoli, & le conditioni de paesi. Stampatore: Paolo Ugolino; Venezia, 1596):

    “Dico per tanto spiegando al vento le vele, che questa nobilissima Provincia hora ITALIA addimandata, hebbe il suo principio glorioso così di tempo, come di popoli (però che cominciò ne’ tempi dell’Aureo secolo) sotto gl’Illustri Prencipi Giano, Camese, et Saturno, Fenici, et Saggi, riputati da gli antichi Dei. …
    A questa parte furono posti diversi, et varij nomi, secondo la diversità, et varietà de’ tempi. Conciosia cosa che prima fu detta GIANICOLA da Giano, overo Noè, detto altrimenti Enotrio, come più oltre mostra Catone: et da costui similmente trasse il nome di ENOTRIA, per esser egli stato, il primo, che ritrovò il vino, et fatto atto a i sacrifici; imperò che i Greci addimandano il vino Enos. … Ma il mio intendimento è al presente di ragionar di quella Enotria antichissima, ch’abbracciava il Latio con l’Etruria, nominata così da Giano Enotrio, ove poscia regnò Espero fratello d’Atlante Italo, del quale scrive Fabio Pittore parlando del secolo Aureo, et ove primieramente fu nominata Italia (come si dimostrerà) della quale intende nel sopradetto luogo Vergilio, secondo che è stato detto. Fu altresì chiamata CAMESENA da Camese, secondo Catone, et Macrobio nel 6. cap. del I. lib. de i Satur. … Hebbe poi nome SATURNIA, come vuole Catone, Dionisio Alicarnaseo nel I. lib. dell’historie, et Macrobio nel 6. cap. del primo lib. de’ Saturnali, da Saturno; et da i Gentili detta SALEUMBRONA, come narra Catone. Quasi tanto tempo fu ella nominata Saturnia, quanto durò la età dell’oro, cioè infino ad Apino Ultimo Re de gli Dei d’Italia, secondo Antioco Siracusano. Ottenne detto nome questo paese (come scrive Macrobio) doppo la morte di Saturno. Et soggiunge Dionisio (poi che hebbe detto nome ottenuto) che fosse ivi consacrato un luogo a Saturno, nominato Saturnio, innanzi che passasse Ercole nell’Italia. Et per tanto gli era consacrata tutta questa Regione, che hora è nominata Italia. Il simile accenna Trogo nel libro 43. quando scrive, che furono i primi habitatori, et coltori d’Italia gli Aborigeni, de’ quali fu re Saturno, ornato di tanta giustitia, che sotto la sua Signoria non si ritrovò alcun servo, né cosa che fosse di alcuna particolar persona: però che ei voleva, che ogni cosa fosse commune senza altra divisione, sì come un commun patrimonio. Per la cui felice memoria fu poi ordinato, che ne i conviti Saturnali dovessero egualmente i servi insieme co i loro signori sedere alla mensa. Là onde fu primieramente Italia dimandata Saturnia dal detto Saturno.
    I GOVERNADORI DI ROMA.
    Havendo ad entrare nella descrittione de gli huomini, che hanno tenuto il governo di questa trionfante città di Roma, bisognerà primieramente dimostrare il governo di quei primi huomini che entrarono in questo contenente di terra (poi Italia nominato) doppo il Diluvio universale della terra, di cui ne fa mentione Moisè nel libro della generatione delle creature, et doppo lui Gioseffo, Beroso Caldeo, Senofonte, con molti altri scrittori. Onde così gli darò principio. Essendo stato inculto (anzi dirò meglio) dishabitato questo pezzo di terra (hora Italia detto) cento, et otto anni passato il detto Diluvio universale, non essendo anco talmente accresciuta la generatione humana, onde potessero allargarsi insino a questo luogo, pur di mano in mano moltiplicando circa l’Armenia maggiore gli huomini, divennero in questo tempo di cento, et otto anni in tanto numero, che non potendo ivi habitare, deliberarsi alcuni di passare altrove, et fra gli altri Noè, o Noa, secondo Beroso, o Ogige secondo Metastene Persiano, et Diodoro Siculo, Senofonte, Fabio pittore, o Giano, et Enotrio, come vuole Catone, et eziandio Beroso. Il qual fu il primo a partirsi dell’Armenia con gran moltitudine di persone, et varcando il mare, arrivò alla foce del Tevere, et salendo lungo quello scese a terra a man sinistra d’esso, dal mare quindici miglia discosto. Et aggradendogli il luogo, quivi fermossi con assai compagnia d’huomini, et di donne, ricevendo questo braccio di terra (poi Italia nominato) sì come un fanciullino vagiendo nella culla acciò la nodricasse, la facesse crescere (come disse).
    Et per tanto fu nominato poi questo luogo Vaticano, sì come Vagigano. Onde Noè antidetto (o sia Giano) tenne l’Imperio di questa provincia anni trentatré. Et talmente descriverò.
    Età dell’Oro
    Giano anni 33 …
    Età d’Argento.
    Fu il primo Signore d’Italia Camese di questa età d’Argento, et regnò anni 19
    Giano ritornato anni 82 ….
    Espero. 11
    Furono gli anni di questo secolo d’Argento quattrocento trenta 430. Nell’ultimo anno d’Espero sopranominato cominciò una Signoria nel Latio, come dimostrerò. Et per tanto fu divisa la Signoria d’Italia in due Imperi, cioè d’Hetruria, et del Latio. Là onde cominciarò di concorrere insieme nel secolo Eneo.
    Età Enea, o di Bronzo.
    Signori del Latio
    Roma, che edificò Roma prima regnò anni. 46
    Romanese. 71
    Pico Prisco. 57…
    Volcano 36
    Marte, altresì Giano detto 23
    Secolo Saturno 36 …
    Latino 39
    Età di Stagno.
    In questa età seguitarono nella Signoria del Latio gli infrascritti; mancato Latino pigliò la Signoria
    Enea, et governò anni 3 …
    Amulio 42
    Numitore.
    In Amulio hebbe fine la Età di Stagno, che era durata anni 427. Si dee sapere qualmente nel decimo anno d’Amulio, pigliò principio la prima Olimpiade, et con esso finì la Signoria di Alba, et de i Latini, et cominciò il Reame de i Romani, et il secolo di Ferro.
    Età di Ferro.
    Nel secondo anno (secondo alcuni, come è dimostrato) della 7. Olimpiade diede principio al Reame de’ Romani Romolo, da cui hebbe principio questa Età di Ferro. Et prima tenne detto Reame
    Romolo anni 37
    Vacò il Regno. 1 …
    [Seguono qui i 7 re di Roma]
    Così passò il secolo Ferreo sotto di questi 7. Re di Roma anni 240. Cominciò poi il secolo, o sia età di Piombo, che trascorse per anni 510. insino alla gloriosa Natività del servator del Mondo Giesu Christo Re de i Re, Signor de’ Signori.”

    Donde si deduce che la Prima Roma fu fondata 108 anni dopo il Diluvio da Noè alias Giano che inaugura l’Età dell’Oro. Se ne trova conferma in diversi autori; ad esempio padre Atanasio, servus Jesu, Kircher, narra (cfr.: “Latium”):

    “Noé fu chiamato dai posteri con vari nomi, senza regola fissa. Alcuni lo chiamano Ianum per essere lo scopritore del vino, sia dalla voce ebraica Iain, sia dal caldeo Iaino che designano il vino: Invece i Greci di solito lo chiamano Enotrion, dal momento che il significato coincide perfettamente, come a dire vinificatore. Altri lo chiamano anche Saturno, poiché furono detti Saturni tutti quelli che, quasi come padri degli Dei e degli uomini, assicurarono il necessario vitale allo sviluppo del genere umano: vedi al proposito Gli Equivoci di Senofonte. Altri ancora Sabatium, o Sagam; qualcuno confonde insieme tutti questi nomi”.

    Noè, sbarcato sull’Ararat con i suoi figli, –prosegue Kircher-, non tollerando l’empietà di Cham, prese con Japhet la via dell’Italia. Peraltro la tradizione rabbinica conferma questa tesi, tra gli altri, Rabbi Yaakov ben Asher, Baal Ha Turim in Micra Haggadala in Iosue Cult e Librum Rabboth super c10 Gen. dice espressamente che Noè in fuga dall’empietà e dall’ira di Cham e dei [suoi] figli Chus e Nimbrod, presi con sé i figli di Japhet Gomer e Elisa, fissò la sua sede nella regione di Kittim.
    Nel Libro di Daniele (Dan 11:30) il riferimento a Kittim è verosimilmente un’allusione a Roma e la Vulgata traduce Kittim nel Libro di Numeri 24:24 per “Italia” e nell’Aramaico Targum di Onkelos come “Romani”. Lo stesso nome Kittim è anche usato nei manoscritti del Mar Morto con riferimento a Roma.

    Onde frà Giacomo Ugonio, francescano e teologo sorbonista, scriverà: IAPHET TERTIO FILIO (NOE) NASCUNTUR LATINI ET QUI ROMANI (cfr.: Iacobi Hugonius Can. Theol. Belgae Insulensis Vera Historia Romana, seu …Romae, typis Francisci Monetae, MDCLV).
    Poi, nell’Età d’Argento, Roma fu governata da Camise, che alcuni identificano con Cambise, poi di nuovamente da Giano-Noè.
    Nell’Età del bronzo tra i governatori notiamo, en passant, Pico Prisco; con ogni probabilità a lui si deve il primo simbolo, antichissimo, della Roma Latina, il “pico”, ossia il picchio rosso, (vedi il quadro di Rubens “Faustolo trova la lupa con i gemelli” nei Musei Capitolini).

    Enea fuggiasco da Troia arriva molto più tardi, dopo Vulcano, Marte, Saturno e Latino. Trascorsa l’Età dello Stagno, finalmente, nell’Età del Ferro nasce Romolo; quindi la sua, è la quinta fondazione della Città.

    Ma esiste un’altra linea di pensiero, ancora più intrigante, se possibile, che collega Giano a Nemrod. Secondo Pietro Comestor (Manducator) (Historia Scholastica), Noè ebbe un quarto figlio, -di cui Mosè non dice-, Jonitus, che accettò da Dio la sapienza e che (udite udite!) fu il precettore di Nimrod. Se ne trova traccia anche in uno scritto siriaco del VI secolo noto come “Rivelazioni dello Pseudo-Metodio”. In un altro manoscritto siriaco, La “Caverna dei Tesori”, si legge “Nimrod l’adoratore del fuoco e Yonton, figlio di Noé”. Una nota a margine del medesimo ci informa che “Noè concepì Yonton dopo il Diluvio, ed egli lo onorò in molti modi”.

    Questo Yonton-Jonitus-Janan-Giano doveva essere abbastanza noto almeno fino al Rinascimento perché è reputato l’inventore dell’astronomia e gli è dedicato uno dei bassorilievi bronzei alla base del campanile di Giotto a Firenze. Secondo Giovanni di Marignola in Chronicon Bohemorum (1354/1355) “Giano, figlio di Noè, e padre dell’Italia, chiamato Janan nel Genesi, praticò l’astrologia … “Il gigante Nimrod, della linea di Cham [che significa “fuoco”]… desiderava regnare e, non sapendo come, chiese a Giano, saggio e astrologo, di insegnargli come fare … dopo la divisione delle lingue Giano venne in Italia, dove adesso è Roma, con una gran “moltitudine”, …
    Agostino sostiene (cfr. “Civitas Dei”) che tra coloro che furono deificati Giano era il “male minore”.

    Termino la mia già lunga scorribanda a briglia sciolta aggiungendo che Robert de Bury, nel suo “Philobiblon” (1345) afferma addirittura che Janiton-Giano è fratello di Zoroastro. E di rimbalzo, Comestor identifica Zoroastro con Cham:
    Ninus vicit Cham, qui adhuc vivebat, et regnabat in Bractia, [al. Thracia], et dicebatur Zoroastres inventor magicae artis, qui et septem liberales artes, in quatuordecim columnis scripsit, septem aeneis, et septem lateritiis, contra utrumque judicium [al. diluvium]. Ninus vero libros ejus combussit.

    Fraternamente,

    Frà Cercone

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    • Caro Frà Cercone,

      ho ballato la sua ‘Quadriglia‘ con immensa gioia ed allegria!…
      La sua piccola risposta è tra le cose più belle – ed utili – inserite in questo mio Blog!…La ringrazio, di cuore, per il tempo speso e per la dedizione, sempre tanta e sincera…
      E prendo spunto da quanto lei riporta per sottolineare, ancora una volta, il valore, il peso e la giustezza dello Studio condotto senza i paraocchi – ‘a briglia sciolta‘, come dice lei – dandosi la pensa di cercare, leggere, trovare e collegare. Si scoprono così molte cose – mere ipotesi, sia chiaro, ma quanto, quanto affascinanti ed illuminanti per chi sul serio intraprende la Queste – che sempre resterebbero sepolte sotto le blindature della Storia ufficiale.
      Ma forse il punto è un altro: ci vuole la Passione ed il Coraggio per andare dove altri non andrebbero…

      Ciò detto, voglio sottolineare una frase – tra le tantissime cose che la sua piccola inchiesta su Giano ha portato in superfice – che mi pare utile per i nostri studi:

      “furono detti Saturni tutti quelli che, quasi come padri degli Dei e degli uomini, assicurarono il necessario vitale allo sviluppo del genere umano”

      Non è davvero curioso che si chiami ‘Saturno‘ ciò che può assicurare il necessario vitale?… 🙂
      Lei, Frà Cercone, è stato l’unico tra i miei ospiti che ha voluto riannodare i fili con Nemrod, quel ‘ribelle’ maledetto, cui pare collegato un ben strano mito del Fuoco, figlio – parrebbe – addirittura di quell’altro buontempone di Hermes; …e, seguendo il suo Fil Rouge, arriviamo, senza gran clamore, ai lidi ed ai natali di Roma !
      Mi piacerebbe poterne parlare ancora, più a lungo ed a voce alta…ma una sola cosa le dirò: quanto, ma quanto abbiam tutti perduto nel corso dell’Histoire antica?….E quanto perderanno i nostri figli e nipoti, ancor di più, visto l’insegnamento ‘ingessato’ in cui l’establishment ci ha inchiodato?
      Diceva Canseliet che occorre un sussulto di amore per il Merveilleux, per sapersi meravigliare…

      Ed un’ultima nota, che traggo dall’ultima frase riportata in corsivo di Comestor: “quatuordecim columnis scripsit, septem aeneis, et septem lateritiis“…

      Ancora Grazie!

      Captain NEMO

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  11. Caro Capitano,

    credo che il noto aforisma dell’antica “Regola Medica Salernitana”:

    “Post prandium stabis, aut lento pede deambulabis”

    possa utilmente estendersi anche alla nostra cavalla.
    Qualche giro di maneggio non potrà che giovare alla digestione; a condizione, ovviamente, che il maneggio in questione sia costruito ad arte. In tal modo essa non si confonderà né troppo né troppo poco, e in breve potrà raggiungere i suoi pascoli erbosi.

    Mmmh … avverto un certo pizzicore alle orecchie …

    Frà Cercone

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  12. La ringrazio, Capitano, per la sua ospitalità.

    Mi perdona se, anziché rispondere improvvidamente alla sua domanda (mi vengono in mente immagini di draghi che scorrazzano pe’ i cieli), mi siedo qui accanto e continuo ad ascoltarvi? Ho scoperto di poter comprendere qualche nota qui e là del Canto degli Uccelli ma ce ne vuole perché possa cantare così bene a mia volta!

    La saluto fischiettando,

    Amelia (ma anche Iris)

    p.s. grazie altresì per avermi fatto notare che il “..lege , lege, lege, relege..” non basta senza il resto.

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  13. Caro Capitano,

    ho scalato le marce, sono in prima (o giù di lì).
    Che posso farci, ogni tanto prendo una delle mie ‘tangenti’…

    Partirò da qui: abbiamo un Athanor che non è un Athanor, un cavaliere con lancia che attira e disperde, e della biada che si trova a dover digerire una cavalla.

    Pandora

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